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Michel Platini

No, il titolo e’ fuorviante. E’ solo che stamani in ottanta chilometri di autoroute francese, verso Orly, avevamo la radio accesa su un canale all news. E l’unica notizia che in un’ora e venti e’ passata a nastro riguardava lui. Pare che abbia perso l’appello e che rimanga sospeso per un po’ da non so quale carica UEFA o FIFA (o NASA).

La cosa buffa e’ che tutte le volte che e’ stato nominato (una media di almeno una ogni tre minuti, ma con punte di sette o otto al minuto) chiunque fosse a parlare lo chiamava Michel Platini. Nome e cognome, sempre.

Non credo ci siano tanti Platini famosi in Francia. Non mi risulta un Gaston Platini, una Fleur Platini, un TizioCaio Platini.

E allora perche’ sempre “nomeccognome”?

L’unica risposta sensata che m’e’ venuta mente e’ che per i francesi dire solo “Platini” e’ cacofonico. “Michel Platini” gli suona piu’ musicale.

Di sicuro quel canale (mi pare si chiami “Info”, sara’ una roba tipo IsoRadio) ha l’abitudine di martellare i maroni dei radioascoltatori con la solita notizia  mandata avanti a manovella per ore e ore. All’andata, grazie a ingorghi vari, il viaggio ha sfondato le due ore, e la radio s’e’ premurata di sfrangerci i testicoli con il nome del terzo kamikaze del Bataclan. Senza soluzione di continuita’. Ogni tanto la cosa si inframmezzava con previsioni e servizi sul secondo turno delle regionali di domenica, ma davvero poca roba: il terzo kamikaze (avevo anche imparato il nome,  ovviamente l’ho scordato, ma Google mi da una mano) imperava e riempiva l’etere.

Mah, ho quasi rivalutato il livello del nostro giornalismo, questa settimana…

 

 

Barney

Requiem per Detroit

E’ di oggi la notizia che Detroit e’ tecnicamente fallita.

La citta’dell’automobile americana non ha retto al morso di una crisi che da una decina di anni attanaglia l’economia del mondo, e trasforma metropoli di quattro milioni di persone in scheletri di archeologia industriale.

Il Documentario “Requiem for Detroit” racconta il declino della citta’ usando le enfatiche parole del sindaco degli anni ’60, in cui tutto girava per il verso giusto, proiettate sui palazzi e  le fabbriche in disfacimento, quasi fossero elefanti morti che marciscono molto lentamente.

Lentamente, ma nemmeno troppo: l’affascinante testimonianza della morte di una citta’ la possiamo vedere anche in una serie di filmati su youtube dal titolo “Discovering the abandoned Detroit”. Qua sotto la parte centrale dell’esplorazione del Whittier, un bellissimo ex-hotel che ha ospitato le maggiori celebrita’ in visita a Detroit. Dopo pochi anni di abbandono e’ cosi’ tipo per esempio questo qua:

Si trovano moltissimi video come questo, e se ne troveranno sempre di piu’, e immagino che Detroit sia solo la punta dell’iceberg, cosi’ come la caduta dell’industria automobilistica rappresenta solo il prodromo di qualcosa di piu’ grande.

L’unica consolazione -amara- e’ che le citta’ in disfacimento hanno un fascino innegabile: probabilmente la loro fine sara’ molto, molto bella. O almeno interessante.

Il pezzo musicale e’ dei Virginiana Miller, ed e’ un requiem per qualcos’altro:

Update del 21 luglio 2013

Grazie al commento di DeadWharols mi sono letto un po’ di cose in giro, e la bancarotta di Detroit e’ molto meno poetica di quel che ho scritto qua sopra. Resto convinto che l’implosione del settore automobilistico abbia avuto il suo peso, ma dagli articoli che potete leggere qua sotto -se vi va…- emerge un quadro complesso e lungo decenni. Eccovi quindi una bibliografia minima:

Barney