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Filosofia da muro #161 (hat trick: Ammennicoli di pensiero)

Da Busto Arsizio (che per inciso mi son sempre chiesto senza capirci molto perché si chiami “Arsizio”, e Wikipedia non ha le idee più chiare di me sulla cosa) Ammennicoli di pensiero mi manda questo reperto di un 2020 che sta finendo, con lagGente oramai stanca di lockdown e epidemie (è così in tutto il mondo, anche dove governano i sovranisti. Anzi: forse lì è anche peggio in termini di malati e di morti, ma i sovranisti son contenti perché lì si fa quello che cazzo gli pare. Incluso morire…):

La tipologia del font è a mio totalmente insindacabile giudizio indizio di destrumania politica dello scrivano. Manca l’accento sulla A di “libertà”, ma son cose che succedono quando si verga in fretta il messaggio sui muri della stazione, e la chiosa finale non si capisce se sia contro il virus o contro il governo che sfrutta il covid per i comodi suoi (ah, fosse vero… almeno ci sarebbe un disegno!). Mi piace molto la rettilineità delle prime due righe, rovinate dalla terza che scende inesorabile verso il basso.

La firma infine può essere di tutto: dal nome (V) e cognome (L? U? 4?) del bombolettaro alla sigla di un noto gruppo Qanonista di Busto Arsizio.

Me lo immagino, il graffitaro, che verga il suo messaggio immortale senza indossare la mascherina, a testimoniare la sua ribellione alla dittatura sopra descritta e a respirare i solventi mefitici dello spray mentre ascolta trap in cuffia.

E’ per questo ultimo particolare che ci vuole Amanda:

Barney

Sei pezzi facili

Invece che commentare la follia delle scarpe Lidl, o la tinta per capelli che -impietosa- cola dalla capigliatura di un Rudolph Giuliani che si arrampica sugli specchi senza ventose per cercare di dare sostanza alle balle sui brogli elettorali, o parlare di zone gialle-arancione-rosse… metto qua sotto a caso sei brani più meno ascoltabili da tutti coloro che hanno orecchie sulle quali appendere la mascherina. Me compreso.

I Dry Cleaning sono di Londra, questo pezzo e’ fresco di ieri
Questa la metto perche’ la foto qua sopra e’ una citazione di una delle più belle copertine del rock (The kids are alright, dei Who)
Florence and the Machine bilanciano i Foo Fighters
Beh, Steven Wilson va sempre bene.
Si, lo so: s’era detto di NON parlare di Trump…
Perchè in fondo è tutto solo un bel giro di giostra

Barney

“Questo lo dice lei” is the new “uno vale uno”

 La performance della sottosegretaria all’Economia Laura Castelli di qualche giorno fa a Porta a Porta è lo specchio del baratro in cui il paese è caduto. Tralasciando la differenza tra i curricula della Castelli e di Padoan, sono gli argomenti messi in campo dai due che spiccano: uno -l’ex ministro- che cerca di spiegare all’interlocutrice il concetto dibattuto (“lo spread e il suo impatto sui mutui”, per semplificare) attraverso una lectio magistralis di due minuti svolta con parole anche semplici e comprensibili. L’altra che inizia dicendo “lo sa anche lei che quello che dice è falso”, e poi ripiega prima nell’oramai famoso “Questo lo dice lei”, poi infine sbandiera un grafico che prova esattamente il contrario di quello che la donna sta affermando.

E’ ancora una volta la Teoria della Montagna di Merda, in versione talk show di grande ascolto, in cui non conta sapere di ciò che si discute: l’importante è screditare immediatamente l’interlocutore (“lei mente sapendo di mentire”, come apertura), interrompere con supponenza e sicurezza minimizzando l’avversario (“Questo lo dice lei”, a dire che “lei non conta un cazzo, ORA che ci siamo NOI”) , e cambiare obiettivo ogni qualvolta ciò è possibile.

Questo è il punto cruciale:

Più o meno la stessa cosa l’ha fatta oggi uno un pelino più importante della Castelli (per tutti, meno che per i grillini ovviamente. La Castelli per loro è una finissima economista, e chi dice il contrario è un piddino), tal Donald Trump, che ha avuto modo di dire ancora una volta che il global warming è un’invenzione dei comunisti, e soprattutto che le conseguenze economiche dello stesso non esistono. Perché si, perché lo dice lui, e gli altri hanno torto a prescindere.

Oggi ho commentato su Facebook un commento di una elettrice grillina che ha postato uno dei soliti meme no-vax, che fa più o meno così “avresti mai pensato tre anni fa che qualcuno potesse iniettarti in corpo sostanze misteriose senza il tuo consenso?”. Ho risposto dicendo “E tu avresti mai pensato che una cassiera del supermercato potesse zittire un economista dicendo “questo lo dice lei?””. La prima risposta è stata “Non so di cosa parli”. Dopo che ho spiegato l’argomento, la seconda obiezione è stata che l’economia è diversa dalla medicina. Io ho obiettato che non si trattava di economia, o di medicina, ma di competenza in un qualsiasi settore, e che solo le persone che di quegli argomenti capiscono dovrebbero poter avere voce in capitolo. La risposta è stata che lei le fonti se le sceglie come vuole, e poi se una cura funziona chi se ne fotte se è scientifica o no?”.

Il piccione che gioca a scacchi, o il maiale che ti porta a sguazzare nel fango non avrebbero potuto far meglio, lo ammetto. 

Quindi non mi resta che andare di esempi semplici, che qualsiasi italiano è in grado di comprendere, anche i grillini e soprattutto anche i leghisti.

Il calcio.

Non citerò Gattuso che rimbalza Salvini, perché sarebbe troppo semplice. Viene invece buonissimo Kolarov, difensore serbo della Roma, che in conferenza stampa dice esattamente quel che ho espresso io qua sopra sulla necessità di stare zitti se non si capisce di qualcosa, ma in modo molto più semplice:

 

Siamo un popolo di tifosi, in tutti i campi, e pur essendo in pectore commissari tecnici della nazionale o presidenti del Consiglio capiamo una mazza sia di calcio che di politica. O di ingegneria, o di biochimica.

Eppure, oggi, ci sentiamo autorizzati a strolagare su qualsiasi cosa, con la sicurezza che è data dall’ignoranza dei nostri limiti e la forza della consapevolezza che la maggioranza è come noi: una massa di coglioni.

Dunning e Kruger, ancora una volta, hanno ragione…

 

 

Barney

 

Bamboline

La notizia di questa settimana (a parte la fantastica novità di stasera, lo #spazzacorrotti di Di Maio che sembra fare il verso a un comico di Colorado per quanto in basso è caduto. lui e tutta la politica) è certamente l’apertura di un bordello con bambole di “polimero termoqualcosa” (la direttrice ha presentato così la merce).

Nulla di sconvolgente, nulla di interessante, però è un buon aggancio per ripresentare Amanda Palmer con la sua canzone più famosa (che non è certo la mia preferita), del periodo “Dresden Dolls”. E’ in tema sia il nome del duo che il titolo della canzone, che financo il contenuto. Ecco qua:

Più Amanda Palmer, meno bamboline.

Barney

La realtà che supera la fantas(c)i(enz)a

Leggo parecchio, e come qualcuno può aver notato leggo soprattutto fantascienza. Oggi, in pausa pranzo, mi sono trovato come sempre a leggere, e come succede spesso leggevo fantascienza.

Il libro -di cui forse parlerò quando lo finisco- è “New York 2140”, per la cronaca. Ma adesso è un particolare irrilevante.

Un collega mi chiede cosa leggo, e poi commenta che a lui la fantascienza non piace perché da una visione del futuro spesso angosciante ed eticamente discutibile.

Io ribatto che invece il bello della fantascienza è che ti apre il cervello al pensiero laterale, e comunque spesso la realtà attuale supera la fantascienza di soli dieci anni fa.

Un po’ come è successo per la satira al tempo di Berlusconi: superata a destra dagli eventi di tutti i giorni, il genere è andato in declino per anni, ripigliandosi solo da Renzi in poi.

Finito di pranzare, e in attesa che la teleconferenza interrotta all’una e mezza riprendesse (si sarebbe poi protratta fino alle cinque, per la cronaca…) mi metto a leggere notizie in rete, e mi capita sott’occhio di nuovo slashdot, con questa news qua.

Siamo in Cina, a Shenzen, ridente borghetto di dodici milioni di persone dalle parti di Hong Kong, e gli incroci sono controllati da telecamere ad alta definizione. Le telecamere riprendono i pedoni indisciplinati che attraversano fuori dalle strisce o col rosso, e una intelligenza artificiale riconosce i visi, gli affibbia un nome, risale al codice fiscale (al suo equivalente cinese, insomma) e poi –ora– proietta la gigantografia del viso su maxischermi nei pressi degli incroci, con il nome dell’attraversatore e -immagino- una sobria reprimenda. I cinesi sono severi ma educati, per queste cose.

Una gogna mediatica on line in tempo reale, gestita da un software e da tonnellate di telecamere HD. Che ti beccano e ti riconoscono al volo in una città di dodici milioni di persone.

Oggi, non in “New York 2140”.

Pare che il sistema nei primi dieci mesi di attività abbia pizzicato e identificato quasi quattordicimila persone in un unico mega-incrocio in centro.

Ora per abbassare i costi del sistema, le autorità cittadine stanno passando dalla gogna mediatica -che richiede il maxischermone gigante, che costa un botto- all’SMS personale, che arriva all’istante sul cellulare dell’infrangitore della legge stradale. Ad ogni tot messaggini che ti arrivano, perdi punti-società, il che significa che non ti daranno il mutuo per la casa, o che pagherai più tasse. O magari peggio…

Se lo fanno a Shenzen con dodici milioni di persone, che ci vorrà mai a tirare su un sistema simile che controlla tutta l’Italia?

Nel frattempo che il sistema venga esportato (magari con il modello di “democrazia” cinese) godiamoci gli ultimi giorni di libertà che ci concede Microsoft. Dal 1 maggio, infatti, può succedere quel che raccontavo ieri con le sex performers e Google Drive, ma su Skype e Outlook, e senza bisogno di contenuti porno. Basta parlare sboccato o insultare e può partire la censura.

Benvenuto nel 1984, Winston Smith…

 

Barney

Poche stelle, forse 5…

C’e’ una costante nello scenario politico italiano. Dopo ogni tornata elettorale i commenti dei leader di tutti i partiti si possono sintetizzare cosi’: abbiamo vinto alla stragrande noi, gli altri han perso (gne’, gne’).
Anche nelle evidenti sconfitte -penso alla puttanata del referendum renziano di fine anno scorso- i numeri vengono piegati alla illogicita’ della propaganda, negando l’evidenza e attaccandosi come patelle allo scoglio a zerivirgola guadagnati a Vergate sul Membro piuttosto che alle milionate di voti persi a Milano o Napoli.

Nelle amministrative le cose dovrebbero essere piu’ semplici: la cosa si risolve in un sindaco -o presidente di Regione- eletto assieme ad un consiglio comunale -o regionale-. Gli altri candidati alla stessa carica evidentemente hanno perso, e stop.

Per dire, domenica abbiamo avuto qualche centinaio di elezioni locali, e il risultato mi pare abbastanza chiaro: destra e sinistra con le loro coalizioni di mille partiti, e candidati a sindaco mediamente presentabili si sono spartiti la torta. I Grillini hanno rimediato mi pare tre o quattro comuni di secondaria importanza (si, uno e’ proprio Vergate sul Membro), e guadagnato il ballottaggio in una decina di altri posti.

Su 143 (centoquarantatre’) coumuni sopra i 15.000 abitanti a me pare una ciaffata sul muso che lèvati, ma evidentemente io sono strano perche’ la stragrande maggioranza degli elettori M5* sta analizzando il risultato “all’italiana”. Ossia, han vinto anche loro pur avendo espresso una minchia di primi cittadini.

La vulgata migliore che gira da qualche giorno e’ che l’unico partito che ha guadagnato percentualmente sono loro.

Bravi, fantastico.

Peccato che per eleggere un sindaco conta un cazzo che la tua lista prenda piu’ voti di tutte le altre, soprattutto se giochi contro coalizioni che sommano piccoli pezzi e ti superano regolarmente.

Altra roba che ho sentito e’ che loro -i Grillini- non sono molto conosciuti a livello locale. Io aggiungo che se il modo per farsi conoscere e’ esprimere un candidato a sindaco deciso da BeppeGrillo, magari nemmeno espressione di quel territorio dove si vota, magari sconosciuto anche ai duri e puri del Meetup beh… Auguri.

Ancora, si dice che si, a livello locale e’ cosi’, ma vedrai alle politiche. Certo: alle politiche spesso si vota per ideologia, perche’ qualcuno t’ha convinto che bisogna cambiare tutto (non si sa come, ne’ quando, ne’ perche’. No, anzi: perche’ si sa. Perche’ lo dice Beppe), e allora voti anche un DibBa qualsiasi, che avresti ritegno a fargli tagliare l’erba in giardino, ma tanto va a Roma, a cambiare (cosa? Quando? Come? Beppe!).

Le comunali di Roma e Torino dell’anno scorso sono la riprova che quanto ho scritto sopra non e’ del tutto sbagliato: Appendino e Raggi sono state elette non per loro qualita’ (magari le hanno, ma nessuno le conosceva. No, neanche i Grillini che le hanno votate) ma perche’ c’era da cambiare E soprattutto perche’ le ha candidate Beppe. Cambiare subito, e senza nemmen vedere chi avrebbe preso il posto dei vecchi. E il risultato non e’ tutto questo fantastico paradiso, ne’ a Roma, ne’ a Torino. Anzi.

Vabbe’, dai: aspettiamo i ballottaggi, cosi’ se tutto va alla grande i Grillini vanteranno un dominio incontrastato e segneranno la storia di questo paese.

Con ben 10-15 sindaci eletti su 143. Dai, un dieci per cento.
Non male per l’unico partito che ha aumentato le percentuali, ma che probabilmente non ha ancora capito come si governa, ne’ come si fa politica.

Pero’ potranno vantarsi di aver fatto davvero male a chi ha vinto, a forza di culate sugli scarponi che li prendevano a calci.

 

 

Barney

Il cuore della trota

Spesso quando lavoro e ho bisogno di non essere disturbato troppo mi pianto le cuffie nelle recchie e faccio partire un po’ di musica a basso volume. La cosa funziona, sia perche’ la musica la scelgo io, sia perche’ i colleghi che passano e mi vedono con le cuffie credono sia impegnato in una delle venti teleconferenze della giornata.

Stamani per leggermi un documento in pace ho messo le cuffie e fatto partire “Theatre is evil”. Di Amanda Palmer e la Grand Theft Orchestra. Che contiene pezzi notevoli, come la gia’ stracitata “The bed song”, o “Smile”, o “The killing type”. Nel mezzo al disco c’e’ un brano splendido, che e’ un pezzo di vita di Amanda raccontato con una voce che ammazza. E’ quello che da il titolo al post (“Trout heart replica”), e prima di farvelo sentire rubo le parole all’artista che cosi’ racconta come e’ nata la canzone.

the story behind the song: i wrote “trout” during a very hard time, when i was transitioning between my last relationship, and my relationship with neil.

it was the winter of 2008, i was on the road in support of “who killed amanda palmer”, and my whole touring party was at neil’s house.

neil and i had never been intimate, but we were looking at each other.

hi.

hi.

neil took zoë keating and i to a trout farm to pick up fresh trout for dinner. the man at the farm clubbed the 12 trout dead with a club and i – being a vegetarian who eats fish but has an impossible time watching an animal suffer – forced myself to watch. we went into the little room where he guts and prepares the fish, and he started cutting and gutting them all open for us. he tuned to us and one point with something in his hand and said “look.” it was a beating little heart, dark purple, the size of a dime. it kept beating, and beating. for a minute, or longer. “the kids love this,” he said. i looked at that heart and saw my own.

that’s what wrote the song.

Neil e’ Neil Gaiman, anzi, Neil “Sandman” Gaiman, uno degli scrittori piu’ eclettici dell’Inghilterra moderna.

A prima vista la storia sembra orribile, senza senso, contraddittoria con il fatto che Amanda si dichiara vegetariana (ma mangia il pesce). Il fatto e’ che dietro le dodici trote ammazzate per la loro cena e subito sventrate per essere pronte per la griglia c’e’ il piccolo cuore pulsante del pesce, e dentro quel cuore c’e’ un mondo che sta nascendo proprio quando lui smette di battere.

I due ovviamente si sposeranno di li’ a poco, e come fai a non sposare una che scrive quasi appositamente per te una canzone che finisce cosi’:

and killing things is not so hard
it’s hurting that’s the hardest part
and when the wizard gets to me
i’m asking for a smaller heart
and if he tells me “no”
i’ll hold my breath until i hit the floor
eventually i’m know i’m doomed
to get what i am asking for…

…now my heart is exactly the size
of a six-sided die cut in half
made of ruby red stained glass

can i knock you unconscious as long as i promise
i’ll love you and i’ll make you laugh?
now my heart is exactly the size
of a six-sided die cut in half
made of ruby red stained glass
can i knock you unconscious as long as i promise
i’ll love you and i’ll make you laugh?

Prima di ascoltare “Trout heart replica” segnalo che anche Gaiman non stette con le mani in mano, e per rispondere alla sua futura sposa tiro’ fuori questa poesia qua, illustrata da Jouni Koponen.

 

 

 

Barney

Filosofia da muro #79 (Christmas edition, hat trick: neurino)

Ovvero: l’evoluzione stagionale delle scritte sui muri.

Fuori tempo massimo vado quindi ad introdurre lo scatto gentilmente fornitomi da neurino, milanese trasferito a Brema. Non prima di dirvi che potete riconoscere lo scatto qua sotto anche in questa puntata precedente, pero’ senza addobbi di Natale:

jazzchristmas

E come nell’altra puntata invece che jazz mettiamo Amanda Palmer in uno dei suoi progetti migliori: Evelyn Evelyn. E’ la storia -inventata- di due gemelle siamesi che cantano e suonano usando sullo stesso piano ciascuna il braccio che ha. La seconda gemella in realta’ e’ un uomo, Jason Webley. Metto il brano con le parole perche’ cosi’ si segue meglio il dialogo tra i due.

Tra l’altro -e cosi’ il cerchio si chiude- questo duo fu citato all’epoca della prima foto in risposta al mio video di Amanda, quindi direi che meglio di cosi’ non si puo’ fare come ricorsivita’.

 

Barney

 

La trasferta dell’assessment

Sono stato via un par di giorni, a farmi valutare per quelle che sono le mie potenzialita’ professionali.

Me lo ha impost chiesto l’azienda, che ha visto bene di allungare a tradimento di un giorno una trasferta gia’ organizzata a tradimento, e visto che c’era quel giorno pieno da riempire (io in realta’ avrei avuto da lavorare, sia quel giorno che il giorno prima, ma chi sono io per dettare le agende aziendali?) ci siamo trovati in otto in una sala riunioni con Carlo e Laura, i due psico-domatori di manager, executive e professional (che ancora io non ho capito quale sarebbe la categoria che dovrebbe contenermi…), tutti in giacca e cravatta meno io e il collega T., a sottolineare probabilmente una carenza di commitment oramai cronica, o forse -nel mio caso- un’approccio alla giornata piu’ da sessione di Dungeons and Dragons che da roba seria. Approccio che rivendico come quello giusto ed appropriato ad una esperienza che -secondo me- dovrebbe fotografarti per quel che sei, non per quello che vorresti che Carlo e Laura dicessero al tuo capo.

Se ci vai incravattato e citi l’azienda ogni tre per due anche quando non c’entra nulla, credi che Carlo mangi la foglia? Pensi che Laura sia nata ieri? Quei due, miti e silenziosi osservatori del piccolo branco loro assegnato, son pagati per quello: sgamare chi fa finta, estirparti la maschera da dosso e vedere quel che c’e’ sotto, setacciare le tue parole e ricavarne un profilo psicologico e caratteriale che puo’ significare per te l’essere degradato a magazziniere (probabile), o promosso a Business Unit Leader (la danno 300 a 1, come la Vinci contro la Williams…). Che poi, alla fine, lo stipendio e’ quasi uguale, conviene quasi fare il magazziniere, e forse ti diverti anche (di sicuro ti stressi meno).

Mi sono divertito, alla fine, perche’ -come ho detto a Carlo- ho giocato onestamente come se fosse un gioco serio, e siccome per me giocare e’ una cosa seria Carlo ha avuto davanti il vero me stesso (com capita quasi sempre anche nel mio lavoro. E questo e’ uno dei difetti che mi si riconoscono. Lo confermo: non riesco a fingere piu’ di tanto, nella vita). Il che ha comportato che a un certo punto sono usciti fuori gli Smiths di “Please, please, please”:

e prima di quello “A clockwork orange”, perche’ a me se mi dici “Drugo” a quello penso. Lebowsky arriva con mezze ore di ritardo, se arriva.

E -ovviamente- Amanda Palmer, che per contratto con l’omino del mio cervello esce sempre fuori quando si tratta di imparare a chiedere, e a ringraziare dopo avere ottenuto (oltre a quando si parla di musica, chiaramente):

E infine -poteva mancare?- Randall Munroe e xkcd.

Oltre ad una contro-citazione in chiave negativa da una presentazione corporate del giorno prima (un CEO, mica un magazziniere…), che per illustrare il cambio di paradigma non ha trovato di meglio che lo scontatissimo Fosbury a Mexico ’68 (in contesti simili, potrei scommettere che esce fuori almeno nel 60% dei casi. Datemela alla quota che vi pare, scommetto e son certo di non perdere).

Copyright Getty Images

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Insomma, una giornata interessante per un ex-etologo ed ex-psicologo comportamentale (si parla di una vita precedente), e per un attuale accanitissimo giUocatore di Lupus in Tabula, una cosa che se la giocavano a Princeton ogni settimana qualcosa deve voler dire, no?

Ah, nelle sessioni di gruppo mi han dato il compito di scrivere le risposte. Una delle motivazioni e’ che scrivo in corsivo legato, pare che molti altri abbian perso la capacita’, a parte la loro firma. Aggiungo questo allo sterminato elenco di segni che la civilta’ sta lentamente sbriciolandosi.

Barney

Filosofia da muro #11 (Milano)

Ho approfittato di una trasferta meneghina per raccattare alcune foto di scritte murali milanesi.

Queste due sono carine. Ecco la prima, zona Milano Congressi (Via Gattamelata): siamo sul classico filosofeggiante-buonista-radicalchic-politically correct. Insomma, non credo l’abbia scritto un fan di Salvini…

IMAGE00200

La seconda e’ meglio. E’ stata scattata nel tardo pomeriggio in via Borsieri (zona Porta Garibaldi, quartiere Isola), sul muro di un bar che si chiama “Nord Est Cafe'” (birra alla spina ottima, tra l’altro). Accanto al bar c’e’ un famoso locale in cui si fa musica dal vivo, il “Blue Note”. Credo basti questo per spiegare la scritta:

IMAGE00209Ringrazio n., membro dell’Organizzazione, per avermi fatto conoscere il locale.

Ramen, e non sperate che metta jazz, qua sotto, perche’ non se ne parla neanche.

Metto anche una bonus track nel caso n. legga. Che si sappia: non conosceva Amanda Palmer…

Barney