Direttamente da Londra -Mile End Road- uno stencil bombolettato su truciolato da cantiere che è uno splendido esempio di filosofia artistica da metropoli moderna.
L’indegno scatto racchiude in lontananza i nuovi simboli della skyline londinese, e in alto l’insegna di un kebabbaro. La sintesi assoluta di globalizzazione e multiculturalismo, insomma:
La scritta fa il verso a uno street artist merregano, tale Plastic Jesus, che è l’autore della frase qua sopra sbeffeggiata. L’originale fa così: “Stop making stupid people famous“, e l’ignoto graffitaro londinese (il cui nickname probabilmente è quella roba in alto a sinistra che inizia con una specie di “#”) con estrema sagacia colora di arancione lo “stupid” sì da attrarre l’attenzione del lettore su quella parola, e poi a tradimento cambia “people” in “artist” (cambiando pure il font, altra finezza), il che mi porta a pensare due cose (o tre): o è un writer dotato di autoironia estrema, oppure sta prendendo per il cuBo Plastic Jesus (o -terza ipotesi- è addirittura Plastic Jesus in trasferta da Los Angeles a Londra).
La scritta a destra è secondo me un’esortazione a trasformare i propri sogni in realtà, senza lasciarli al mattino sul cuscino del nostro letto.
Il lato frontale del truciolato era ricoperto da un altro paio di stencil bombolettati, sempre dalla stessa mano, che non ho repertato per mancanza di tempo (o di voglia).
E dire che ho vagato un paio di giorni alla ricerca di scritte murali, per poi sbattere dentro questa tre minuti prima di prendere la metro per l’aeroporto…
Sono tornato ieri da una trasferta in UK, e una delle cose che faccio quando sono in trasferta è scroccare i giornali locali in albergo o in aeroporto, per vedere come il mondo viene visto con altri occhi (o meglio: raccontato con altre parole). Stavolta mi è capitato sotto mano il Times, che è stupefacente per la quantità di roba che presenta al lettore e anche per come la presenta. I giornali italiani ho smesso di comperarli anni fa, e adesso li leggo il sabato in emeroteca, ma se vivessi a Londra il Times me lo comprerei spesso.
Il numero di ieri apriva con tre notizie principali:
il caldo record nella capitale (pare dal 1940 non si avessero quelle temperature. Addirittura un cavallo è morto dopo una corsa, e due si sono accasciati al suolo nella stessa corsa), con rimando a un articolo interno sulla maratona di Londra di domani e il consiglio di non farla travestiti con costumi improbabili perché si rischia la morte per colpo di calore,
un Sir a capo di Save the Children che rimette il mandato dopo accuse di molestie sessuali,
l’esecutivo diviso sulle norme sull’immigrazione.
Quasi metà pagina è presa da una foto di guardie reali incolbaccate e imbandierate per una cerimonia, presi ad esempio di categoria che col caldo soffre un pochino…
A pagina due tutti articoli sulla Brexit, compreso un trafiletto in cui si racconta dell’appello di un veterano inglese della seconda guerra mondiale di 96 anni che non è stato fatto votare perché risiede da troppo all’estero (in Italia, tra l’altro). A pagina tre articolone sull’olio di palma; sotto un pezzo sul primo robot in grado di assemblare i mobili IKEA (dopo che è stato un po’ a pensarci su…) e accanto un altro su un barbiere messo in galera perché aveva rasato la testa di un bambino per punizione. Pagine 4 e 5 per i reali inglesi e per la politica (90% reali 10% politica), e via via altre pagine (siamo da pagina 2 nella categoria “News”) che parlano di tutto, da marinai che inventano motori ecologici in garage al sesso nelle mosche, dall’appello delle Università inglesi alle donne affinché si iscrivano più a ingegneria che a facoltà umanistiche, alla donna che era in salotto a vedere la tv e viene uccisa da un pulmino che le entra in casa (con foto del pulmino dentro casa), fino a pagina 20 che si chiude con l’allarme Xilella fastidiosa che pare stia aggredendo anche l’Inghilterra.
Da pagina 21 inizia la sezione “articolesse” (Comment) in cui giornalisti presumo famosi scrivono di argomenti vari, poi ci sono le lettere dei lettori e una pagina di pout pourri (la 25) in cui si svaria da “successe oggi”, a “compleanni famosi” a “Note della Natura”, che incorniciano tre pezzi non firmati che presumo siano del Direttore in cui ci si occupa dei rapporti tra UK e India, della crisi del partito Laburista, e delle scelte ambientaliste di una catena di supermercati che sembra costerà parecchio ai proprietari.
A pagina 27 inizia il resto del mondo, e ci sono Macron e la Merkel, la Siria, Cuba, la Turchia, la morte di Prince dovuta a pillole tarocche, dieci righe di Italia per una retata di mafia, e addirittura un terzo di pagina per Lucca, ovviamente grazie a quegli studenti coglioni che hanno bullizzato il loro professore. A pagine 31 il mondo è bell’e che finito, e inizia il Business che dura fino a pagina 47 e riempie di tabelle, numeri, grafici e percentuali il lettore.
La sezione successiva è “Register”, ed è un altro mini pout pourri sull’intrattenimento, l’arte e una pagina fondamentale su:
tutto quello che i reali hanno fatto il giorno prima (tipo: al mattino la Regina ha accompagnato la Duchessa del Sarcazzo alla matinèe, poi è arrivato il Duca di Vergate sul Membro e han bevuto il the. Una colonna intera di questa roba qua…);
Nascite (due), Matrimoni (uno) e morti (dodici, più i ricordi per gli anniversari).
Pagina 57 è per le previsioni del tempo, con particolari e mappe barometriche accuratissime, più un pezzo molto carino sulla Luna e sul perché la vediamo come la vediamo quando è crescente.
Poi c’è lo sport. Si inizia col rugby, che prende il terzo superiore di pagina 58 e 59, e i due terzi rimanenti sono zeppi di programmi (odierni) e di risultati (del giorno prima) di corse di cavalli. Decine e decine, ma si sa che l’inglese è appassionato di scommesse. Anche sui cavalli. La pagina successiva è solo tennis, poi inizia il calcio che imperversa per tre o quattro pagine, ma la chiusura è con due paginoni sul cricket e su un nuovo regolamento che mira a rendere le partite “fruibili” anche dai telespettatori (in pratica vorrebbero farle durare un massimo di due ore e mezza, quando adesso ci sono partite che durano giorni…).
Ah, la cultura (alta e bassa) e gli immancabili giochi enigmistici stanno sull’inserto Arts, venti pagine con sotto-inserti tematici che rendono il Times una roba vicino alle cento pagine, molto divertenti da leggere per uno abituato ai quotidiani italiani.
Peccato che qua da noi in pochi leggano, e altrettanto peccato che chi legge si ritrova con quotidiani molto meno interessanti da sfogliare.
Mi trovo troppo spesso a pensare che Scott Adams deve per forza avere qualcuno che lavora per lui nella stessa azienda dove lavoro io. Non per niente ho un muro dell’ufficio tappezzato da sue vignette (credo tra l’altro che questo infranga numerose regole di comportamento aziendale, domani controllo. E in ogni caso le lascio sul muro), prima o poi vi faccio vedere una foto.
Ma veniamo a stamani. Avevo una riunione su un nuovo progetto di cui nessuno che lavora con me capisce moltissimo. Io meno che gli altri, essendo il commerciale. Vabbe’, parte il meeting e tra presentazioni OpenOffice (aveva un PC con Linux, il tizio) e tavole di progetti ingegneristici che definire “arditi” e’ riduttivo, mi ritrovo a chiedermi cosa cavolo ci stiamo facendo li’.
Poco prima di pranzo, e vi dico subito che il tizio in visita -straniero- s’era portato il panino, apro la pagina di Dilbert per avere un minimo di conforto.
E vedo la luce. La striscia entra immediatamente di diritto tra le top five di Adams, e domani avra’ il suo posto sul mio muro.
Di venerdi’ non so, ma vi consiglio di non trovarvi mai a Parigi di martedi’.
Perche’ se vi viene in mente di andare a visitare il Louvre, potreste scoprire che il museo piu famoso del mondo ha un giorno di chiusura.
E adesso sapete qual’e’, quel giorno.
Poi, potreste pensare: “dai, vabbe’, c’e’ tempo e il Musée d’Orsay e’ a dieci minuti a piedi, si va li’!“.
E vi incamminate con la vostra valigia del cazzo (perche’ siete arrivati di corsa per una riunione, senza manco passare dall’albergo) sotto il sole rovente di questo settembre che noooo, ma che dici? Il global warming? Ma fammi il piacere!
E arrivate al Musée d’Orsay, e non c’e’ neanche fila davanti, saran dieci persone; quindi ottimo, no?
No, perche’ li’ non puoi entrare non dico con la valigia, ma neanche con lo zaino col PC dentro.
Quindi ti aspetti ci sia un deposito bagagli. Certo, col cazzo (i francesismi si sprecano, ma sono d’obbligo a Parigi, no?). Le leggi antiterrorismo li han fatti chiudere quasi tutti. Meno quello del Louvre e della Gare de Lyon.
Non ci credi e vai alla stazione piu’ vicina, che risulta essere la Gare Saint-Lazare. Dove constati che in effetti, cazzo, non ci sono depositi bagagli, perche’ i terroristi ci potrebbero mettere dentro le bombe.
Infatti la mia memoria mi fa venire in mente tutti quegli attentati fatti con bombe messe nei depositi bagagli, tipo… Dai, quello a…
No, che io ricordi non c’e’ stato nessun attentato ai depositi bagagli, ma non si sa mai, e allora si chiudono e via. Come han fatto in Italia ad Ottobre 2001, d’altronde.
Alla fine, tra i pochi posti accessibili con un trolley s’e’ scoperto c’era il cimitero di Père-Lachaise cosi’ per la quarta volta ho visto le tombe di Jim Morrison e di Chopin.
[Cazzo]
Ah, un altro posto accessibilissimo con le valigie, senza alcun controllo, e’ ovviamente la Metro. Li’ invece mi par di ricordare che qualche bomba ce l’han messa…
Chi si aspetta i Doors o un Notturno sara’ deluso…
Visto che ci sono stato oramai un po’ di volte, posso permettermi di condividere alcune dritte per chi si volesse avventurare in Cina e avesse bisogno di un supporto spirituale di modestissima caratura.
Vi dico pero’ che avrete un’altra guida, di ben altro spessore: Guy Delisle, sceneggiatore, animatore e fumettista canadese di lingua francese che con i suoi reportage a fumetti e’ diventato famosissimo.
Il suo primo libro di reportage a fumetti non e’ stato quello che gli ha dato la fama (che e’ arrivata cinque o sei anni dopo), ma e’ la mappa perfetta per la Cina. Si intitola “Shenzhen” e ve lo consiglio a prescindere (come vi consiglio “Pyongyang” e “Cronache di Gerusalemme”).
Io e Delisle abbiamo visto posti diversi: lui si ferma per mesi a Shenzhen per seguire una produzione di animazione per ragazzi subappaltata ai cinesi, io in genere vado a Shanghai-Pechino-Lanzhou per una settimana (giusto il tempo di riprendersi dal jet lag, cosi’ ti puoi rincoglionire di nuovo col viaggio di ritorno) e sto nelle citta’ per un paio di giorni al massimo. Ma vi assicuro che quello che trovate in “Shenzhen” e’ la Cina delle grandi citta’, con magari differenze nei cibi (ottimi ovunque), ma il resto e’ uguale.
A cominciare dalle camere di albergo: qualsiasi categoria voi occupiate (e siccome siete occidentali, non scenderete mai sotto le tre stelle cinesi), la vostra stanza avra’ alcune caratteristiche tipiche:
dotazione in bagno di almeno spazzolino, dentifricio e pettine;
tubature gorgoglianti;
il bollitore per the-minestre calde-acqua calda (la bevono come noi beviamo il caffe’);
un televisore che prende solo canali cinesi;
una WiFi ballerina – un cavo per connessione cablata comunque ballerina;
e soprattutto la pulsantiera.
Si, perche’ in qualsiasi camera vi troviate, avrete il problema delle luci. Che si sostanzia in un pannello di controllo accanto al comodino, fatto esattamente come ce lo disegna Guy:
Quelle due rotelle ai lati dei pulsanti sono i comandi per le abat-jour. Tutte le scritte sono in cinese, ovviamente. E non v’e’ alcuna relazione tra la posizione dei pulsanti e la luce da essi comandata. Andrete a caso, come tutti, fino a riuscire a spegnere o accendere quella giusta.
I bagni sono un’altra caratteristica cinese, per vari motivi. Intanto ce ne sono di diversi tipi: il cesso classico all’occidentale e’ reperibile in genere nei ristoranti e negli hotel, ma in giro e’ pieno di bagni pubblici (vista la quantita’ di the che bevono, e’ in effetti comprensibile) dotati di turche di foggia strana. Uno dei piu’ incredibili e’ una sorta di scatola allungata di ceramica che sara’ larga 15 centimetri e lunga 40, e non si capisce come ci si possa cagare dentro. Pero’ pare sia usato per questo. I cessi normali poi vanno alla rovescia: sono sempre pieni d’acqua e se tiri lo sciacquone si apre una valvola in fondo che risucchia il contenuto e riempie la tazza di acqua pulita. La carta igienica e’ una rarita’: finisce sempre -per cui e’ utilissimo portarsi dietro pacchettate di fazzoletti-, si taglia solo con il machete e viene buttata (usata, ovviamente…) in un secchio della spazzatura vicino al cesso. Questo credo perche’ le tubature sono un po’ ballerine, e il rischio di intasatura e’ alto a buttarla dentro anche per la sua tenace consistenza. Le turche hanno lo sciacquone a pedale, oltre il buco. Comodissimo per provare il senso di equilibrio dell’utilizzatore…
Delisle racconta un’altra enorme verita’: le file in Cina sono un’opinione, e ve ne accorgerete in ogni dove. Se si lascia un minimo spazio con quello che ci sta di fronte, arriva qualcuno a colmare il gap e a fottervi il posto. Se non vi capita prima, sperimenterete la cosa all’aeroporto, quando tenterete di fare il checkin (a meno che non siate viaggiatori business). Gia’ che ci siamo, vi dovesse capitare di prendere un volo interno (a me capita sempre…) attenzione a due cose al controllo sicurezza: accendini o fiammiferi e batterie al litio oltre una certa potenza. I primi non possono viaggiare neanche in stiva, i secondi sono visti come bombe atomiche e vi consiglio vivamente di lasciare a casa sia batterie di ricambio, sia i vietatissimi power pack per il cellulare. Ai controlli sicurezza, poi, sarete sempre perquisiti a prescindere dal fatto che il metal detector abbia suonato o no: lo fanno con tutti, non e’ razzismo. I voli interni cinesi sono comunque botte dalle 2 ore e mezza in su, e vi daranno sicuramente da mangiare almeno un panino.
I ristoranti: come ho gia’ detto in Cina si mangia benissimo anche nella peggio bettola che vi capiti di frequentare. Anzi: spesso e’ meglio la bettola che il ristorantone, soprattutto se siete a un pranzo formale con una quantita’ infinita di portate che dovete per forza assaggiare. Sara’ difficile capirsi con i camerieri, nelle bettole. A me e’ capitato un locale in cui nessuno parlava inglese e ce la siamo cavata perche’ avevamo scelto il ristorante con menu’ fotografico. Abbiamo cannato le quantita’ (abbiamo ordinato roba per sei, eravamo in due…) ma mangiato benissimo. L’altro lunedi’ a Lanzhou siamo riusciti a mangiare spettacolari arrosticini di pecora facendoci capire con un misto di inglese e di mimo. Il punto dolente e’ la birra, che nel nord viene servita calda. A Shanghai invece la portano fresca al punto giusto. Il cibo e’ vario e saporito, se proprio siete schizzinosi evitate di chiedere cosa c’e’ nel vostro piatto. Assaggiate e basta.
Altra caratteristica della Cina sono i cantieri. Costruiscono sempre, giorno e notte: palazzi da 30-40 piani (a decine, tutti uguali!), strade, ferrovie, metropolitane… E’ facile tornare in un posto dopo sei mesi e trovare lavori enormi che hanno drasticamente cambiato la morfologia del luogo. Spesso si costruisce per investire: se il prezzo del terreno e’ ritenuto basso, si compra e ci si fa sopra un bel palazzo, convinti che in pochi anni i prezzi saliranno e ci sara’ un bel guadagno.
Il clima e’ vario agli estremi: si passa dal deserto all’alta montagna all’umidissima Shanghai in un volo, letteralmente.
Infine, anche in Cina ci sono discrete rock band, il che non guasta mai:
Per una coincidenza astrale quasi incredibile, mi ritrovo oggi nello stesso posto in cui ero due anni fa, durante i mondiali di calcio in Brasile.
Quel giorno c’era Italia-Paraguay, decisiva per il passaggio del turno. E tutti sanno come e’ andata.
Bene, anche stanotte assistero’ ad Italia-Belgio dalla stessa citta’ in mezzo al nulla cinese (Lanzhou), e per aggiungere particolari scaramantici negativi saro’ con lo stesso collega dell’altra volta.
Quindi, se siete particolarmente superstiziosi sapete adesso di chi e’ la colpa (nel caso vada male) o il merito (se per una incredibile botta di culo la nazionale si mettesse a giocare bene e vincesse…).
Il mio unico rimpianto e’ che in contemporanea ci sara’ anche gara sei delle finali di basket. Nessuno o quasi in Italia vedra’ Reggio tentare di allungare la serie con Milano, o giocarsi il match point (scrivo di sabato, senza sapere come e’ andata gara 5), e le mie speranze di poter vedere questa partita invece che il calcio sono praticamente nulle.
Bene, e’ tempo di andare a cercarsi un barraccio cinese in piena notte, e sperare che almeno una delle due partite vada bene. Quella con il pallone arancione, se devo proprio scegliere 🙂
No, il titolo e’ fuorviante. E’ solo che stamani in ottanta chilometri di autoroute francese, verso Orly, avevamo la radio accesa su un canale all news. E l’unica notizia che in un’ora e venti e’ passata a nastro riguardava lui. Pare che abbia perso l’appello e che rimanga sospeso per un po’ da non so quale carica UEFA o FIFA (o NASA).
La cosa buffa e’ che tutte le volte che e’ stato nominato (una media di almeno una ogni tre minuti, ma con punte di sette o otto al minuto) chiunque fosse a parlare lo chiamava Michel Platini. Nome e cognome, sempre.
Non credo ci siano tanti Platini famosi in Francia. Non mi risulta un Gaston Platini, una Fleur Platini, un TizioCaio Platini.
E allora perche’ sempre “nomeccognome”?
L’unica risposta sensata che m’e’ venuta mente e’ che per i francesi dire solo “Platini” e’ cacofonico. “Michel Platini” gli suona piu’ musicale.
Di sicuro quel canale (mi pare si chiami “Info”, sara’ una roba tipo IsoRadio) ha l’abitudine di martellare i maroni dei radioascoltatori con la solita notizia mandata avanti a manovella per ore e ore. All’andata, grazie a ingorghi vari, il viaggio ha sfondato le due ore, e la radio s’e’ premurata di sfrangerci i testicoli con il nome del terzo kamikaze del Bataclan. Senza soluzione di continuita’. Ogni tanto la cosa si inframmezzava con previsioni e servizi sul secondo turno delle regionali di domenica, ma davvero poca roba: il terzo kamikaze (avevo anche imparato il nome, ovviamente l’ho scordato, ma Google mi da una mano) imperava e riempiva l’etere.
Mah, ho quasi rivalutato il livello del nostro giornalismo, questa settimana…
[Per colleghi pedanti e precisini: il linguaggio usato in questo post NON E’ scientifico, si fa per divulgare]
Una delle cose piu’ interessanti della conferenza cui ho partecipato in questi giorni e’ stata la presentazione di uno dei capi di Urthecast, che sarebbe un’azienda americana che fa una sola cosa: fornitura di immagini dalla Stazione Spaziale (ISS) attraverso loro telecamere, e rielaborazione di immagini da altri satelliti. La ISS, per chi non lo sapesse, orbita a circa 400 km di altezza, passando ogni tanto anche sopra ciascuno di noi.
La ganzata e’ che dalla ISS quelli di Urthecast riprendono video HR, se andate sul loro sito c’e’ sempre il live streaming (se vedete nero, vuol dire che la ISS e’ nell’emisfero notturno).
Le cose che si vedono da lassu’ con un satellite sono impressionanti per qualita’ e risoluzione (e ricordiamoci che stiamo parlando di dati disponibili per i civili, la risoluzione tipica e’ di un metro a terra -un pixel= 1 metro-, ma i satelliti militari, che girano anche piu’ in basso della ISS fanno molto meglio).
Alcuni esempi per giustificare il mio entusiasmo.
Il sito di Palmira, ripreso prima e subito dopo lo scempio dei talebani dell’ISIS e’ qua.
Londra ripresa da IRIS, la loro telecamera ad alta risoluzione sulla ISS. Notate le auto, le barche, la ruota panoramica che si inclina allo spostamento del satellite (cioe’: si muove la camera non la ruota :-))…
La Mecca, e qua fa quasi male agli occhi il grattacielo che ti spunta dalla destra e che sembra voglia uscire dallo schermo mentre la ISS continua la sua orbita.
C’e’ di tutto. Ovviamente, quello che vedete e’ il loro biglietto da visita; per il resto c’e’ da pagare. Ma e’ giusto cosi’, il loro lavoro e’ quello e come uno si abbona a Sky, si puo’ anche rivolgere a questi simpatici americani e farsi fare studi prima/dopo, analisi dello stato della vegetazione, controllo delle rotte migratorie… Un casino di cose che interessano poca gente per adesso, ma che in futuro saranno il pane di tutti (non vi dico i progetti mondiali per le costellazioni di satelliti in orbita bassa -da 500 a 1000 km-, perche’ non credereste mai che si parla di MIGLIAIA di satelliti per i prossimi cinque o sei anni… Pero’ continuate che alla fine mi tocca parlarne 🙂 ).
Questa roba ha un enorme impatto anche in ambito miltare e di sicurezza, chiaramente. Le risoluzioni li’ sono dell’ordine delle decine di centimetri, non ancora in grado di riconoscere la targa di una macchina, ma il modello certamente si.
Ora, una roba del genere potrebbe (ed e’) essere utilizzata proficuamente per operazioni di guerra e di antiterrorismo. Il problema attuale e’ che le splendide cose che avete visto cliccando sui link sopra sono video “non a richiesta”, nel senso che Urthecast non sceglie giorno e ora per le riprese, ma deve affidarsi all’orbita della ISS per ottenere il filmato. Un satellite, per dirla semplicemente (e la ISS e’ un satellite) gira su un’orbita a una velocita’ diversa da quella di rotazione della Terra, a meno che non sia sull’orbita geostazionaria (36.000 km circa). Li’ pero’ ci stanno i satelliti per le telecomunicazioni (Sky, perlappunto) in modo che le loro antenne sparino il segnale SEMPRE nello stesso punto. Ma da 36.000 chilometri, anche con il miglior telescopio, vedi poco e male.
Piu’ in basso, dove stanno quasi tutti gli altri satelliti, la velocita’ orbitale e’ maggiore di quella di rotazione terrestre, e piu’ si scende piu’ il nostro satellite artificiale deve “andare veloce”, altrimenti semplicemente non puo’ stare in quell’orbita. Quindi, passera’ per un punto x a terra ogni tanto, e ci stara’ solo pochi minuti.
Pero’, se avessimo tanti satelliti che girano su orbite differenti ma alla stessa distanza dalla Terra, avremmo la possibilita’ di vedere un punto a scelta in modo quasi continuo, semplicemente “cambiando satellite che guarda” quando uno e’ troppo lontano dal punto che ci interessa.
Questa e’ una delle costellazioni previste per i prossimi anni, e’ per telecomunicazioni in orbita bassa, ma il concetto e’ applicabile anche a una flotta di satelliti ottici:
Ganzo, no?
Anche un po’ inquietante, perche’ questa roba (e questa, ripeto, e’ UNA delle tre o quattro costellazioni che si faranno) apre scenari che il Grande Fratello gli fa una pippa; ma sara’ il futuro prossimo, sappiatelo.
E forse ci aiutera’ anche ad essere un po’ piu’ sicuri dagli attacchi terroristici…
Sono le scritte che tappezzano i muri dell’Universita’ di Stoccarda, e le strade del centro.
All’Universita’ ho trovato queste, splendide per il loro pertinace attaccamento al comunismo anni ’60 (contaminato dal tifo calcistico degli uligani locali, e da chissa’ cos’altro):
Quest’altra e’ invece in centro, all’uscita della stazione StadtMitte:
Colonna sonora acustica, dai Last Internationale. Che quando si parla di falce e martello ci stanno sempre bene:
Per la serie “il culo e le quaranta ore”, due notizie cultural-tecnologiche mentre aspetto l’imbarco da Orly.
La prima e’ corredata da foto d’ordinanza, e mostra due dei best seller francesi del momento:
Se il libro in alto a sinistra non stupisce piu’ di tanto, quello a destra ha un che di -come dire?- scatologico. Il titolo incuriosisce: “Il fascino segreto dell’intestino“, e sottotitolo anche migliore “tutto su un organo malfamato“. Sarei curioso di leggere il contenuto, probabilmente incentrato sull’idrocolonterapia, ma lascio perdere, forse e’ meglio.
Quindi passo al lato “b” del post, quello tecno. Che parla di Apple e del nuovo sistema operativo iOS9, arricchito da una ficiur assolutamente fondamentale per tutte le donne in età fertile. No, non si tratta di robe porno, ma di questo qua sotto:
Cliccando l’immagine si arriva all’articolo, che scatenera’ l’entusiasmo dei Mac lovers e l’invidia dei poveri utenti PC o Android.
Io, per riprendermi dallo smacco, mi faccio una birra…
Ma cosa c'è dentro un libro? Di solito ci sono delle parole che, se fossero messe tutte in fila su una riga sola, questa riga sarebbe lunga chilometri e per leggerla bisognerebbe camminare molto. (Bruno Munari)