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La crisi di governo spiegata ai leghisti

Allora: ci sono due tizi che non hanno la minima idea di come si giochi a poker, ma per una botta di cul un caso fortunatissimo si trovano al tavolo finale di un torneo da milioni di dollari.

Il primo ha un poker di re servito di mano, non chiede carte e fa una puntata interlocutoria per attirare l’altro e alzare il piatto.

L’altro vede, e rilancia: all in.

Il primo inizia a cagarsi addoss ad avere paura di cosa può avere in mano l’avversario, ma oramai è in gioco, e comincia ad affastellare le fiches necessarie per vedere.

Man mano che mette le fiches sul piatto, la paura cresce: avrà mica una mano migliore, l’avversario? E a un certo punto folda, sorridendo e dicendo che aveva scherzato. Anzi, pensava che si fosse capito che scherzava, e che era tutta una burla. Anzi, guarda: è meglio se ridiamo le carte e si rigioca la mano. Ok?

L’avversario, che fino a quel momento s’era nascosto dietro un paravento e non aveva mai vinto una mano (ma che dico vincere? Mai giocato una mano!) gli dice duro sul muso che se non ha il coraggio di giocare, che vada pure affanculo: lui la gioca. Perchè si, anche se nei 15 giri precedenti sembrava un pupazzo di pezza e s’è fatto bluffare per dritto e per rovescio.

Il primo resta di sasso, e spera che avvenga un cataclisma naturale che ribalta il tavolo così da poter ricominciare la partita con un mazzo di carte nuove, magari quelle che ha in tasca lui (segnate così male che anche un cieco se ne accorgerebbe alla prima smazzata).

L’arbitro viene svegliato e deciderà nei prossimi giorni cosa fare, ma al momento il poker di re del primo giocatore vale quanto una moneta da tre euro.

Sembra “romance in Durango”, è la politica italiana di agosto 2019.

 

Barney

Fall

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Come pezzo, ci ristarebbe bene Autumnsong, ma ne ho abusato.

Quindi mettiamoci qualcos’altro, da uno dei miei dischi culto (ma la registrazione non e’ quella del disco…):

 

Barney

La Luna, Madonna, Dr. Manhattan e Mr. Gorsky

1969.

20 luglio.

Neil Armstrong e’ il primo uomo a posare i piedi su un altro corpo celeste, e nel farlo pronuncia la famosissima frase “Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanita’”. Fa un paio di giri sul suolo lunare, rimbalzando come una palla di 100 chili che in realta’ li’ e’ come se ne pesasse una ventina, poi ritorna sul modulo di allunaggio. Dicendo –forse- qualcosa.

Nella seconda meta’ degli anni novanta quel “forse” diventa “sicuramente”, e quel “qualcosa” una delle leggende metropolitane piu’ note in ambito scientifico, soprattutto aerospaziale.

Diventa questa roba qua:

“Good luck, Mr. Gorsky”

Abbiamo gia’ due degli elementi che compongono il titolo, e adesso capirete cosa c’entrano Mrs. Ciccone (che tutti conoscono) e Dr. Manhattan (che invece ahime’ non ha la stessa fama di Madonna).

Nel 1995 quella frase viene “inventata” da qualche buontempone, e “spiegata” piu’ o meno in questo modo qua: da piccolo Neil Armstrong giocava a baseball, quando la palla fini’ sotto le finestre dei vicini, la famiglia Gorsky. Mentre il giovane Neil si china a raccogliere la preziosa palla, ode da dentro casa un dialogo piu’ o meno in questi termini: “Tu vuole me fare sesso orale te? Tu sogna! Quando piccolo Neil qua vicino andra’ su Luna, io faro’ te chupachupa!

E’ importante il come viene diffusa questa non-notizia. Intanto, il nome della famiglia di vicini e’ spesso una variazione di Gorsky, ma sempre comunque un cognome polacco. Il modo di parlare –che ho cercato di riprendere qua sopra- vuole imitare quello di una famiglia di immigrati, probabilmente ebrei perche’ si dice che l’avversione degli ebrei per il sesso orale sia pari a quella dei cattolici per il sesso in generale. A parole, ovviamente.

Famiglia polacca, di religione ebraica ortodossa: un classico delle storielle, dove la caratterizzazione estrema e’ funzionale al plot. Woody Allen ci ha fatto i soldi, per dire.

Un anno dopo intervistano Armstrong, e gli chiedono –strizzando l’occhio-: “Allora, Neil, poi come e’ andata a Mr. Gorsky?”.

Armstrong non capisce.

Gli riportano la leggenda, e lui strabuzza gli occhi. Non ha mai pronunciato quella frase.

Caso chiuso? Ovvio, no. In moltissimi continuano a crederci, la storia e’ troppo bella per non essere vera. Zack Snyder la pianta nei titoli di testa di “Watchmen” (che come avro’ avuto modo di dire duemila volte e’ secondo me la piu’ bella sequenza di titoli della storia del cinema): la pronuncia Armstrong, ovviamente, sulla Luna, mentre viene filmato da Dr. Manhattan.

E’ uscito fuori pure lui, e adesso e’ semplice per tutti capire cosa caspita ci sta a fare Madonna la’ sopra.

C’e’ per la sua uscita di una settimana fa, quella che prometteva pompe fatte bene agli elettori di Trump che avessero cambiato idea e votato invece per Clinton.

Ora, lasciando il commento sul fatto a gente come Lucia Scozzoli, che da “La Croce” (dovrebbe essere un quotidiano dei cattofascisti de noartri, quelli che qui fanno il verso ai TeoCon americani per capirsi) tuona contro il sesso orale in tutte le articolazioni che volete, ma anche sul sesso fatto non guardandosi in faccia, ma anche sul sesso in generale, via diciamocelo… lasciando a loro li’ l’indignazione per tutto quello che e’ espressione libera di un qualsiasi rapporto umano, vorrei dire un paio di cosine sulla Madonna Ciccone.

La prima e’ che a me non risulta che Madonna sia candidata alla presidenza degli USA, quindi accostare la sua sparata alla serqua di stronzate dette da Donald Trump e’ –come si dice dalle mie parti- mischiare il culo con le quaranta ore.

La seconda e’ che questa frase oramai famosa e’ stata detta ad uno spettacolo –credo in cui si raccoglievano fondi per i democratici- come introduzione ad una comica che avrebbe preso il palco di li’ a poco.

A prenderla sul serio penso si dimostri il livello cui siamo arrivati: possono piacere o meno sia il sesso orale, sia quel che ha detto Madonna ma porca miseria: era su un palcoscenico, non ad una conferenza stampa. E invece giu’ litrate di inchiostro, comprese le mie che pero’ hanno il pregio di aver fatto conoscere a qualcun altro la storiella di Mr. Gorsky, e di farvi rivedere i titoli di “Watchmen”.

Che vi possono non piacere, ma c’e’ Dylan che canta. E Doc Manhattan che filma Armstrong sulla Luna mentre augura buona fortuna a Mr. Gorsky

 

Barney

Skills

Sarebbero le abilita’ che ciascuno di noi possiede.

C’e’ questo rapporto (no, lo linko alla  fine) dell’OECD che -pareggiando il famoso studio PISA sulle abilita’ nei bambini e ragazzi fino a 16 anni- analizza le skills linguistiche, logiche e matematiche di adulti di 22 paesi nella fascia 16-65. I cui risultati sono impressionanti, ma danno tra le altre cose una ulteriore spiegazione del perche’ la gente crede ai santoni, alle sciechimiche, alle medicine alternative, all’E-Cat e ai grillini.

Sono 466 pagine notevoli, che uno puo’ sfogliare anche a caso tanto dove caschi caschi.

Lo studio e’ stato citato da De Mauro qui, ma l’analisi dell’ex-ministro a me pare troppo benevola per la nostra Patria, perche’ il buon Tullio si rifugia spesso nel “si, noi siamo nella merda ma non e’ che gli altri stiano meglio“.

Beh, lasciamo il buon De Mauro e vediamo qualche titolo a caso dalle prime pagine:

Skills transform lives and drive economies
Skills have a major impact on each individual’s life chances.

Low-skilled individuals are increasingly likely to be left behind… …and countries with lower levels of skills risk losing in competitiveness as the world economy becomes more dependent on skills.

Inequality in skills is associated with inequality in income.

Those with lower skills proficiency also tend to report poorer health, lower civic engagement and less trust.
E qualche bella figurina:

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Questa qua sopra e’ la rappresentazione di quanto il campione e’ in grado di leggere, scrivere e capire un testo scritto, anche facendo ragionamenti astratti. Il grado 1 e’ il peggio del peggio, il 5 il meglio che si puo’ fare. L’Italia e’ cerchiata in rosso, da me. Si, siamo gli ultimi…

A pagina 64 del documento che prima o poi vi linkero’ c’e’ spiegato tutto, non dubitate.

 

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Questa qua sopra invece e’ la fotografia dei sistemi scolastici italiano e giapponese. Per rendere la cosa chiara, sul grafico si evidenzia come i liceali giapponesi hanno abilita’ di comprensione del testo comparabili a quelle dei laureati italiani.

Uno dice: si, ma che importanza ha se non capiamo un cazzo di quello che leggiamo? Mica c’e’ una correlazione tra quanto un cazzo io non capisco e il mio lavoro, no?

Si, certo che c’e’:

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In pratica, questo grafico qua sopra ci dice che (interpretazione buonista)  mediamente l’italiano fa lavori in cui importa poco di quanto capisca e riesca ad interpretare cio’ che legge, o anche (interpretazione cattiva) che facciamo lavori -come dire?- poco intellettuali. Pero’ stranamente in posti come la Norvegia, dove le abilita’ di lettura paiono eccezionalmente utilizzate nei posti di lavoro, la produttivita’ e’ nettamente migliore che in Italia. Mah, sara’ un caso… Come consolazione sappiate che pur non capendo un cazzo di quel che leggiamo per lavoro, abbiamo una produttivita’ superiore a quella coreana, giapponese e canadese. Il che e’ impressionante, se ci pensiamo.

E se pensiamo a cosa potremmo fare se solo capissimo un quarto delle stronzate che ci fanno leggere…

Poi si passa ad illustrare sempre con disegnini quanto sia fondamentale di questi tempi studiare per trovare lavoro:

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Li’ sopra c’e’ l’evoluzione dei posti di lavoro per livello di studio dal 1998 ad oggi. Non credo occorrano commenti: senza un pezzo di carta in mano (o senza abilita’ specifiche) si va poco lontano.

Questa qua sotto e’ interessantissima -almeno per me-. Ci dice quanto sia cambiato cio’ che il mercato del lavoro chiede ai lavoratori: da lavori routinari anche cognitivi, a mansioni non routinarie analitiche e basate sui rapporti interpersonali. Anche questo concetto mi pare sia abbastanza alieno per l’italiano medio, ligio all’orario 9-18, sempre inchiodato al mansionario e alle procedure e impastoiato alla scrivania come un bue all’aratro.

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Questa qua e’ l’ultima che metto, poi finalmente potrete scaricarvi il mattone.

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Si torna alle abilita’ linguistiche (e a quelle matematiche), per dimostrare come chi fa meglio in questi compiti (chi ha queste abilita’ insomma) trova piu’ lavoro di chi ha minori skill. Il che non e’ per niente sconvolgente, ma magari visto nero su bianco qualcuno si convince che e’ vero…

Ecco qua finalmente il malloppone, fatene buon uso. Come della chitarra di Jerry Garcia.

 

 

Barney

 

 

 

 

Filosofia da muro #16

Ecco, questo in realta’ non e’ -con tutta evidenza- un muro, pero’ almeno la foto e’ mia:

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E’ una Panda vecchio modello (un Pandino, come la si chiamava decenni fa) d’un colore improbabile e d’eta’ indefinita, che e’ tutta piena di scritte a mano. Questa qua sopra (quella sul cofano, dico) e’ di questa tipa qua (ho semplicemente googlato :-)), anche se qualcuno sostiene che sia di Alda Merini.

Come questa canzone qua sotto, che checche’ se ne dica e’ di Bob Dylan 😛

Barney

(not so) Still life with rithm

Da un po’ sulla linea Lucca-Pisa ci sono dei treni nuovi, dai nomi musicali: Swing e Jazz. Sono a gasolio-gas-qualcosa che brucia, perche’ si devono avventurare su per i binari della garfagnana, che sono senza catenarie e quindi i treni elettrici son vietati.

Lo Swing e’ carino, scomodo ma carino.

E molto musicale, quando e’ in stazione:

Il ritmo mi fa venire in mente la versione live di “Shelter from the storm” credo al Budokan, di quando il buon vecchio Robert Zimmerman aveva ancora la voce:

Barney

“Buick 8”, Stephen King, Sperling & Kupfer (2003)

From a Buick 8” (in italiano semplicemente “Buick 8“) e’ un romanzo di King del 2002.

Buick8coverParla di un’auto non certo normale, un po’ come la piu’ famosa -e forse piu’ inquietante…- Christine.

La storia e’ scritta nel peculiare modo kinghiano di raccontare le cose: si parte dal presente e si procede a suon di flashback che vengono in questo caso inseriti come racconti “in linea” rispetto allo svolgersi degli eventi (che per buona parte del libro sono rappresentati da una lunga chiacchierata tra varie persone). I flashback sono in pratica un continuo “infodump” che pero’ e’ funzionale al dipanarsi del racconto, che illustra al giovane Ned Wilcox il motivo per cui nel capannone B del posto di polizia di uno sperduto paesino della Pennsylvania e’ rinchiusa da decenni una Buick Roadmaster nera.  Come questa qua sotto:

buick2Ned Wilcox e’ il diciottenne figlio dell’agente Curtis Wilcox, morto qualche anno prima per colpa di un ubriaco che l’ha inchiodato ad un camion in una stanca serata di normale pattuglia.

E come il padre, appena scopre l’auto ne subisce il fascino magnetico, l’attrazione anche fisica verso una cosa di cui scopriremo ben presto le peculiarieta’ e la pericolosita’.

E’ interessante leggere la postfazione di King, dove l’autore racconta la genesi dell’idea. La scena iniziale, in cui la macchina fa la sua comparsa sulla scena contestualmente alla scomparsa del suo misteriosissimo pilota, e’ stata suggerita a King da un episodio che gli e’ capitato, mi pare proprio in Pennsylvania. La morte di Curt Wilcox per investimento ha un inquietante parallelo con il pauroso incidente di cui resto’ vittima Stephen King stesso pochi mesi dopo avere iniziato la scrittura di “Buick 8”.

I due temi fondamentali del romanzo sono l’inevitabilita’ di certi avvenimenti e la sostanziale inutilita’ di cercare di capire il perche’ sono accaduti.

Molti ritengono “Buick 8” una brutta copia di “Christine”, ma a parte la macchina i punti di contatto sono veramente pochi. A me comunque, “Buick 8” e’ piaciuto.

Il titolo originale del romanzo e’ un omaggio ad un gran pezzo blues di Bob Dylan, “From a Buick 6”, qua magistralmente interpretato dal bluesman albino Johnny Winter (recentemente scomparso):

Barney

La playlist di Pasqua

Che con la Pasqua non c’entra nulla, ma cosi’ provo Grooveshark e l’embedding di un player di liste (piove, c’e’ da passare il tempo…)

Barney

Unnecessary Overkill

Overkill e’ massacrare in maniera esagerata, come la faina che entra nel pollaio e -invece di limitarsi a pigliare una gallina- ammazza tutto quel che c’e’ da ammazzare, magari non mangiando nulla.

Overkill e’ fare lo sborone alla “io piscio piu’ lontano, gne’ gne’!”, o “io mangio piu’ tortelli in dieci minuti che te in mezz’ora, e te lo faccio vedere subito, toh!”.

Overkill e’ infierire sull’avversario inerme, a terra, in stato di semiincoscienza, con gli occhi chiusi dai tuoi pugni… cosi’, per il gusto di vedere se riesci quasi (quasi) ad ammazzarlo.

Overkill e’ -insomma- sparare alla zanzara con un cannone da 20 mm caricato a proiettili cinetici all’uranio impoverito.

… e produrre un .doc da 55 Mb che se provi a caricarlo su Google Drive scopri -dopo venti menutini che la rete di casa e’ tutta presa dal trasferimento- che quelli di Mountain View han previsto un limite di 10 Mb per singolo file (che tra l’altro e’ giusto, porca puttana!).

Overkill da oggi in avanti sara’ -per me- impedire che cio’ accada di nuovo.

Si: magari anche arrivando vicino (vicino…) al single kill 😛

(tutto questo -non temete voi la’, eh?- e’ funzionale a presentare il pezzo qua sotto)

 

 

Barney

Audio incipit: “Meridiano di sangue”, Cormac McCarthy

Stavo ascoltando “Pat Garret and Billy the Kid” e m’e’ venuto in mente di riprovare a leggere un incipit. A tema rispetto alla musica di Dylan: un western moderno scritto da uno dei miei scrittori preferiti.

ImageIl libro e’ la storia di un ragazzo che scappa di casa a quattordici anni, e si trova a vivere le sanguinarie avventure di una banda di assassini, capitanati dal quasi mitologico giudice Holden, incrocio tra il pazzo Colonnello Kurtz di “Apocalypse Now” e il cattivo Kingpin dei fumetti Marvel.

Il finale e’ altrettanto epico, il libro e’ un capolavoro.

Ecco qua la prima pagina. A vostro rischio.