Prendete il frontman dei Blur, quello che poi ha tirato su i Gorillaz e che sta dietro ai cartoni animati della band, oltre che a tutta la loro musica.
Aggiungeteci il chitarrista dei Verve, e il bassista dei Clash.
Mettete alla batteria un settantanovenne che gli anni li compie il giorno dello sbarco sulla Luna, che ha suonato (e non solo suonato…) per anni con Fela Kuti.
Prima di attaccare l’amplificatore buttate nel mucchio un quartetto d’archi, un percussionista e un tizio al synth.
Potrebbe uscirne fuori un troiaio o un miracolo, e dal mio punto di vista è qualcosa di molto simile al secondo: sono The good, the bad and the Queen.
Il gruppo è qualcosa di difficilmente raccontabile a parole, purtroppo quella di Lucca è stata la loro unica data in Italia, ma se vi capitano a tiro in qualche angolo del mondo vi consiglio di mollare tutto e andarli a sentire.
Damon Albarn li ha tirati su a metà anni 2000, il loro disco di esordio era omonimo e raccontava la vita in Inghilterra negli anni ’90. Quelli dei Blur, appunto. Accanto a Albarn, alle chitarre c’era e c’è Simon Tong (Bitter sweet symphony l’avrete sentita, no?), Paul Simonon si occupa del basso come quando aveva accanto Joe Strummer, e l’ineffabile vecchietto Tony Allen sta dietro una batteria che domina il resto della scena.
Quattro ragazze danno corpo sinfonico alla musica dei ragazzacci, e quando non suonano usano gli archetti per guidare gli applausi della folla.
Il concerto è volato via in un’ora e mezza, in cui sono stati suonati pezzi dal primo e dal secondo disco, uscito a più di dieci anni dall’esordio. La scansione temporale definisce cosa e’ per Albarn “The good, the bad and the Queen”: un raffinatissimo hobby, dove le cose si fanno con calma finchè non riescono perfette.
Il disco del 2018 si chiama “Merrie Land”, e parla ancora una volta dell’Inghilterra, ma di quella attuale, quella in cui, a dirla con Damon dell’altro sabato: “our politics is fucked up, but also your politics is fucked up” (ovviamente rivolto al pubblico).
Vi faccio sentire come è iniziato e come è finito il concerto.
Il primo pezzo è quello che da il nome all’ultimo album. Suonato il 20 luglio, con l’allunaggio dell’Eagle proiettato prima sui maxischermi del concerto, perchè “you can fly to the Moon”, ci canta Damon. Eccovi Merrie Land:
L’ultimo è quello che chiude il primo disco, ed è un pezzo che dal vivo gli viene in maniera spettacolare. Questo concerto qua sotto vi da un’idea, ma sabato è stato molto, molto meglio, con Damon che incitava Allen a pestare più velocemente sui tamburi “Faster, Tony, faaaaster!”. Ecco The good, the bad and the Queen:
Si sono divertiti tutti, al concerto: gli spettatori ma anche i musicisti, spesso sorridenti e complici l’un l’altro come solo chi ama quello che sta facendo puo’ fare.
E come dar loro torto? Questa è gran musica.
Barney