Questo pezzo di Fabio Scacciavillani e’ perfetto complemento al mio delirio di ieri. Leggetelo, e’ lungo ma chiaro, pieno di cose semplici e di proposte chiare. Non di “aboliamo l’articolo 18”, o di “facciamo adottare un bambino alle coppie gay”.
Il fatto che persone del genere non lavorino in Italia e abbiano una probabilita’ pari a zero di incidere sul dibattito politico nazionale e’ ulteriore prova dello stato di coma profondo cui versa il nostro paese.
(Cominciamo con la musica, che mi serve per introdurre il resto. Sara’ una roba lunga, credo, e molto poco organizzata. Io vi ho avvertito…)
Siamo nel 1978, e tra le altre meravigliose scoperte tecnologiche di quei tempi vi fu (almeno nella casa dei miei) l’arrivo dei registratori a cassette. O meglio: della combinazione magica tra una radio e un aggeggio nel quale si infilavano delle robe strane, da cui usciva musica, ma ce la potevi anche mettere dentro la musica, direttamente dalla radio! E te la potevi portare in tasca fuori casa, e sentire in un’altra di quelle macchinette infernali o addirittura in macchina, ad avere l’autoradio giusta. Magia.
Ero un undicenne appena entrato alle scuole medie, e la musica inziava ad interessarmi abbastanza[1]. In casa v’erano tonnellate di dischi di musica classica e di opera, e pochi altri 33 giri di un cantante italiano: Fabrizio de Andre’. Non ricordo altra musica in casa dei miei: classica, opera o de Andre'[2]. Per ovvii motivi fui attratto piu’ dal Faber che da Bach, Vivaldi e Beethoven, e quindi non mi stupii piu’ di tanto quando in casa, assieme alla combo radio-registratore arrivo’ una singola cassetta: “Rimini“. Dell’album di de Andre’ mi piacevano molto la title track, poi “Sally” e “Volta la carta“, perche’ hanno la struttura della filastrocca da bambini, un po’ come “Alla fiera dell’est” di Branduardi, e “Avventura a Durango“, che ho scoperto dopo decenni essere una cover di un brano di Dylan. E l’ultimo brano, “Parlando del naufragio della London Valour” appunto.
Il naufragio della London Valour (classificata splendidamente come “portarinfuse”, che mi sembra possa voler dire “portiamo un po’ quel che cazzo ci pare, come cazzo ci viene in mente, dove minchia vogliamo”: una descrizione perfetta del comportamento italiano tipico) mi permette di introdurre la seconda parte del post, che parla del disastro di un paese -il nostro- frutto di decenni di ignavia e presupponenza.
(Magari questo e’ il momento giusto per prendervi una pausa, fumare una sigaretta se non avete ancora smesso… farvi una birra o un bicchiere di buon brandy spagnolo… Ovvia, lasciate qua il post e riprendete domani, con calma…)
Mi e’ venuta in mente la canzone ieri mattina, quando sono atterrato verso le sette e quaranta a Roma, proveniente da Pisa (un voletto di mezz’ora piu’ o meno, fatto tutto dormendo) per una riunione troppo mattutina per un comodo viaggio in treno.
Ho viaggiato Alitalia, e molti sull’aereo hanno fatto battute su quanto sarebbe durata la societa’, visto che e’ previsto un CdA drammatico in questi giorni. CdA dedicato a definire la strategia di uscita da una crisi che si trascina oramai da anni e anni, e che pare giunta al capolinea: troppi debiti, margini operativi nulli, concorrenza spietata di compagnie low cost e di aziende piu’ strutturate e meno elefantiache sembrano lasciare poco spazio di manovra anche a salvatori taumaturgici, nel caso esistano e nel caso vogliano cimentarsi con una missione che pare piu’ complicata che resuscitare Lazzaro dopo un par di giorni dalla sua morte. Stasera pare che al capezzale della ex-compagnia aerea statale stia arrivando la ex-azienda monopolista del settore poste e telegrafi. Auguroni…
La cosa inquietante e’ che nell’attesa dell’arrivo del personale di terra che doveva farci scendere ho avuto il tempo di leggere una delle notizie economiche del giorno: il declassamento a “junk bond” dei titoli Telecom da parte di Moody’s.
Per semplificare: due pilastri dell’economia italiana dal dopoguerra alla fine degli anni novanta sono sull’orlo del fallimento, se non un paio di metri oltre quell’orlo. E la cosa inquietante e’ che queste due aziende sono state monopoliste nei rispettivi settori per decenni, e in quei decenni i due settori erano assolutamente remunerativi. Hanno potuto godere di protezioni economiche, politiche e sociali inimmaginabili per altre aziende (do you remember “canone SIP”?), e si sono potute permettere enormi inefficienze per anni e anni, sulla pelle dei loro clienti obbligati. Ossia, di noi cittadini italiani.
Poi, a un certo momento -siccome il capitalismo prevede la concorrenza e teorizza l’assenza di monopoli, e siccome ogni tanto qualcosa per il mercato bisogna pur farlo, porca miseria!- per decisione politica si e’ provveduto all’abbattimento delle barriere all’ingresso di concorrenti, e alla privatizzazione delle due mega aziende di stato. Le due cose hanno proceduto con passi differenti, e ovviamente nelle fasi iniziali s’e’ assistito alla svendita degli asset strategici a cordate “amiche” (rispetto al potere politico del tempo), le quali cordate si sono affrettate a fare quello che l’illuminato industriale italiano (ecco le tre “i” di berlusconiana memoria!) in genere fa: arraffare quanti piu’ soldi puo’ nel minor tempo possibile, nel contempo buttandola nel culo al povero utente e ostacolando in tutte le maniere i nuovi concorrenti che volessero affacciarsi timidamente sul mercato.
Dopo qualche anno di spolpamento del vitello grasso, l’illuminato industriale italiano in genere procede alla richiesta di sussidi pubblici per risanare una situazione che (chissa’ come mai? Eppure s’e’ fatto tutto ammodino!) ha portato l’azienda vicino al fallimento. Le conseguenze sono tutte positive per i Rockefeller de noantri: Cassa Integrazione Ordinaria e Straordinaria a protezione di qualche decina di migliaia di posti di lavoro, delocalizzazione di impianti e sedi, agevolazioni per gli investimenti, scissione dell’enorme azienda-madre in tante aziende-figlie, a loro volta svendute ad amici o fatte fallire dopo averle riempite di asset negativi, chiusura immediata di qualsiasi laboratorio di ricerca e sviluppo (che i laboratori costano e non si monetizza immediatamente il risultato)… Magari l’azienda-elefante per qualche anno poi riparte, e l’illuminato imprenditore italiano riesce a mungere altre decine di milioni di Euro da utenti e enti pubblici, per poi dichiarare bancarotta, oppure ricominciare il ciclo crisi-casse integrazioni-sussidi statali, senza soluzione di continuita’.
Il povero utente riuscira’ a godere di qualche beneficio un paio di decenni dopo la “privatizzazione” del moloch pubblico, e la concorrenza sara’ vera circa un decennio dopo. In tempo per la successiva storia di fantastico successo nella privatizzazione di azienda statale (non che sia rimasto tantissimo da demolire, dopo che Autostrade ha fatto ricco Benetton…). E cosi’ via andare, in una ruota che vede l’illuminato industriale italiano fare quel che a lui riesce meglio: campare sulla pelle del resto del paese.
Perche’ di investire per difendere la posizione di ex-monopolista non se ne parla, cosi’ come non si parla di mettere a capo dell’azienda non l’illuminato industriale italiano (che spesso e’ un ex-politico trombato, ignorante, gretto e attento solo al suo tornaconto), ma il giovane e rampante manager senza padrini politici, che si prenda la responsabilita’ di far guadagnare soldi agli azionisti e anche agli utenti (se capitalismo deve essere, che sia vero, dio cristo. Che si applichi la teoria dell’evoluzione alle aziende, e che lo scopo ultimo sia il profitto. E chi non si adatta, che muoia!), che si confronti insomma con il mercato e non con il suo protettore.
Ma ovviamente sto svalvolando, e perdo di vista i punti salienti del dibattito politico di questi giorni: la cittadinanza per gli immigrati, il gossip sulla Pascale (sara’ lesbica? chiede la “colonna delle stronzate” di Repubblica on line. Ma ci importaunasega! risponde il buon padre di famiglia di Antignano.), dove andra’ Berlusconi a scontare i suoi lavori socialmente utili, la figliola della Hunziker, la sbroccata di Sgarbi non ho capito a che trasmissione… Questa roba qua insomma. Assieme al problema dei problemi: il matrimonio tra omosessuali.
Insomma, io il naufragio lo vedo abbastanza intevitabile. E le scialuppe mi paiono gia’ tutte occupate.
Barney
[1]: E’ incredibile ripensare alla mia fulminante carriera di fruitore di dischi, che da quei primordi di undicenne curioso arriva a quattordici-quindici anni a “The kids are alright” (Who), “Greetings from Absbury park, N.J.” (il Boss, il suo primissimo album comperato tra l’altro d’importazione al doppio d’un disco normale) e “The dark side of the moon” in un modo che francamente ancora oggi mi sfugge.
[2]: In realta’ m’e’ venuto in mente un altro disco. Un LP di canti di natale, con una copertina blu e un Babbo Natale sorridente in primo piano.
Che si sia toccato il fondo e si stia alacremente scavando con trivelle nucleari lo testimonia questo gran servizione su Repubblica on line di oggi:
Approfondimenti (si fa per scherzare, eh?) qui, qui e qui. Video del pellegrinaggio dalla Santa Vergine qui. L’unico aspetto positivo -va da se- e’ il flop di Pietrelcina come sito turistico: i tour operator lo sostituiranno con Medjugorje o come caspita si scrive.
E’ di oggi la notizia che Detroit e’ tecnicamente fallita.
La citta’dell’automobile americana non ha retto al morso di una crisi che da una decina di anni attanaglia l’economia del mondo, e trasforma metropoli di quattro milioni di persone in scheletri di archeologia industriale.
Il Documentario “Requiem for Detroit” racconta il declino della citta’ usando le enfatiche parole del sindaco degli anni ’60, in cui tutto girava per il verso giusto, proiettate sui palazzi e le fabbriche in disfacimento, quasi fossero elefanti morti che marciscono molto lentamente.
Lentamente, ma nemmeno troppo: l’affascinante testimonianza della morte di una citta’ la possiamo vedere anche in una serie di filmati su youtube dal titolo “Discovering the abandoned Detroit”. Qua sotto la parte centrale dell’esplorazione del Whittier, un bellissimo ex-hotel che ha ospitato le maggiori celebrita’ in visita a Detroit. Dopo pochi anni di abbandono e’ cosi’ tipo per esempio questo qua:
Si trovano moltissimi video come questo, e se ne troveranno sempre di piu’, e immagino che Detroit sia solo la punta dell’iceberg, cosi’ come la caduta dell’industria automobilistica rappresenta solo il prodromo di qualcosa di piu’ grande.
L’unica consolazione -amara- e’ che le citta’ in disfacimento hanno un fascino innegabile: probabilmente la loro fine sara’ molto, molto bella. O almeno interessante.
Il pezzo musicale e’ dei Virginiana Miller, ed e’ un requiem per qualcos’altro:
Update del 21 luglio 2013
Grazie al commento di DeadWharols mi sono letto un po’ di cose in giro, e la bancarotta di Detroit e’ molto meno poetica di quel che ho scritto qua sopra. Resto convinto che l’implosione del settore automobilistico abbia avuto il suo peso, ma dagli articoli che potete leggere qua sotto -se vi va…- emerge un quadro complesso e lungo decenni. Eccovi quindi una bibliografia minima:
Ieri un mio collega mi ha passato il link ad una notizia. L’argomento e’ “la crisi in Italia, oggi”, lo svolgimento questo qua.
Una ricerca minima su Google da la stessa notizia riportata quasi 17.500 volte. Il che non prova nulla sulla sua veridicita’, ma insomma: una base minima di consistenza deve avercela, ‘sta cosa.
Si tratta -se avete seguito il link- della segnalazione da parte dell’Assessore alle attivita’ produttive del Comune di Bologna del fatto
“…che arrivano dalle maestre su bambini che arrivano in classe, la mattina, senza aver cenato la sera prima perché le famiglie non ce la fanno più a fare la spesa“
Io tendo a fare la tara quando leggo cose come questa, e come me molti che l’hanno commentata sui vari giornali. Pero’ -di nuovo- un fondamento di verita’ ci deve essere.
Collegata a questa notizia, c’e’ la scoperta che anche la Cermania Forte e Vincente si basa su un sette milioni di persone che hanno “minijobs” e neojobs” da 450 Euro il mese. I quali, sicuramente, prima o poi andranno ad ingrassare la schiera degli altri sette milioni di disoccupati che attingono al sussidio. E, finalmente, questi quattordici milioni di persone daranno la botta finale ai consumi interni crucconici, cosi’ che alla fine della fiera l’Europa finalmente possa varare (costretta dalle circostanze E dai forconi…) una sana politica inflattiva che se ne fotta delle banche e dia soldi a chi poi li puo’ spendere: le persone normali.
Tutto questo delirio per consigliarvi non l’investimento in piombo e polvere nera (che peraltro, insomma… Male non farebbe…), ma la lettura di uno splendido libro del 1939, il primo scritto da Robert A. Heinlein (per gli amici “RAH”), l’ultimo libro edito molto dopo la sua morte: “A noi vivi”.
Il libro raccoglie sotto forma di romanzo i discorsi che Heinlein fece negli anni ’30 del 1900 nella campagna elettorale a supporto di Upton Sinclair che correva alla poltrona di Governatore della California. Chi pero’ si aspetta qualcosa di illeggibile, un palloso resoconto di proposte di legge e di promesse elettorali all’italiana rimarra’ deluso: nel romanzo c’e’ una storia di fantascienza classica, in cui un uomo ha un mortale incidente stradale nel 1939 e… si risveglia in un futuro utopistico, nel quale verra’ a contatto con una societa’ che rappresenta l’ideale per RAH: assoluta sacralita’ della privacy di ciascun individuo, completa assenza di leggi e convenzioni morali o moraleggianti (le persone girano nude, ad esempio), totale assenza di credibilita’ per qualsiasi credo religioso che voglia indirizzare le vite degli uomini, organizzazione economica molto socialisteggiante che vieta in sostanza la sovrapproduzione -origine di ogni crisi economica- e garantisce a tutti un reddito di cittadinanza… Insomma, un programma politico di sinistra che il nostro PD si sogna con il lanternino. In altre parole: il programma di “Fermare il Declino”, parlandone come se il movimento fosse ancora in vita…
Consiglio a Letta e compagnia cantante di leggerselo, “A noi vivi”, perche’ veramente un coraggio e una chiarezza simili sono necessarie, oggi come oggi, in politica. E consiglio anche di far proprio il programma in quel di Bruxelles e Strasburgo, perche’ altrimenti non se ne esce.
Così diceva mio nonno. Che in realtà non era mia nonno, ma il nonno del nonno del nonno di un mio lontano antenato.
Comunque non è il caso di star lì a sottilizzare.
“L’Italia è il più bel paese del mondo,” diceva.
Non so che dire: oggi, se mi guardo intorno, vedo solo ghiaccio.
Il che tutto sommato è normale, dopo una glaciazione.
“L’Italia è il più bel paese del mondo.”
Ne era davvero convinto, il bis-bisnonno. “E’ un fatto,” diceva “c’è poco da blaterare.”
“C’è chi si lamenta perché non abbiamo un governo,” diceva “perché la disoccupazione è più diffusa dei maccheroni, l’inquinamento delle città è a livelli da porcilaia, la nostra classe dirigente è la più corrotta dai tempi dei bucanieri, economicamente parlando siamo messi alla pecorina, la sanità fa più morti di una…
Stamani eravamo tutti a letto, causa terremoto di ieri che ha fatto chiudere per eccesso di prudenza le scuole di ogni ordine e grado. A letto alle nove di sabato mattina, che non e’ poi tutto quello scandalo ma insomma: aiuta a riprendersi dalle fatiche della settimana e a fare scorta di sonno per i giorni a venire. Bene, alle nove squilla il telefono e nel dormiveglia riesco a capire che di vero telefono si tratta, e non di sogno.
Mi alzo di corsa, corro alla ricerca dell’apparecchio che -nel frattempo- e’ gia’ stato afferrato da S., il figlio di mezzo (come la Terra di Mezzo, ma piu’ complicato).
S. risponde, mi guarda e mi passa l’apparecchio bofonchiando qualcosa.
E’ il mio turno: “Pronto?”
“Si pronto, sono Michaela e stiamo facendo sondaggio su onde elettromagnetiche. Quanti anni ha?” (il tutto pronunciato da una voce che penso familiare, con spiccato accento russo: mi ricorda altre telefonate simili che volevan sapere di gatti, automobili, televisioni e altre merci).
In cinque secondi accendo il cervello, e rispondo come sempre:
“No, guardi, non mi interessa, la ringrazio di tutto e buon lavoro”.
La mia amica Michaela ha gia’ buttato giu’ il telefono al “la ringrazio”, oramai e’ abituata a ben altro trattamento: chissa’ quanti, alle nove del sabato mattina, l’hanno mandata direttamente affanculo o peggio. Ma lei -tetragona a tutto e a tutti- continuera’ per tutto il giorno a chiedere alle sue ignare ed inconsapevoli vittime se vogliono partecipare al sondaggio sulle onde elettromagnetiche.
Tremo al pensiero di cosa puo’ comportare, alla fine, il rispondere alle domande della Michaela: l’acquisto inconsapevole di milioni di “coccinelle” per cellulare, o chissa’ quali fantasmagorici misuratori di elettrosmog, o -meglio!- di disgiuntori di rete.
In ogni caso, e consapevole della crisi che c’attanaglia tutti, vorrei suggerire a Michaela e alle sue colleghe russe-ucraine-serbe (maanche italiane, se ancora ve ne sono…) una semplice strategia per massimizzare il risultato finale: NON chiamate durante il fine settimana, NON chiamate poco prima dell’ora di cena, NON insistete se qualcuno vi dice di no. I numeri sono dalla vostra parte: con mille chiamate al giorno, tre o quattro leghis coglioni li raccattate di sicuro, e questo vi basta per andare avanti.
Un ulteriore suggerimento e’ tener traccia dei proprio insuccessi, e marchiare con la stella gialla dell’infamia sionista (siam vicini alla giornata della memoria…) quegli abbonati che v’hanno rifiutato financo la spiegazione delle mirabili proprieta’ del microonde che avete in catalogo.
Tutto cio’ per dire che io non sono esattamente un buon cliente, ecco.
Mi chiedevo quale sara’ il peggior ricordo che Berlusconi ci lascera’ quando finalmente uscira’ dalla scena politica. Per quel che mi riguarda, penso che la cosa peggiore sia stata l’aver fatto assurgere a posizioni di assoluto potere e rilievo delle mezze calzette che in un mondo ideale non si sarebbero mai sognate di poter diventare ministro o consigliere regionale. Ma nemmeno amministratori di condominio, se e’ per quello…
Quel mezzo cretino di Brunetta ad esempio, quel babbeo matricolato che ad ogni annata spera di ricevere il Nobel per l’Economia, ier l’altro s’e’ lamentato perche’ non ha i soldi per pagare la seconda rata dell’IMU: avrebbe chiesto un prestito alla banca. E nessuno gli ha sputato in faccia, a questa affermazione incredibile. Anche perche’ sono convinto che l’omino -nella sua pochezza intellettuale e nella sua immensa protervia da Principio di Peter– ci crede veramente alle stronzate che spara. Non ci fa, insomma: ci e’, coglione.
L’ennesimo scandalo al Pirellone e’ l’ulteriore prova di questo andazzo: nani e ballerine messi a fare i consiglieri regionali, con stipendi che pare arrivino ai novemila Euro al mese (netti, chiaramente) che -non contenti di ricevere un salario che mai avrebbero sognato se non ci fosse stata “the age of Silvio“- chiedono ed ottengono il rimborso per le sigarette, i fuochi d’artificio, parchi e castigati pasti da 700 Euro e aperitivi da 840 Euro (spero almeno sia stato un Mumm millesimato), e financo per copie personali della propria biografia (si tratta di “Mignottocrazia”, per il quale Nicole Minetti ha chiesto -e perche’ no?- il rimborso). Ieri sera alla radio ascoltavo i leghisti rispondere quasi piccati alle domande dei giornalisti sulle loro note spesa. Il succo era “Ma scusate: se e’ lecito chiedere i soldi, io chiedo, no?”, e nessuno pareva rendersi conto che una cena a base di ostriche, un lecca lecca, le cartucce per andare a caccia, le red bull e i videogiochi (questo, non so se ci sia bisogno di dirlo, e’ il coglione ricciolino, il delfino di fiume. Il Bossino, insomma) non possono rientrare nelle cose di cui e’ lecito chiedere il rimborso.E questi ad insistere: “Ma scusate, quando voi andate in trasferta per lavoro, poi chiedete il rimborso, no? E allora? Noi siamo SEMPRE in servizio!”.
Ancora una volta, come nel caso di Brunetto Brunetta, si osserva una completa dissociazione dalla realta, e si avverte chiarissimamente che questi qua ritengono naturale -per loro che sono “veri politici”- comportarsi in quella maniera la’. Anzi: si sente pure il tono stupito di quando i giornalisti gli chiedon conto delle cose che han fatto; par quasi di vedere i tre neuroni che hanno in capo accendersi e lampeggiare alla spasmodica ricerca del motivo per il quale gli han posto la questione.
Il vero peccato originale di Berlusconi, insomma, e’ aver liberato questa mandria di subumani, i quali a forza d’esser chiamati “politici” c’han creduto davvero, e si sentono in dovere di vivere come alla corte di Versailles perche’ con la loro intelligenza e la loro sagacia sono al nostro servizio. E qualcosa in cambio dovranno pure avere, no?
Molti, a destra, nel tentativo di giustificare il loro voto a simili soggetti sostengono che e’ molto meglio avere al potere un ladro intelligente piuttosto che uno sciocco onesto.
Bene: io sottoscrivo; il piccolo problema e’ che di intelligenti se ne son visti pochini, in quasi un lustro di “ghe pensi mi”. Ladri, molti di piu’.
Di coglioni (e coglionE, che mica voglio essere tacciato di sessismo, perdinci!), invece, ne son passate LEGIONI.
Lascio la parola a Charles Trenet, che le professoresse di francese che ho avuto a scuola ci propinavano in quantita’ industriali, su nastri a bobina:
E’ per un posto da Project Manager, a 50 metri da casa mia, nella prestigiosa sede dell’IMT di Lucca, istutizione postuniversitaria di altissimo livello fortemente voluta da Marcello Pera (di cui mi vergogno d’essere concittadino) in uno dei millanta governicchi Berlusconi.
Non commento l’utilita’ dell’istituzione (e’ sostanzialmente inutile come una bellissima aiuola fiorita in un parcheggio asfaltato), ma questo annuncio di selezione di personale qualificato mi sembra lo specchio dell’attuale paese. Leggetelo. Viene richiesto -come sempre in questi casi- un profilo finto-junior (almeno un anno di esperienza, ma un bagaglio di conoscenze notevole) che si immoli alla causa della Scuola/del progetto in questione: impegno quasi full time, gestione completa di un progetto da 6,7 Milioni di Euro, perfetta padronanza dell’inglese e dei software di office automation, se conosci anche il francese e’ meglio, ovviamente sono previste trasferte in giro per l’Europa…
Offrono 18 mesi di contratto a progetto, e uno “stipendio” che sara’ tra i 5.400 e i 7.200 Euro l’anno.
Si, avete letto bene: l’anno.
E non credo ci sia bisogno di aggiungere che quel sontuoso stipendio e’ lordo.
La cosa incredibile e’ che questa e’ la seconda ricerca per lo stesso posto. Un paio di mesi fa i dieci (dieci??!!!) candidati presentatisi allo scritto sono stati tutti bocciati e non ammessi all’orale.
A questo punto, non mi rimane che fare domanda, non fosse altro che per vedere quale cazzo di esame scritto e’ in grado di piallare il 100% dei candidati per un posto con stipendio lordo mensile di 450 – 600 Euro. Manco si parlasse del nuovo Presidente del Consiglio, manco si prospettassero stipendi da decine di migliaia di Euro il mese…
Ma cosa c'è dentro un libro? Di solito ci sono delle parole che, se fossero messe tutte in fila su una riga sola, questa riga sarebbe lunga chilometri e per leggerla bisognerebbe camminare molto. (Bruno Munari)