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Censura del cazzo

Che mi sembra la sintesi perfetta di cio’ che e’ accaduto ieri a Roma, in occasione della visita del barbudo asciugamanato Rouhani, Presidente dell’Iran.

La storia e’ oramai tristemente nota in tutto il mondo, e non val la pena spenderci piu’ di tre o quattro righe. Per dire essenzialmente che s’e’ trattato di una idiozia enorme che ci ha rappresentato come un paese vassallo della qualunque, che l’arte non si censura, lo fanno in genere i regimi totalitari. E che non si capisce come mai una cosa del genere a parti invertite (Renzi che va in Iran) non avviene mai. Ci sarebbe poi la questione della sovranita’ nazionale e della liberta’ di esprimerci -a casa nostra- come vogliamo, ma qua forse volerei troppo alto.

Mentre stasera tornavo a casa, pero’, pensavo che la stessa lecchinaggine, lo stesso atteggiamento da pelle d’orso distesa davanti al caminetto, la stessa censura per motivi prima di tutto religiosi, poi magari anche (anche) economici di sicuro i nostri politici l’avevano gia’ mostrata con altri capi di stato esteri.

Per esempio, mi chiedevo se una tale censura del cazzo (ma anche del culo e delle tette) fosse mai stata attuata per omaggiare la visita del Capo dello Stato di Citta’ del Vaticano, per evitare ai suoi occhi la vista delle nude forme classiche d’un Bronzo di Riace, o robe piu’ moderne come -che ne so?- “L’origine del mondo” di Courbet (che pero’ sta in Francia, e forse un caso non e’ che stia la’…).

Detto fatto, stasera scopro che a Torino nel giugno scorso i manifesti di una mostra di Tamara De Lempicka sono stati oscurati in occasione della visita del Papa alla Sindone.

Perche’ i dipinti della polacca -tra l’altro bisessuale- avrebbero potuto turbare sia il Papa che i pellegrini, accorrenti alla Sindone come mosche sul miele.

E allora, di che ci indignamo oggi? Di un comportamento che e’ lo standard del politico medio nostrano?

Oppure del fatto che la censura del cazzo e’ sostanzialmente lo specchio della assoluta mancanza di coglioni?

 

Ascoltiamoci “Madre superiora”, va’:

 

Barney

 

Filosofia da muro #4

Qua siamo al limite tra filosofia e street art:

IMAGE00123Nessuna meta’ destra e’ stata strappata per fare questa foto; proprio manca…

Barney

Il sacrificio dell’arte. Rewind

Come si diceva un tempo “riceviamo e volentieri pubblichiamo” la nuova iniziativa Cartaresistente. Si tratta di ridare vita all’iniziativa “Il sacrificio dell’arte”, che si sposta a casa di Lois.

sacrificiodellarte©loisLascio la parola a Lois, invitandovi a partecipare all’iniziativa.

 

Il sacrificio dell’Arte. Rewind

Ormai è noto che nel nostro Paese quello che dovrebbe essere il petrolio è ridotto a poco più di una misera attrazione. Il Patrimonio Artistico dovrebbe costituire la leva principale della nostra economia, divenendo non solo fonte di guadagno ma anche di reclutamento di risorse umane per impieghi dignitosi legati all’intero mondo della cultura. Purtroppo però tutto questo non accade.

 La nostra Costituzione all’articolo 9 cita:

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Uno dei principi fondamentali sui quali si fonda l’Italia.

Allo stato attuale il Patrimonio è in uno stato di abbandono, vuoi per carenze economiche, vuoi per disaffezione (non solo politica e soprattutto popolare), vuoi perché negli ultimi decenni il livello culturale – al di là di quello che ci raccontano – è crollato precipitosamente, lasciando perdere di vista i veri valori e tra questi i beni culturali ed ambientali.

Di tanto in tanto, per ogni governo e spesso per ogni ministro (vedi le ultime proposte dell’ex ministro Bray e dell’attuale Franceschini) c’è qualche nuova idea o qualche rinnovata versione aggiornata di vecchi decreti mai del tutto attuati. Poi si decide di accorpamenti, poi di soppressioni (vedi la recente decisione di annullare la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria meridionale), poi di chiusure e poi tutto va in malora. In considerazione del fatto che le leggi fondamentali risalgono al 1939 (aggiornate da una serie di decreti e leggine successive) e che ad ogni nuovo tentativo valido poi mancano le risorse, diciamo che il sistema è pressoché invariato da decenni, con strutture organizzative ed uffici preposti invecchiati di secoli, senza mai un reale rinnovamento e svecchiamento con nuova leva per la quale circa due decenni fa furono istituiti i corsi di laurea in Conservazione dei Beni Culturali, senza prevedere per essi un reale punto di contatto e inserimento nel mondo delle soprintendenze.

 Tutto questo (che credetemi è veramente poco rispetto a quanto ci sarebbe da dire sul malgoverno del nostro Patrimonio) per sottolineare che a monte dell’intero sistema c’è poi il singolo individuo, fruitore del bene ma anche e soprattutto suo tutore [dal lat. tutor -oris, der. di tueri «difendere, proteggere», part. pass. tutus]. Proprio così! Ciascuno di noi, per essere membro di una società civile deve sostenere il valore del bene ed aiutarlo a vivere (indenne) per mantenere lo status di “testimonianza” per i posteri, seguendo l’esempio che già qualcuno, prima di noi ha fatto.

Purtroppo poi il cambiamento repentino della società e la forte riduzione del valore culturale, ha inficiato questo rapporto, creando una nuova barbarie, il cui esito finale è proprio la devastazione di quelle testimonianze.

 Qualcuno di voi potrà certamente contestarmi che non tutto lo sfacelo può essere di nostra responsabilità e che se dall’alto manca la mano operativa ed i finanziamenti, ben poco si può fare contro il degrado. Ci sono però alcune forme di degrado che possono essere limitate o evitate del tutto e poi c’è l’amore ed il rispetto che potremmo gratuitamente infondere agli altri al fine di allargare questa catena di attenzione verso il Patrimonio.

 Ormai lo sapete tutti, vivo a Napoli da quarantanni, un luogo che amo et odio con tutte le mie forze per quello che accade e per come è stata resa invivibile. In questa città il cui centro storico è nella lista dei Siti Unesco (titolo sempre in bilico, vista la quotidiana devastazione che sta voracemente dissolvendo i parametri che ne sostengono l’appartenenza), non riuscite a fare quattro passi insieme senza trovarvi di fronte ad una chiesa o ad un palazzo o ad una galleria dove l’arte, la bellezza e la storia convivono in una mescolanza da lasciare stupiti anche i più avvezzi. Allo stesso modo però, non riuscirete a fare quattro passi insieme senza notare che uno di quei siti è inevitabilmente compromesso (vuoi dall’abbandono, vuoi dalla sporcizia o peggio, dagli atti vandalici), spesso già negato alla fruizione da decenni di incuria e di razzie. In questa città poi (un po’ come accade in tutte le grandi città italiane – perché è utile ricordarlo, questo sfacelo è solo nostrano) c’è gran confusione con le titolarità del Patrimonio che spesso si devono scontrare in intricati meccanismi che vedono coinvolte la curia (per gli edifici sacri), la soprintendenza e i privati, in un susseguirsi di rimandi e infelici ed improduttivi scaricabarile che stagnano il degrado fino a renderlo condizione stabile susseguita solo da crolli e conseguenti lacrime di coccodrillo.

Da queste parti, alla cronica carenza di fondi e all’indifferenza sociale, ha assestato un duro colpo il terremoto dell’Ottanta, rendendo inagibili moltissimi monumenti (tuttora interdetti), elementi di un patrimonio infinito e di grande ricchezza purtroppo persa perché depredata da balordi e da professionisti che non hanno risparmiato nulla, neppure i marmi di rivestimento.

 E così se volessi ora stilare ora una lista delle opere napoletane che sono state negate alla fruizione, avrei bisogno di un tempo lunghissimo, se però solo emotivamente voglio qui ricordare quelle che mi stanno a cuore e quelle che incontro lungo il percorso delle mie giornate vi renderete conto della gravità dei fatti e dell’immenso Sacrificio dell’Arte compiuto in barba ad ogni etica civile e morale.

 In ordine sparso segnalo alcuni nomi di monumenti che mi vengono in mente (tenendo conto che molti di essi non vengono aperti da tempo immemore e di cui spesso, per evitare il peggio – purtroppo già accaduto – i loro ingressi sono stati completamente murati):

 

  • Chiesa di Gesù e Maria (murato l’ingresso dall’Ottanta e svuotata di tutto)
  • Chiesa monumentale della Sapienza a Costantinopoli e sua gemella di fronte di cui mi sfugge il nome (da che ho memoria non l’ho mai viste aperte)
  • Chiesa di Santa Maria della Scorziata (di cui vi ho parlato nel mio Sacrificio dell’Arte)
  • Chiesa di Donnalbina al centro storico
  • Chiesa di Sant’Agostino alla Zecca (vista solo sui libri di studio)
  • Chiesa della Trinità alla Cesarea (portale murato)
  • Museo Filangieri (in perenne stato di crisi e senza finanziamenti)
  • Palazzo Doria D’Angri (di proprietà privata, in vendita a lotti e in stato di degrado, il Salone degli specchi ospitò tra gli altri Garibaldi)
  • Santa Maria Vetercoeli (al centro storico)…

 

Per chi volesse farsene un’idea più chiara:

http://www.corriere.it/inchieste/scempio-chiese-napoli-duecento-chiuse-abbandonate/fa033946-55d0-11e2-8f89-e98d49fa0bf1.shtml

 

Per chi poi volesse sensibilizzare l’opinione pubblica, ci può segnalare casi, esempi e documenti di degrado della sua città, dei suoi posti del cuore. Magari inizieremo in piccolo a scalfire quel muro di indifferenza che sostiene ingiustamente il Sacrificio dell’Arte.

 

Lois

Found in translation

100 parole che risultano intraducibili in altre lingue sono spiegate con dei disegni da Anjana Iyer, una grafica indiana che vive ad Auckland (Nuova Zelanda).

Il mio favorito e’ questo qua:

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Barney

Arte moderna magistra vitae (?!!)

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Questa scultura di Rabarama oggi pomeriggio ispirava penniche multicolor e strasvaccate sul pratino davanti l’aeroporto di Pisa.

 

Barney

Il genio… Cosa e’ il genio?

Come probabilmente ho gia’ scritto trentasei volte, e’ fantasia, intuizione, decisione e velocita’ d’esecuzione:

Oggi mi sono imbattuto nel genio.

S’annidava nelle ultime pagine di un giornale gratuito, di quelli che si chiamano “free press” per fare il verso agli anglosassoni che son sempre piu’ fighi di noi in tutto, ma non nelle zingarate. Il giornale in questione e’ “Il Fogliaccio“, che a Pisa raccoglie da anni annunci -gratuiti o a pagamento a seconda della tipologia e delle dimensioni dell’annuncio stesso- per scambiare, vendere o comperare qualsiasi cosa.

E -ovviamente- per cercare l’anima gemella. Le sezioni “Per lei” e “Per lui” sono una lettura standard del dopo pranzo lavorativo, e oggi abbiamo rischiato di strozzarci alla lettura di questo capolavoro, che vi prego di guardare solo di sfuggita, poi ci tornate:

ImmagineLa sezione “Per lei” parte con il classico giovanotto dotato di scannatoio che probabilmente s’e’ rotto le balle di puttane e travestiti dell’Aurelia, e tenta il colpaccio dell’annuncio sulla free press per ottenere free sex. Ampio ventaglio di eta’ (da venti a trentacinque, ma io fossi in lui amplierei notevolmente la forbice…), e chiusura col classico “posso ospitare”, seguita da numero di cellulare privato.

A seguire, un settantacinquenne ancora vivo con tanti hobbies in cerca di una coetanea ancora viva con altrettanti hobbies magari complementari, e un trentaquattrenne alto e moro, sportivo e dinamico che non si capisce come mai allora stia a mendicare una ragazza semplice semplice sul Fogliaccio.

E poi, al primo posto degli annunci “Per lui“, c’e’ lei, Marina Puppi. Enjoy Marina fino in fondo…

Copia elettronica testimoniale qui.

 

Barney

Geniale

Basta poco per fare qualcosa di impressionante.

Ecco qua Banksy in una delle sue cose meno belle ma piu’ profonde. E’ cultura popolare, roba bassa, pop art della migliore acqua. E con tutto questo non credo sia veramente roba popolare. Manco per il cazzo:

ImageIl suo sito e’ da esplorare tutto.

 

Epicur Barney

Requiem per Detroit

E’ di oggi la notizia che Detroit e’ tecnicamente fallita.

La citta’dell’automobile americana non ha retto al morso di una crisi che da una decina di anni attanaglia l’economia del mondo, e trasforma metropoli di quattro milioni di persone in scheletri di archeologia industriale.

Il Documentario “Requiem for Detroit” racconta il declino della citta’ usando le enfatiche parole del sindaco degli anni ’60, in cui tutto girava per il verso giusto, proiettate sui palazzi e  le fabbriche in disfacimento, quasi fossero elefanti morti che marciscono molto lentamente.

Lentamente, ma nemmeno troppo: l’affascinante testimonianza della morte di una citta’ la possiamo vedere anche in una serie di filmati su youtube dal titolo “Discovering the abandoned Detroit”. Qua sotto la parte centrale dell’esplorazione del Whittier, un bellissimo ex-hotel che ha ospitato le maggiori celebrita’ in visita a Detroit. Dopo pochi anni di abbandono e’ cosi’ tipo per esempio questo qua:

Si trovano moltissimi video come questo, e se ne troveranno sempre di piu’, e immagino che Detroit sia solo la punta dell’iceberg, cosi’ come la caduta dell’industria automobilistica rappresenta solo il prodromo di qualcosa di piu’ grande.

L’unica consolazione -amara- e’ che le citta’ in disfacimento hanno un fascino innegabile: probabilmente la loro fine sara’ molto, molto bella. O almeno interessante.

Il pezzo musicale e’ dei Virginiana Miller, ed e’ un requiem per qualcos’altro:

Update del 21 luglio 2013

Grazie al commento di DeadWharols mi sono letto un po’ di cose in giro, e la bancarotta di Detroit e’ molto meno poetica di quel che ho scritto qua sopra. Resto convinto che l’implosione del settore automobilistico abbia avuto il suo peso, ma dagli articoli che potete leggere qua sotto -se vi va…- emerge un quadro complesso e lungo decenni. Eccovi quindi una bibliografia minima:

Barney

Amanda Palmer e la tetta che scappa

Di Amanda “Fucking” Palmer ho gia’ parlato, qua sopra. Oltre ad essere la front-woman e musicista principale dei Dresden Dolls e’ pure moglie di Neil Gaiman, bisessuale convinta e altro ancora.
E’ inoltre una bella donna, molto intelligente e in grado di massacrare qualsiasi persona cerchi di irriderla per stupidaggini tipo “una tetta le e’ uscita dal reggiseno mentre cantava al mega-festival di Glastonbury!”.

E siccome la stupidaggine e’ uscita su un (scusate l’overstatement) giornale, lei risponde al giornale con una lettera. Cantata. Che dovrebbe diventare immediatamente un altro tassello del programma del PD (partito che si affanna a proteggere il corpo delle donne sui media, ma poi alla fine e’ misogino come il resto del paese): chiamate Amanda, e lasciate fare a lei, per favore.

Una che nel 2013 riesce tranquillamente a non depliarsi le ascelle (la adoro solo per questo) merita il posto di Letta, Bersani e RosyBindi tutto in un colpo. Per tacer del Renzi…

Barney

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Al di là del Buco

di Jinny Dalloway

Il tempo è adesso: come sovvertire il sessismo dei media con ironia e nudità autodeterminata

Per chi non la conosce, Amanda Palmer è una cantante, compositrice e performer americana: “la vera ragazza cattiva che Lady Gaga vorrebbe essere”. Incidentalmente, suo marito è Neil Gaiman, uno dei più apprezzati scrittori inglesi contemporanei.

Il 28 giugno scorso Amanda si è esibita al famoso festival annuale di Glastonbury, in Inghilterra. Viene fotografata mentre canta, con il reggiseno casualmente fuori posto che rivela un seno. Il tabloid inglese Daily Mail pubblica subito uno scoop con la fotografia “osé” titolando con un gioco di parole (“making a boob of herself”) che rimanda all’idea del “fare la figura di una scema” e insieme all’idea di “tetta” erotizzata. Il sottotitolo spiega che una “tetta” le è “scappata dal reggiseno” e l’articolo la descrive come “vittima di un imbarazzante errore nell’abbigliamento”. Senza…

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Studio Vs Live: Jubilee Street, Nick Cave and the Bad Seeds

Se ne avete voglia, e’ molto interessante confrontare “Jubilee street”, dall’ultimo disco di Nick Cave and the Bad Seeds, quando viene suonato in studio e quando viene invece proposta dal vivo.

E’ un pezzo che live riesce benissimo, soprattutto perche’ (lo sentirete, ve l’assicuro) la band riesce a farsi sentire tutta.

C’e’ un punto in cui la chitarra elettrica del tizio che sembra uno ZZ Top (si chiama Warren Ellis) si trasforma in un ringhio, poi lascia il posto al violino elettrificato che a me fa rizzare i peli sulle braccia. Ecco, in tutto quel magnifico casino voi riuscirete a sentire anche -distintamente peraltro- la chitarra acustica, oltre alla linea ritmica di basso, alla potente batteria e alle tastiere. Quando Cave suona il piano, voi sentite il piano. Voglio dire che questi qua suonano e si divertono alla grande sul palco, e trasformano il brano in studio in qualcosa che rasenta un sabba (Cave ci mette molto del suo, ovviamente): se lo senti non puoi non ballare, devi fornire la tua quantita’ di sudore alla piazza, che lo reclama a gran voce.

Ma bando alle ciance, ecco qua il pezzo live:

Il crescendo finale con il tempo che accelera ad ogni battuta, diciamo dal minuto 4,30 in poi, e’ assolutamente splendido, lo sentite e lo vedete da soli. E spero vi dimeniate, almeno 🙂

 

In studio il pezzo e’ ottimo, molto pulito ma molto, molto meno trascinante. Piu’ da brandy invecchiato in botti di quercia che da birra:

C’e’ un tempo per il brandy e un tempo per la birra: mi pare che la morale della favola sia piu’ o meno questa.

Oltre al fatto che ascoltare buona musica fa sempre bene…

 

 

Barney