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“Flashback”, Dan Simmons (Fanucci editore, 2012)

In un futuro anche troppo vicino (il romanzo e’ ambientato nel 2030) l’assetto geopolitico mondiale e’ irriconoscibile, se pensato oggi: gli Stati Uniti d’America si sono disgregati sotto i colpi della crisi, dell’impegno assistenzial-socialista di Barack Obama (arrivato nel momento storicamente piu’ sbagliato), e della politica estera di assoluta tolleranza e comprensione nei confronti dell’Islam. Islam che ha ripagato della fiducia nuclearizzando Israele e occupando buona parte del vecchio continente, piu’ Canada e parte degli USA.

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Questo e’ il canovaccio nel quale si sviluppa “Flashback”, e lo scenario nel quale si muove il protagonista della storia, Nicholas Bottom[1], ex-poliziotto di Denver e attualmente detective privato, tossicodipendente oramai bruciato dal flashback, la droga che fa rivivere episodi passati della propria vita. La maggioranza degli americani si fa di flashback tutto il giorno, i giovani vengono arruolati e spediti a combattere in giro per il mondo come mercenari al soldo dell’ONU, ma in pratica come truppe di conquista di Giappone e India, nuove potenze mondiali, uniche a tentare di resistere all’espansione islamica.

Bottom viene ingaggiato da un potente politico giapponese perche’ risolva il mistero del brutale assassinio del figlio, avvenuto sei anni prima, caso sul quale Nick ha gia’ indagato quando era poliziotto senza risolvere alcunche’. Il detective passa il suo tempo a rivivere -sotto flashback- la vita con sua moglie, morta in un drammatico incidente stradale a pochi mesi dall’assassinio del giovane giapponese, e ha affidato (meglio: affibbiato) loro figlio al suocero, che vive a Los Angeles.

Tra atmosfere che sono un misto tra Blade Runner e un qualsiasi romanzo cyberpunk di Gibson si intrecciano inestricabilmente la vita passata di Bottom, quella di sua moglie e quella del giapponese assassinato, l’odio che manda avanti Val, il figlio di Nick, e gli scontri sociopolitici per il controllo degli USA tra gruppi neonazisti, spacciatori latinos e le scarse truppe regolari ancora in azione.

Sino a scoprire, alla fine, che la posta in gioco e’ molto di piu’ che la soluzione del caso, e che nulla, proprio nulla e’ come sembrava.

Un romanzo che e’ molto piu’ di una storia di fantascienza, con prese di posizione durissime sulle attuali politiche democratiche USA, e grida d’allarme nei confronti dell’espansione islamica. Ma neanche i “salvatori” giapponesi si salveranno dall’impietoso giudizio dell’autore.

Ottimo ritorno alla penna per Simmons, insomma: libro da leggere.

 

[1]: Nick Bottom e’ il nome di uno dei protagonisti di “Sogno di una notte di meza estate”, di Shakespeare, e la commedia esce fuori molto spesso durante la storia. Ancora una volta Simmons mischia la letteratura classica con la fantascienza, e gioca anche con l’atmosfera onirica della commedia, trasferita direttamente nel finale sogno-realta’ del libro.

 

UPDATE:

Mi sembra giusto aggiungere due documenti alla mia recensione. Il primo e’ un messaggio di Dan Simmons direttamente dal sito dell’autore. E’ da leggere tutto, anche se e’ lunghetto (come i suoi libri :-)); si riferisce anche se non direttamente a molte delle distopie immaginate in “Flashback”, e ribadisce la visione del tutto fosca del futuro che ha in mente lo scrittore.

Il secondo e’ l’articolo che incensa Simmons su “il Foglio” dello scorso luglio (data di uscita del libro negli USA). E’ da leggere per come evidenzia l’attitudine tutta italica di “tifare” sempre e comunque, di piegare tutto alla merce’ della causa. Che in questo caso e’ chiaramente la crociata teocon dei pii devoti (quando mi immagino davanti Ferrara come pio devoto divento talebano, che si sappia), la certificazione della sconfitta di Obama (che e’ pure NEGRO, lo si sappia nei salotti di sinistra!!), e l’inneggiare a Bush (sfido la testina di vitello che ha scritto quel pezzo sul Foglio a trovare UN SINGOLO passaggio che glorifica la scimmia del Texas. Sono qui che aspetto…). Insomma, le solite cazzate della destra neoconservatrice italiota, nulla di nuovo sotto il Sole.

 

Barney

I am alive and you are dead

Oggi sono trent’anni che e’ morto uno dei piu’ geniali scrittori di ogni epoca. Un uomo che ha reinventato un genere e lo ha nobilitato, da lettura per ragazzini poco svegli a branca legittima del romanzo. Insomma, e’ il trentennale della morte di Philip Kindred Dick.

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In molti lo conosceranno perche’ ha “scritto” Blade Runner (in realta’ ha scritto “Do androids dream of electric sheep?“, che e’ un titolo stupendo per un romanzo in cui si parla di replicanti e di incubi. Molto meglio di Blade Runner…), o Minority Report, o Total Recall, o Paycheck o altri mille racconti e romanzi. A me piace ricordarlo con uno dei suoi romanzi che voleva si tramutassero in film (ne aveva gia’ scritto addirittura la scenografia), ma che nessuno ha ritenuto saggio girare. Ubik, insomma; da cui il titolo del post. Si, perche’ a leggere certa roba, e’ molto piu’ vivo PK Dick a trent’anni dalla sua morte di molta gente che -dice- campa scrivendo.

 

Barney

I dispiaceri del vero poliziotto – Roberto Bolano, Adelphi 2012

A quasi dieci anni dalla sua prematura morte si continua a pubblicare roba scritta da Bolano. Lo scrittore cileno ha lasciato parecchio materiale, spesso poco e male organizzato, oppure non terminato (non credo che Bolano abbia mai ritenuto un suo libro “terminato”, peraltro), ma nel mare magno della sua produzione si trovano anche romanzi “quasi” completi, come questo qua.

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Checche’ dicano la prefazione e la postfazione (quest’ultima della moglie di Bolano), il romanzo appare comunque un lavoro ancora in bozze, con parti da limare e buchi da colmare. Ma -come ho letto qualche ora fa su un blog di aficionados del cileno- quasi tutti gli altri scrittori viventi darebbero il braccio sinistro (se mancini) per poter scrivere un abbozzo di romanzo come questo, e cio’ vi basti come commento sulla qualita’ del lavoro.

Lasciate da parte le elucubrazioni su chi sia il “vero poliziotto” del titolo (Bolano avrebbe scritto che e’ lo stesso lettore), andiamo -io e l’omino del mio cervello, ovviamente- a raccontare brevemente la trama.

Siamo dalle parti di quel capolavoro che e’ “2666“, e parzialmente pure in zona “I detective selvaggi” (capolavoro forse ancora maggiore); il protagonista del libro e’ infatti Oscar Amalfitano che, vedovo dell’amatissima e stupenda moglie, si scopre omosessuale a cinquant’anni, in una Barcellona di fine anni ’90. Il primo capitolo ci scarica immediatamente al centro della narrazione, nello stile caotico e coinvolgente di Bolano. Ecco un assaggio delle primissime frasi:

Per Padilla, ricordava Amalfitano, la letteratura era eterosessuale, omosessuale e bisessuale.

I romanzi, in genere, erano eterosessuali.

La poesia, invece, era assolutamente omosessuale. Nel suo immenso oceano distingueva varie correnti: frocioni, froci, frocetti, checche, culi, finocchi, efebi e narcisi. Le due correnti maggiori, tuttavia, erano quelle dei frocioni e dei froci.

Walt Whitman, per esempio, era un poeta frocione.

Pablo Neruda, un poeta frocio.

William Blake era, senz’ombra di dubbio, un frocione, e Octavio Paz un frocio.

Borges era un efebo, cioè poteva diventare all’improvviso frocione e all’improvviso rivelarsi semplicemente asessuato […]

Una checca, secondo Padilla, era più vicina al fior fiore del manicomio e alle allucinazioni sulla carne viva, mentre i frocioni e i froci vagavano in modo sincopato dall’Etica all’Estetica e viceversa…

Padilla, l’amante di Amalfitano, percorrera’ la storia del romanzo con la sua giovane presenza prima fisica, poi solo epistolare, infine quasi spettrale a significare -forse- pure l’imminente morte annunciata dello scrittore. Padilla e’ il giovane viveur che inizia Amalfitano all’omosessualita’, e che scopertosi ammalato di AIDS detta i tempi finali del libro.

In mezzo, nel libro, c’e’ la cacciata di Amalfitano dall’Universita’ di Barcellona, appena il Preside scopre che il professore e’ dedito a rapporti sessuali con i suoi studenti, e la “fuga d’onore” in Messico, a Santa Teresa, con Rosa, la figlia diciottenne di Amalfitano che -con il padre- ritornera’ pure in “2666”, proprio a Santa Teresa. In mezzo c’e’ pure la produzione letteraria di Arcimboldi, lo scrittore fantasma di “2666”, di cui vengono presentate in poche pagine tutte le opere (ovviamente inventate da Bolano), le sue lettere agli amici, i suoi viaggi, gli amici e i nemici, gli hobby… Tutto Arcimboldi, insomma. E poi c’e’, ovunque e comunque, Santa Teresa, in cui si continua a morire e  a vivere lentamente.

C’e’ pure l’immancabile capitolo cinico-grottesco in cui si narra la storia di una famiglia messicana in cui le primogenite si chiamano tutte Marìa Expòsito, oppure Marìa Expòsito Expòsito, e che arrivate a 17 anni vengono invariabilmente violentate da qualcuno, rimangono incinte e generano la successiva Marìa Expòsito.

La fine del libro arriva con la notizia, data per lettera da Padilla a Amalfitano, che il ragazzo e’ ammalato di AIDS. Tra alti e bassi si arriva all’ultima missiva di Padilla, che si chiude cosi’:

Viviamo al ritmo di un’attesa quanto mai affascunante. La sera guardiamo la televisione, seduti sul divano, mio padre, Elisa e io. Nei prossimi giorni succedera’ qualcosa. Ti terro’ informato.

Rimaniamo, noi lettori, ignari di quel che succedera’ di li’ a qualche giorno. Meglio: rimaniamo pudicamente lontani dallo spettacolo della morte di Padilla, e pure di Bolano, che sono entrambe inevitabili e certe. Ma che ci vengono risparmiate, almeno nella finzione del romanzo.

Da leggere, dopo i gia’ citati “2666” e “I detective selvaggi”, ma sicuramente da leggere.

 

Barney

 

Universo incostante, Vernor Vinge. Ed. Nord

“Universo incostante” e’ uno dei piu’ bei romanzi di Vinge, ed ha meritatamente vinto il Premio Hugo del 1993. Si tratta di una poderosa space opera di hard science fiction che riesce a mantenere un livello elevatissimo per piu’ di 530 pagine.

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La premessa “tecnica”, che spiega anche il titolo in italiano del romanzo (tra parentesi: diversissimo dall’originale, che e’ “A fire upon the deep”), e’ che nella nostra galassia vi siano quattro zone “temporali” distinte, concentriche una rispetto all’altra. In queste zone la velocita’ massima e’ differente: nel centro abbiamo la zona piu’ lenta, dove le tecnologie avanzate non funzionano e anche i cervelli degli uomini ragionano peggio. La zona successiva e’ la nostra: la velocita’ massima e’ quella della luce, i viaggi tra sistemi solari sono possibili solo grazie all’ibernazione, i computer sono simili a quelli umani. La terza zona, l’Esterno, rappresenta il campo d’azione iniziale del romanzo: e’ possibile superare abbondantemente la velocita’ della luce sia con navi che con sistemi di comunicazione, nanotecnologie e intelligenze artificiali dominano ogni manufatto, esistono congegni agrav (antigravita’). Piu’ esternamente ancora c’e’ il Trascendente, dove la vita esiste come essenza e in pratica siamo sull’Olimpo: i pochi abitanti sono totipotenti o quasi, e infatti sono chiamati “Potenze”. Qua la velocita’ massima possibile e’ ancora superiore, cosi’ come l’interazione con qualsiasi strumento computerizzato.

La storia: una spedizione scientifica parte dall’Esterno per esplorare un pianeta che appare disabitato, nel Trascendente. Fortunosamente si scopre, invece, che il pianeta ha ospitato millenni prima una civilta’ avanzatissima, e viene ritrovato un archivio informatico sepolto. La spedizione si mette a studiare l’archivio, che in realta’ e’ una Potenza primeva. In breve la Potenza si risveglia, infesta ogni sistema computerizzato e inizia a far strage dei ricercatori. Gli uomini si accorgono tardivamente del disastro compiuto, e contestualmente scoprono una contromisura. Approntano un tentativo di fuga dal pianeta, ma la Potenza annichilisce una delle due astronavi in partenza. L’altra contiene tutti i bambini ibernati, due adulti e la contromisura. La loro fuga fortunosamente riesce, ma l’astronave si ritrova su un pianeta sconosciuto.

La Potenza si espande inesorabile, alla conquista di centinaia di sistemi solari e alla ricerca dell’astronave fuggita. L’azione viene spesso raccontata da dispacci ultraluce, che -simili a lanci di agenzia- anticipano o chiariscono lo svolgersi frenetico delle cose.

Nel frattempo i fuggitivi atterrano sul pianeta, adatto alla vita ma privo di tecnologia avanzata. Appena atterrati, i due adulti vengono uccisi dagli abitanti del pianeta: canidi intelligenti che vivono in gruppi (meglio: in aggruppi) di piu’ individui che formano una entita’ multipla ma inscindibile. Grazie al lavoro di equipe, i cani sono riusciti a costruire case, palazzi, navi… Siamo dunque in un Medioevo canino. Gli unici due esseri umani non ibernati sono i due figli degli adulti uccisi, che verranno catturati da due fazioni di cani rivali e li guideranno in una frenetica evoluzione tecnologica accelerata per sconfiggere l’avversario.

La Potenza perversa continua la sua conquista e la distruzione di interi mondi; a contrastarla e’ rimasta una sola astronave, che ha intercettato il segnale di soccorso della nave fuggita sul pianeta dei cani e li’ si dirige alla disperata ricerca della contromisura.

Tra lotte, guerre e maree temporali, i capitoli si alternano senza soluzione di continuita’ e incalzano il lettore sino alla fine, che rappresentera’ un nuovo inizio per la civilta’ di Artiglio.

Da leggere, sia perche’ la trama e’ ben congegnata, sia perche’ le soluzioni tecniche che giustificano la trama stessa sono perfettamente funzionali al plot. Vinge non tradisce le attese: consiglio caldamente anche gli altri due “Hugo” dello scrittore statunitense: “Quando la luce tornera’”, e “Alla fine dell’Arcobaleno”.

 

Barney

La classifica dei libri piu’ venduti e’ lo specchio settimanale del paese

Per esigenze professionali, Mrs. Panofsky si legge -tra sabato e domenica- i maggiori inserti librari dei quotidiani nazionali. Il week end e’ insomma un’orgia di giornali e di classifiche dei libri piu’ venduti, di novita’ e di anticipazioni. Le classifiche sono una delle cose che pure io sbircio, giusto per esser sicuro di appartenere alla minoranza silenziosa, quella che “La moltitudine dei ciccioli doppi”, del fisico esordiente che vinse lo Strega, lo avvicina con la canna se proprio deve.

Questa settimana la classifica e’ veramente sconfortante. Ve la presento a pezzi, tratta da “Tuttolibri” della Stampa di sabato scorso, cosi’ non vi piglia lo sconforto per averla tutta intera sott’occhio. Andiamo con il primo pezzo, che ci racconta dei capolavori di narrativa italiana, narrativa straniera, e dei saggi piu’ venduti nella settimana passata. Le voila’:

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Al primo posto per la narrativa italiana, e al primo posto assoluto, siore e siori… Fabio Volo! Con un classico romanzo di introspezione, Fabio ci narra la storia di una che sta con uno ma tromba con un altro, e alla fine scopre che gli piace un altro ancora. Non ho letto il libro, ovviamente, ma sono quasi certo che la trama sia questa qua. Ah, il primo posto se lo aggiudica con ben 12.000 copie. Un successone! Al secondo posto tra gli italiani, Giorgio Faletti che oramai pensa d’essere uno scrittore sul serio; se qualcono lo sveglia forse e’ meglio per tutti… Al terzo Margaret Mazzantini in Castellitto, con la sceneggiatura del prossimo film del marito. Poi, Baricco che entrerebbe in classifica anche se firmasse la copertina di un quaderno bianco, indi Carofiglio, poscia Vitali ed deinde Camilleri. 

La narrativa straniera ci propone al primo posto Christopher Paolini, con un altro libro tipo quelli che ha gia’ scritto, e secondo me anche in questo c’e’ un drago (ho visto la copertina). Al due c’e’ Murakami, ostico scrittore giappo che pero’ fa trend e allora la gente lo deve comperare per forza, foss’anche solo per mettere il volume sul caminetto a pigliar polvere. Mrs. Panofsky mi ha raccontato d’un’improbabile accoppiata di una sua cliente che si vuole dare arie: Volo e Murakami (come dire il culo e le quaranta ore, il diavolo e l’acquasanta, robe cosi’…), con uno dei due destinato al reminder su bancarelle di livello. Al tre e al quattro le due cantrici dell’inutile for women del terzo millennio: Sophie Kinsella e Karen Swan. Libri buoni per appiccare il fuoco, sperando che la carta sia di qualita’ decente. Al cinque Mr. King, con un romanzone di storia alternativa che racconta l’assassinio (o il non assassinio?) di JFK.

Ma passiamo alla saggistica, che cosi’ partono le bestemmie. Al numero uno, abbiamo il saggio Vasco Bossi che ci spiega la sua Versione (su cosa? Mah…), poi Conchita De Gregorio che scrive sulla morte (non la sua, helas), e il saggista per antonomasia, Slatan Ibrahimovic, che scrive la sua autobiografia (anzi, credo se la sia fatta scrivere). Poi c’e’ la biografia postuma di Steve Jobs, che non avvicinerei manco se pagato (oddio: dipende dal prezzo, in realta’), e al sei esce fuori Bruno Vespa, giusto in tempo per il Santo Natale e le (st)renne.

Seconda parte della classifica: varia (poggio e bùa,direi), tascabili e libri per ragazzi. Ecco qua:

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 Non voglio tediar troppo i tre lettori, ma nella varia si stagliano i campioni e le campionesse dei fornelli Parodi, Clerici, Dukan, Spisini, Morelli, e il mago (?!) Fox al secondo posto con un Oroscopo 2012 da offrire in sacrificio a Cthulhu assieme a Fox stesso.

Nei tascabili spadroneggia “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, che altro non e’ se non il tentativo dello scorso anno di doppiare l’inspiegabile successo di “La similitudine dei trampoli equini” di tre stagioni fa. Poi, accoppiata di qualita Simenon – de Saint-Exupéry prima di incontrare di nuovo il novello manzoni della letteratura italiana, qual Fabio Volo che maramaldeggia anche nei libri da tasca con  i suoi capolavori “Il giorno in piu'”, e “E’ una vita che ti aspetto”. Le due trame si intrecciano, con lei che tromba lui ma si innamora dell’amica del fratello che pero’ rimane incinta di Fabio Volo mentre legge il libro di Paolo Giordano. Cosa ci faccia “Bar Sport” di Stefano Benni in classifica non me lo so spiegare.

Chiusura con la narrativa per bambini. Il primo in classifica non l’ho mai sentito, ma m’informero’. Poi c’e’ il geniale Geronimo Stilton, un libro da quasi neonati, un altro Geronimo Stilton (si, il Fabio Volo per piccoli, ma senza sesso), e al sette “Diario di una schiappa”, che presumo sia li’ solo perche’ c’e’ il film in giro.

Insomma, una desolazione. Ma diciassette anni di “Grande Fratello”, “Colorado Cafe'”, “Zelig” e “Le Iene” cosa volevate che producessero? Lettori seriali di Dostoevskij? Ma andiamo…

 

Barney

Hyperion, Dan Simmons (Fanucci)

Qualche giorno fa Fanucci ha ristampato il primo volume della serie “I canti di Hyperion“, di Dan Simmons, all’incredibile prezzo di 4,90 Euro. Prima ancora di continuare a leggere le mie bischerate, vi consiglio di correre alla libreria piu’ vicina e comperare “Hyperion“: saranno i 4,90 Euro meglio spesi in cultura che vi capitera’ mai di investire, ve l’assicuro. Gli altri tre volumi -che dovrete leggere, se comperate il primo- vengono via per 9,90 Euro ciascuno. Che se uno pensa al fatto che “Le prime luci del mattino”, il mirabolante ultimo volume per bimbiminkia scritto da Fabio Volo, costa DICIANNOVE FOTTUTISSIMI EURO, attacca a smoccolare ora e termina a Pasqua.

Vabbe’, su… Lasciamo perdere lo sterco e parliamo di cose serie.

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Hyperion e’ fantascienza classica, una “space opera” che puo’ sembrare riservata agli amanti del genere. Invece no: se non avete mai letto nulla di fantascienza, provate ad iniziare con questo libro qua e -forse, superate le prime trenta pagina- capirete come ci si possa appassionare a scenari e situazioni futuristiche e improbabili, a viaggi in criofuga o attraverso portali di teletrasporto, a guerre tra mondi e civilita’, tra uomini, intelligenze artificiali e Ouster (i reietti discendenti dei primissimi coloni umani, che si sono evoluti ed adattati alla vita nomade nello spazio), ad astronavi-torcia o astronavi-albero. Tutte queste cose ci sono, ovviamente, ma rimangono sullo sfondo di un romanzo costruito come il Decamerone di Boccaccio o i Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer: sette personaggi che raccontano se stessi e la loro vita l’un l’altro, mentre il plot li spinge inesorabilmente verso il pianeta Hyperion, vero fulcro della storia. Il nome del pianeta e’ anche il nome di una delle opere di Jonh Keats, il poeta romantico inglese morto ventiseienne di tisi in Italia nei primi anni del 1800. E Keats e’ uno dei personaggi protagonisti della storia, in forma di ibrido uomo-macchina. I sette pellegrini hanno come meta finale le tombe del tempo, un luogo su Hyperion dove il tempo scorre a ritroso dal futuro remoto verso un presente ignoto. A difendere le tombe del tempo c’e’ lo Shrike, un essere mostruoso che dilania ed impala le proprie vittime su un albero metallico di spine. Shrike e’ il nome inglese dell’averla, un uccello che uccide dilaniando piccoli animali, i quali vengono poi impalati su spine di arbusti.

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Ma la parte veramente imperdibile del libro sono -come gia’ detto- i racconti dei sette protagonisti. I personaggi sono diversissimi, e diversi risulteranno i legami di ciascuno con Hyperion e con lo Shrike, in un crescendo di tensione che non si sublima in un finale chiuso, ma rimanda alla lettura dei volumi successivi. I sette metteranno a nudo loro stessi, le loro paure, i loro drammi personali, i dolori che ciascuno ha passato per arrivare sino li’. E’ difficile non rimanere colpiti dai repentini e magistrali cambi di registro che Simmons riesce a gestire con mano ferma e sapiente: ad ogni racconto sembra veramente di sentire il protagonista che recita la storia con la sua voce, diversa da quella che l’ha preceduto e da quella che lo seguira’.

Leggetelo, il libro, e scoprirete le storie di Rachel, la figlia del ricercatore Sol Weintraub; di Lamia e dell’androide Jonh Keats, di Siri e del suo mondo in cui i delfini dominavano i mari, del soldato Kassad che ama un’ombra elettronica incontrata per caso durante una simulazione di battaglie, del prete cattolico Padre Hoyt, che su Hyperion trovera’ la sua croce… Racconti incredibili per la loro visionarieta’, ma allo stesso tempo romantici nel senso letterario del termine, che non si possono rinchiudere nel ristretto recinto della fantascienza: questa e’ letteratura, perdio! E di livello eccelso!

 

Barney

 

 

 

 

La casa per bambini speciali di Miss Peregrine, Ransom Riggs (Rizzoli)

Ho letto questo romanzo da Young Adults / Old Teenagers / quel che vi pare perche’ Mrs. Panofski l’ha portato a casa “in lettura”, sperando che lo leggessero i figli e fornissero una relazione per la libreria. Uno dei due l’ha fatto, ma dopo di me, che ero senza niente da leggere e me la son cavata in un par di giorni.

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Il libro segna l’esordio di Riggs, un tizio americano che fa un po’ di tutto e -pare- soprattutto cortometraggi: ha un suo canale youtube e un sito-blog da cui si accede sia al canale youtube, sia al resto delle attivita’ del poliedrico scrittore/regista/fotografo. Ma torniamo al libro…

“La casa per bambini speciali di Miss Peregrine” e’ alcune delle cose che si trovano scritte sulla quarta di copertina, e altro. E’ vero, ad esempio, che il libro e’ un mix tra X-Men e Harry Potter, ma ha pure -se vogliamo rimanere nel fumettistico- qualcosa di Capitan America, almeno per quel che riguarda una parte dell’ambientazione storica (quella degli anni ’40 del 1900). E ha anche delle chicche per lettori adulti, che dovrebbero sapere di cosa si parla quando esce fuori una esplosione mostruosa in una zona fredda della Russia, nel 1908. Io ho anche apprezzato gli inserti ornitologici, e alcune (non tutte) le foto in bianco e nero che sono assolutamente funzionali alla narrazione.

In breve la storia: Jacob e’ un bambino americano di famiglia ricca: sua madre possiede una catena di sueprmercati. Suo padre invece e’ un sognatore, che da anni cerca di scrivere libri naturalistici sugli uccelli, non finendone nessuno. Il nonno di Jacob e’ un vecchietto strano, che racconta storie assurde su quel che gli e’ successo durante la seconda guerra mondiale. Il nonno, ebreo, l’ha passata quasi tutta in una sperduta isoletta del Galles, mentre tutta la sua famiglia veniva sterminata nei campi di concentramento. Dall’isoletta ha portato delle stranissime foto in bianco e nero, che ritraggono bambini in pose, atteggiamenti e comportamenti assolutamente improbabili. Il nonno viene assalito ed ucciso da un essere misterioso, forse un cane, e prima di morire fa in tempo a pregare Jacob di tornare all’isola della sua infanzia, e cercare la misteriosa Miss Peregrine. Il bambino riuscira’ a convincere il padre ad accompagnarlo nel viaggio, e scoprira’ sull’isola una sorta di anello temporale in cui la storia si ripete sempre uguale, tra il 2 e il 3 settembre 1944. Il romanzo ci fa entrare ed uscire da questo anello, e intreccia con buona padronanza letterara i due tempi diversi che pero’ condividono l’angusto spazio dell’isola.

La (non) fine e’ sicuro preludio ad un seguito quasi telefonato, ma tutto sommato il libro si legge volentieri. Soprattutto se si hanno dieci-dodici anni.

 

Barney

Sick Building Syndrome [reloaded & pumped up]

L’esperimento di scrittura collettiva (meglio: il divertimento di una ventina di bambini e bambine poco cresciuti :-)) “Edificio Malato” s’e’ concluso felicemente un mesetto fa, e subito Davide ha tirato fuori degli add-on, o side projects, o livelli segreti o come cavolo vi pare. Ovviamente ho partecipato pure a questi round, due per adesso, e prevedo di continuare, visto che mi diverto.

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Il primo livello segreto prevedeva di scegliere un capitolo scritto da un altro partecipante, e riscriverlo mantenendo pero’ la trama e gli avvenimenti esattamente come erano nell’originale. Io ho preso il Capitolo 6, scritto da Coriolano, e l’ho “girato” direi completamente. L’ho scritto di getto in una serata, dopo averlo meditato in un paio di viaggi in treno verso casa.

Il secondo invece richiedeva di aggiungere ad un capitolo (sempre scritto da altri) un blocco di cento parole esatte, non stravolgendo lo stile dell’autore precedente e cercando di risultare “omogeneo” al resto del testo. La mia creazione e’ questa qua (il blocco “nuovo” e’ evidenziato cosi’: <—>), e si introduce credo non troppo male nel capitolo scritto da Angelo Benuzzi. La cosa divertente e’ che questo pezzettino e’ venuto fuori quasi da solo in cinque minuti, esattamente cosi’ come e’, e lungo esattamente cento parole.

Ach! M’ero quasi dimenticato di ri-sponsorizzare il mio capitolo “serio”

 

Barney

Coraline e il suo burattinaio

Barney

Rien ne va plus

Un benedetto controllo dei feed di Posterous mi informa, tramite il solito Yossarian, che domani si assegnera’ il Nobel per la letteratura.

Yossarian s’e’ fatto un giro in rete prima di me, ed ha scoperto che e’ possibile scommettere sul vincitore -come su qualsiasi cosa vi venga in mente: gli allibratori inglesi accettano quote e scommesse su tutto cio’ che e’ plausibile, e anche su molte cose non plausibili-. Il sito delle quote e’ Ladbrokers, da cui si evince che il favorito dei bookmaker inglesi per l’anno 2011 e’…

 

… rullo di tamburi…

 

Bob Dylan, con una quota di 5 a 1! In effetti, i brani di Dylan sono spesso molto (MOLTO) migliori delle poesie di questi presunti artisti del cavolo di oggi. Che no, col cazzo che possono competere con un Leopardi o un Baudelaire. E allora, meglio veramente lo gnomo di Duluth rispetto al resto del panorama poetico attuale.

Secondo Haruki Murakami, dato 6 a 1, che e’ molto di moda (nonche’ molto bravo, diciamolo. E molto giapponese, che dopo il terremoto potrebbe aiutare…).

Poi si iniziano i nomi degli (a me) sconosciuti sicuramente eccellenti poeti/scrittori/artisti a tutto tondo, che non faro’ finta di aver letto, ne’ di conoscere in qualsiasi modo: un/una poeta di nome Adonis, dato 7 a 1, poi nomi ancor piu’ oscuri sino ad arrivare a Philip Roth, vecchio satiro americano, che paga 16 a 1 nel caso vinca l’ambito premio. Un par di posizioni dopo, due mie vecchie (in tutti i sensi) conoscenze, due nomi sui quali punterei per questioni di tifo e di cuore: Thomas Pynchon e Cormac McCarthy, entrambi dati 25 a 1.

Un altro “cavallo” che mi piacerebbe vincesse e’ dato 33 a 1, e si chiama Don DeLillo, che non e’ esattamente come chiamarsi Moccio Moccia, o Sbuzzagrilli, o anche Paolo Giordano.

Poco sotto, dati tutti e tre 40 a 1, abbiamo Claudio Magris, Antonio Tabucchi e Milan Kundera. McEwan e’ subito dietro, e pagherebbe 50 a 1 in caso di vincita, esattamente come Eco. Uno degli scrittori preferiti da Mrs. Panofski arriva qualche posizione dopo, e pagherebbe ben 66 volte la posta in caso di premio: e’ lo spagnolo Javier Marias. Di notabili vedo, piu’ giu’ solo Paul Auster (mai letto nulla, peraltro) e Jonathan Littell, offerti 80 a 1.

Si puo’ giocare anche solo il sesso del vincitore (un po’ come rosso e nero alla roulette), e le quote sono 4 a 9 se scegliete “maschio”, oppure 13 a 8 se giocate “femmina”. Chiaramente gli uomini sono di piu’, almeno nell’elenco di Ladbrokers.

Beh, da quel che so sulle ragioni per le quali si assegnano i premi, McCarthy e Pynchon li vedo un po’ fuori dai giochi, DeLillo non ne parliamo. Resta, per quel che riguarda i “cavalli” che potrei giocare io col cuore (e questo vi dimostra come non sia assolutamente uno scommettitore: si punta col cervello, non con il cuore…), il favorito numero 1. Beh, a me non dispiacerebbe affatto vincesse lui.

Auguri, vecchio menestrello, e continua a fornire ripari sicuri dalle tempeste della vita:

Barney