Archivi categoria: raddrizzare le banane e’ il lavoro del futuro

La mia risposta alla crisi mondiale

(Di)Visioni diverse #2 e #3

E’ un filone inesauribile, come già sospettavo.

Ieri avevamo questo parallelo:

Stamani la situazione è la seguente:

E’ abbastanza evidente come la linea editoriale de “La Nazione” prediliga -al netto della carenza di morti eccellenti/truculenti- una titolazione “da cronaca locale” con aggiunta di contenuti speciali (ad oggi dovremmo dire “premium”) variegati e del tutto scollegati dalla notizia principale -la giornata dell’acqua e i mondiali (di cosa, poi?)-, mentre “Il Tirreno” punta al solito so(l)do e alle tasche dellagGente.

In tempi bui come questi, presumo che la praticità del secondo quotidiano locale paghi più del tentativo di aggrapparsi alle chiacchiere da comare del primo, ma è una mia impressione (peraltro supportata dal fatto che nel bar dove in genere prendo il caffé quando lavoro da remoto l’unico quotidiano a disposizione è appunto Il Tirreno…).

Una nota per chi non è lucchese (i.e., tutti fuorché me): nella civetta del Tirreno in alto, la notizia su sfondo nero riguarda le prossime elezioni comunali, alle quali concorrerà anche (forse, non si sa ancora di preciso…) Giorgio Del Ghingaro. Che ha una storia molto simile a quella di Mourinho: prima sindaco di Capannori (il mio comune natale, uno dei più grandi d’Italia con i suoi quasi 170 chilometri quadrati di estensione) sotto le insegne del PD, poi -dopo due mandati- si candida in una lista civica di sinistra alle elezioni comunali di Viareggio (??!!!!) e VINCE, da straniero in terra straniera. Adesso -con la città di Viareggio in subbuglio perchè la sua amministrazione ha sostanzialmente risanato un comune oltre l’orlo del fallimento- è tra i papabili a Primo Cittadino di Lucca, ma dice di voler correre solo sotto la bandiera di una lista civica col suo nome, senza simboli politici a far ombra a se stesso.

In una parola: l’attuale stato della politica italiana, fatto di personalismi più che di idee. Che magari ci sono anche, per carità… Ma quello che conta è primariamente la faccia.

Ad onore di Del Ghingaro, c’è da dire che lui la faccia ce la mette sempre -nel bene e nel male-, e che riesce a fare cose che i nostri politici a Roma si sognano.

Forse proprio perché lascia i partiti in quarto piano?

Commento musicale che non c’entra nulla con il resto di Anna Calvi:

Barney

Non è un paese per vecchi, né per giovani

Mi riaffaccio qua intanto per dare presenza della mia esistenza in vita, il che non fa mai male.

Poi per raccontare un episodio piccolo che m’è capitato qualche giorno fa.

Dunque: saprete che esiste questo fantasmagorico Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (o PNRR per gli amici), che mette a disposizione del nostro paese una caterva di miliardi di Euro, parte a fondo perduto (traduzione: gratis et amore dei), parte da restituire ma ad interessi agevolati. Questa carrettata di soldi va impiegata per far ripartire il carretto Italia: per ammodernare le Pubbliche Amministrazioni, per realizzare infrastrutture, per supportare la transizione verso Industria 4.0 (qualsiasi cosa ciò significhi, ovviamente)… cose così insomma.

Questa montagnola di soldi è un’opportunità, ma anche un problema per l’Italia perchè va impegnata prestissimo e secondo criteri che dovranno passare il vaglio della Commissione Europea. Insomma: non si può fare alla cazzo di cane come al solito, né usare il malloppo per “ridurre le accise sul gas e la benzina” (cit. Meloni e Salvini), né tantomeno rifinanziare il reddito di cittadinanza per come è oggi.

Queste due condizioni (spendere PRESTO e BENE) hanno già prodotto nel settore di cui mi occupo io (lo Spazio) la simpatica conseguenza che una buona fetta di investimenti italiani per l’industria aerospaziale, volti soprattutto allo sviluppo di sistemi satellitari di osservazione della Terra, sono stati dati in gestione all’ESA (l’Agenzia Spaziale Europea) invece che a strutture nazionali. Si tratta di circa 1,4 Miliardi di Euro, non esattamente bruscolini, e la gestione di bandi, controlli e collaudi costerà all’Italia il 6% di quei 1,4 Miliardi di Euro.

Intendiamoci: questi soldi dovranno essere spesi da aziende italiane, e dovranno generare profitto in Italia, e l’ESA non è poi così inefficiente nel gestire grandi programmi. Però questa scelta è un segnale: come paese non siamo bravi (pietoso eufemismo) ad allocare soldi dove servono, né tantomeno a spenderli velocemente.

Ma veniamo a me.

Leggo pochi giorni fa, a fine novembre, che c’è un bando pubblico per la selezione di esperti che supporteranno i vari Ministeri nella gestione del PNRR. Bene: è un lavoro a tempo, si tratta di cose che conosco abbastanza bene (e aggiungo che le conosco “dalle due parti” per aver lavorato in entrambe: quella della Pubblica Amministrazione che bandisce le gare ed eroga i finanziamenti, e quella dell’azienda che risponde ai bandi e spende i soldi), pagano -per una volta- molto bene… Decido di candidarmi, alla fine saremo in migliaia e anche se fossi selezionato potrei rinunciare (nel caso di un attacco di pazzia improvvisa, dico).

La candidatura si fa solo attraverso il “Portale del Reclutamento” (quando leggo “Portale” io pronuncio “Porcale”, metto mano alla bestemmiatrice e imposto il tiro sulla raffica) della PA.

E va fatta molto velocemente. perchè il tempo concesso è dal 30 novembre al 6 dicembre 2021. Una settimana scarsa.

Ok, andiamo sul Porcale.

Si entra solo con SPID. Bene: ce l’ho. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto con errori di server da ambo le parti (quello delle Poste Italiane che mi ha cortesemente offerto lo SPID gratis, e quello del Portale del Reclutamento) scopro che servono due devices, perche’ con quello su cui hai lo SPID devi inquadrare un QRCode dalla pagina del Portale, ma alla fine riesco ad entrare e il sistema riempie le prime tre o quattro caselle della domanda di partecipazione (nome, cognome, sesso, data di nascita e codice fiscale). Eccellente partenza, invero.

Da qua in poi si deve “caricare il Curriculum“. Che non significa prendere l’ultimo CV che hai, magari in formato Europass, magari in inglese, oppure connettere il Portale alla tua pagina Linkedin.

No: significa proprio riempire tutte le fottute caselle, tutte fottutamente indispensabili per passare a quelle successive.

Bene, e’ sabato e mi metto di buzzo buono nell’impresa.

Che fallisce immediatamente allo step 1: Titolo di studio.

Io non è che non abbia titoli di studio, eh? E’ che essendo oramai cinquantaquattrenne, e non avendo mai dato alcun significato al pezzo di carta non ho copie incorniciate di Laurea e Dottorato di Ricerca per la casa. Mal me ne incoglierà, come vedremo.

Le caselle da riempire sono:

  • Ciclo di dottorato seguito
  • Data di conseguimento del titolo
  • Università che l’ha rilasciato
  • Votazione

La tesi di Dottorato la discussi nel 1997, ma la data esatta è buio totale. Cerco disperatamente di ricordarmi almeno il ciclo, scopro che è(ra) il IX (dell’era fascista, probabilmente…), e provo a vedere se in rete esistono dei database. Ne esiste uno gestito dal CINECA che però parte dal XII ciclo (borbonico, suppongo) e da questo database si ottiene quasi nulla di significativo, non certamente i nomi dei vincitori del concorso, ad esempio. Né tantomeno la data di conseguimento del titolo.

Ok, piano B: scrivere all’Università che ha rilasciato il titolo. Nel mio caso dovrebbe essere Roma 1, l’esame finale lo feci lì oramai più di vent’anni fa. Dal sito riesco a trovare un indirizzo email dell’ufficio Dottorati, e scrivo per sapere come caspita si fa ad ottenere un certificato di addottoramento. La risposta anonima (che inizia con un inconcepibile “Gentile Dott.ssa” che non mi offende per nulla, ma che la dice lunga su quanto devono aver letto la mail in quell’ufficio) arriva a bando oramai chiuso da un par di giorni; mi si dice che tutti i certificati di Dottore di Ricerca conseguiti fino al 1999 possono essere richiesti esclusivamente al MIUR secondo le modalità che un cortese link mi spiega.

Intanto apprendiamo immediatamente che “I Diplomi non possono essere spediti per posta“. Quindi, per entrare in possesso della pergamena che attesta che ho il titolo io devo andare (o mandare qualcuno con delega firmata da me) direttamente al MIUR, avendo cura di aver con me:

  • il certificato sostitutivo del titolo, rilasciato dalla Università dove è stato sostenuto l’esame finale, dopo la consegna degli attestati di deposito delle tesi presso le Biblioteche Nazionale di Roma e Firenze;
  • una marca da bollo di € 14,62.

Per la marca da bollo nessun problema, per il certificato sostitutivo invece temo che dovrei mettermi a scavare in qualche antro-segreteria alla ricerca di quel “certificato sostitutivo” che incautamente mi pare (non ne sono sicuro) di non avere mai richiesto.

Capirete che non ho applicato, alla fine.

Ma questa storia è paradigmatica di come funzionano le cose nella Pubblica Amministrazione, anche quando ci sono –forse, gli dò il beneficio del dubbio- le migliori intenzioni di fare qualcosa per bene:

  • Hai un problema grosso (spendere i soldi presto e bene, ricordiamocelo), e ti accorgi che con la struttura inefficiente che hai (la macchina della Pubblica Amministrazione Italiana) non lo potrai gestire.
    1. Se sei Colao, applichi la soluzione semplice ad un problema complesso: deleghi a qualcuno che si suppone sappia gestire ‘ste cose (per ESA 1,4 Miliardi da gestire sono bruscolini, alla fine).
    2. Altrimenti fai un bando per selezionare chi potrebbe aiutarti, MA…
      • Tieni aperto il bando per sei giorni (forse perchè la presa di coscienza che il problema è grave c’è stata tardivamente…), e
      • Alla fine selezioni “naturalmente” chi in questi contesti ha già tutto pronto: il concorsista pubblico seriale. Che è esattamente colui di cui NON HAI BISOGNO.

Vorrei spendere due parole sull’ultimo punto. In casi come questi dove i soldi che gireranno sono parecchi e le possibilità di -come dire?- circuire il finanziatore (ossia lo Stato) numerose, sarebbe il caso di arruolare nel novero di coloro che controllano le cose qualcheduno esperto in -come dire?- circuiti circonvenzioni. A partire dall’inizio, ossia da quando si scrivono i bandi, per continuare nella loro assegnazione tramite gara e nel controllo degli stati di avanzamento. Per prendere un pirata informatico non assumi un programmatore PHP, per dire: meglio convincere un hacker a lavorare per te, perchè i trucchi per sfondare il tuo firewall l’hacker li conosce, probabilmente il programmatore PHP no.

Non so cosa ne sua uscito, dalla selezione ultrarapida con modalità da PA old style di centinaia di “tecnici” di supporto all’attuazione del PNRR. Per me poco di significativo, a parte l’avere impegnato un par di milionate per il pagamento delle consulenze. Per arrivare alle centinaia di miliardi bisognerà fare molto, molto di più.

Perché alla fine, come cantava Lou Reed, raccoglierai quel che hai seminato.

Barney

Minicronaca casuale dell’ultima settimana

Succedono cose interessanti e varie, sul palcoscenico del mondo.

Abbiamo un Presidente americano che sta iniziando a credere nel virus e nei sondaggi  (il che è un gran passo avanti rispetto a credere in Babbo Natale e ai gargarismi con la candeggina), che lo danno ben al di sotto di un Joe Biden sul quale non avrei scommesso neanche mi avessero regalato il biglietto, e siccome non vede all’orizzonte altro modo per risalire allora comincia ad avvelenare i pozzi e pone le basi per l’ingovernabilità del paese (con buona pace di chi ancora pensa che a Trump interessi, il paese…): il voto di novembre sarà sicuramente fallato ci dice, massimamente se lui dovesse perdere, per cui forse sarebbe meglio NON votare. Cosa mai successa nella storia USA, ma mi pare che il personaggio sia -come dire?- al di là della storia. E anche della fantascienza, a meno di non mettere nel mucchio anche “Idiocracy“…

Da noi, visto che un Presidente del Consiglio poco più che mediocre sta riuscendo a stare a galla (giusto per far capire di che livello è l’opposizione…), e a costo di enormi sacrifici -a volte assurdi- imposti alla popolazione ha contenuto per il momento il COVID-19, i sovranisti non han trovato di meglio che riprendere i vecchi ritornelli, in cui i negr gli immigrati sono la colpa di tutti i mali, inclusa l’epidemia che però è inventata nei giorni dispari, mentre in quelli pari ci si può scagliare urlando come assatanati contro la mascherina liberticida. Ma non contro i camici, soprattutto se son venduti da parenti. Il risultato al momento è che Fratelli d’Italia ruba gli elettori alla Lega, e Berlusconi li ruba al PD e forse a Italia Viva, parlandone come se davvero la creatura di Renzi continuasse a respirare.

Per cercare di dare fiato a un Salvini spompato, qualche giorno fa i senatori hanno ben pensato di votare a favore dell’autorizzazione a procedere per le note vicende di navi ONG non fatte attraccare, un annetto fa (tra l’altro quando Presidente del Consiglio era lo stesso Giuseppe Conte di oggi…). Il tenero Matteo non ha perso tempo nel dipingersi come novello Cristo mandato sulla croce per mondare i peccati degli uomini, ma la cosa fantastica è che l’house organ della Lega (il Tg2) è riuscito a dare la notizia che il Senato aveva votato contro l’autorizzazione, per poi rettificare “parzialmente” (parzialmente??) lo scoop a fine tg.

Per cambiare leggermente bersaglio, oggi leggo che uno studio americano certifica l’ovvio: chi si documenta primariamente sui social media è in buona sostanza un ignorante sesquipedale in quasi tutti i campi.

L’unica eccezione sono -ma va?- le fake news, ambito in cui i soggetti in questione non hanno rivali.

E tutto torna.

 

 

Barney

Paura e delirio a Las Vegas

Il drammatico omicidio di George Floyd ha scatenato una serie di reazioni in tutto il mondo.

L’ovvio motivo è che la ragione principale ed unica per cui Floyd è stato assassinato da un poliziotto (con la connivente partecipazione di altri agenti in divisa) non è qualcosa che aveva fatto, ma il colore della sua pelle.

Non ce la faccio a capire come si possa considerare un essere umano inferiore o peggiore di un altro per come è esteriormente… ma anche per i suoi gusti sessuali, la sua religione, il voto che esprime alle elezioni politiche (si, anche se vota Lega): siamo tutti esseri umani, ed essere diversi è la nostra forza di specie dominante nell’unico pianeta abitato di questa piccolissima parte della Galassia.

Non ce la faccio, ma faccio enorme fatica anche a capire alcune delle risposte a questi drammi purtroppo non infrequenti. Se la rivolta contro la polizia di Minneapolis la capisco (la rabbia è un sentimento umano, così come la voglia di vendetta), così come le manifestazioni di supporto alla famiglia, mi cadono le braccia quando sento che HBO ha ritirato dai suoi cataloghi “Via col vento”, perchè considerato razzista. Certo che è razzista: descrive un’epoca in cui il razzismo era -purtroppo- naturale, come respirare. E proprio perchè descrive il passato dovrebbe servire a chi vive oggi per capire che essere bianchi o neri non è la cosa importante, e che il razzismo è una roba da idioti.

Pensavo che si fosse toccato il fondo con la HBO (e la Migros che toglie dalla circolazione i moretti). Poi mi capita sotto mano questa notizia qua. E penso che stiamo impazzendo.

Tutti.

Perchè se qualcuno ha paura di un gioco che ha ventisette anni, giocato da decine di milioni di persone in tutto il mondo, se qualcuno pensa che cinque o sei carte pubblicate nel 1994 e ancora in gioco oggi possano instillare nel giocatore l’odio razziale, beh, siamo alla frutta.

La conferma che la situazione è grave ma non seria me la dà un’altra notizia, questa: uno degli inventori di ZFS, un filesystem Sun usato inizialmente nelle workstation Solaris, ha proposto alla fondazione OpenZFS di cambiare il termine “slave” che in informatica classica si accoppia -come nel BDSM- a “master” in un più politicamente corretto “dependent“. Ora, va tutto bene. Ma che un programmatore, quando scrive relazioni tra processi principali e secondari abbia in mente i negrieri e gli schiavi a me personalmente pare del tutto improbabile. Poi, fate voi… Qua c’è una interessante discussione sull’argomento tra geek e amanti del politicamente corretto, con i primi che proprio -come me- non capiscono di cosa stiamo parlando (del nulla, probabilmente…) e i secondi che si affannano a spiegare l’inspiegabile (almeno per me, sarò duro ma non capisco proprio il problema).

Ecco alcuni commenti:

Utente A:
I think it’s a bit of a stretch to call the use of master/slave in technical terminology “racist”, because A) I think it’s pretty clear there was no racist intent and B) slavery has been around since approximately forever and is not intrinsically a race-based relationship.

However, there is absolutely no good reason to keep this terminology in technical language, it obviously has the potential to be offensive, and people who object to dropping this terminology probably have some underlying prejudices they need to get over.

Good riddance.

Utente B:

The intent might not be racist; the effect is. And that’s what counts.

Cui l’Utente C risponde così:

I’ve got nothing against dropping “master/slave”. But now is the next target “male/female” connectors because there isn’t a third choice? Or is just “male/female” somehow sexist on its own?

I’d entertain suggestions on new gender-less terminologically for connectors.

Sure, I’m a little out there on this – but you have to admit it could come to this.

E l’Utente C ha ragionissima, da vendere. Io aggiungerei di prendere in seria considerazione -oltre alle whitelist e blacklist citate in commenti poco sopra- il cambio di nome ai “white papers“. Li farei diventare “plain grey” per non sbagliare.

Un altro utente (Utente D) risponde a Utente A cosi’:

Utente A:
However, there is absolutely no good reason to keep this terminology in technical language, it obviously has the potential to be offensive, and people who object to dropping this terminology probably have some underlying prejudices they need to get over.
Utente D:

I’m guessing the argument would fall under a couple of categories.

The first would likely be “just doesn’t seem worth the effort”.
The second would be “it’s clear and presently understood terminology and replacing it for aesthetic rather than technical reasons has a questionable ROI”… kind of like refactoring without a use-case for doing so.

I suppose I might also wonder if there is an idea where we should draw the line? Given issues of gender in modern society, will the male/female terms for identifying ports and plugs need to be revisited? What about “blacklist” and “whitelist”? Are there other terms that are going to be politically sensitive? What do we do if/when the sensitivities change? Is “dependent” really that far from being politically charged (think about how “entitlement” and “liberal” have become practically slanderous)?

I can’t say that I’m in the group that cares one way or another; but it seems to me your “if you disagree: you are prejudiced” is, literally, a prejudice, a preemptive ad-hominim fallacy, and poisoning the well.

E anche D ha perfettamente colto il punto, a mio modesto avviso.

Perchè “L’intento non è razzista, ma l’effetto si” è uno statement che si può applicare a tutto: “l’intento non è fascista/sesssita/comunista/juventino/vegano/omosessuale, ma l’effetto si, ed è questo che conta“.  Senza considerare per quanti soggetti l’effetto è “x” (soggettivamente, non obiettivamente) , la regola vale davvero per qualunque cosa, e allora meglio smettere anche di pensare.

L’antirazzismo e il pensiero razionale non vanno imposti: vanno insegnati a scuola. Dal punto di vista prima di tutto scientifico (e infatti i nazisti dalla scienza iniziarono, per definire gli ebrei un popolo inferiore), poi culturale.

Se abbiamo paura di un film, di un cioccolatino, di un paio di carte da gioco, di concetti informatici da programmatore… non penso vi sia alcuna speranza che in futuro un altro George Floyd non venga assassinato di nuovo esattamente per lo stesso motivo per cui l’hanno ammazzato a Minneapolis una decina di giorni fa.

 

Barney

 

A simple prop to occupy my time

Come sa bene chi mi conosce io adoro discutere con chi non la pensa come me, su qualsiasi argomento. E’ per questo che tra i vari contatti sui social media ho gente (o gGente) che chi mi conosce poco non sa spiegarsi: complottisti, sovranisti, populisti, credenti nelle peggio puttanate scientifiche, antivaccin… no, aspetta: quelli no.

Bene, tra i miei contatti c’è un tizio (di cui non dirò il nome) che ha fondato un partito politico (che non svelerò), partito che si è addirittura presentato alle scorse Europee.

Costui posta ininterrottamente su Facebook frasi apodittiche in cui Soros, la UE, il MEC, il PD, il signoraggio, l’usura e qualcos’altro che adesso mi sfugge si scambiano i ruoli ma alla fine il risultato è lo stesso: dobbiamo stampare subito 100 Miliardi di Euro per poterci salvare. Ah, prima bisogna riprendere la sovranità monetaria, ovviamente.

Più o meno le cazzate di Borghi sui miniBOT-Torte di Fango, argomento che mi sta particolarmente a cuore perchè per credere a una vaccata simile devi spegnere il cervello dopo avere inalato gas mostarda.

Ordunque, qualche giorno fa mentre aspettavo il treno per andare al lavoro apro Facebook, e mi appare il messaggio del tizio in questione, che fa più o meno così:

Ogni 18 minuti un greco si toglie la vita. Colpa dell’€uro. Se l’Europa sapesse, potrebbero salvarsi.

Mi colpisce la frequenza (uno ogni 18 minuti, non ogni 20), e penso che se uno scrive una cosa simile ci deve essere qualcosa di vero. E mi metto a fare quello che faccio sempre: cercare i numeri. Non mi aspetto di trovare esattamente 29.200 (uno ogni 18 minuti, moltiplicato per 24 ore, moltiplicato per 365 giorni) casi di suicidio l’anno, in Grecia, ma almeno una frazione significativa di quel numero si (SPOILER: che cretino che sono…).

Con una ricerca che mette a dura prova l’algoritmo di Google, quindi al di fuori della portata dell’utente sovranista medio di un social media a caso (“numero di suicidi in Grecia”), arrivo come risultato numero due (ricordatevelo, questo particolare) della ricerca ad una pagina scritta da Soros, dalla Merkel e dai membri della Trilateral Commission a una riunione del Club Bilderberg (“Wikipedia”), questa qua per la precisione.

L’infida pagina mi avverte che tutto quello che leggerò da quel momento in poi è derivato dai dati di un’altra organizzazione sionista-illiberale-comunista-gender (l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per gli amici OMS), e mi snocciUola subito una tabella lunghissima con l’elenco delle nazioni, e il numero di suicidi ogni 100.000 abitanti -addirittura con tassi di suicidi maschili e femminili-.

Sono fiducioso di trovare la Grecia nelle prime posizioni, non proprio al top ma vicino. Invece, dopo l’esorbitante 83 suicidi ogni 100.000 abitanti della Groenlandia, trovo la Lituania (con un tasso di 36,7), la Corea del Sud, la Guyana…

Ma dove sta la Grecia?

Scorro la classifica.

Al 10° posto c’è la Lettonia, al 20° il Bhutan. La Grecia non è ancora uscita, e siamo già scesi a 16,7 suicidi ogni 100.000 abitanti. Gli USA occupano un decente 30° posto, il Canada è 40°, la Serbia 50°, al 64° posto troviamo l’Italia con 6,5 suicidi ogni 100.000 abitanti, al 70° c’è Panama, all’80° abbiamo l’Honduras e finalmente, all’ottantottesimo posto in questa poco invidiabile classifica, troviamo la Grecia. Con 3,5 suicidi ogni 100.000 abitanti.

Si, i dati sono del 2009, ma siccome in Grecia vivono un po’ meno di 11 milioni di persone, in quell’anno si sono suicidati -a stare larghi- in 400.

Ma i dati sono del 2009. E il primo risultato della difficilissima ricerca su Google mi dava un articolo allarmante, dal titolo “Grecia, ma quale fine della crisi: è record suicidi, sanità al collasso“, che citava senza linkarlo un report della Commissaria UE per i Diritti Umani.

Ho quindi scaricato il report (è difficilissimo trovarlo. Una ricerca sul deep web -Google-con il nome della Commissaria e “Greece report” vi fa infatti scaricare tutte e 28 le pagine in un formato illeggibile -pdf-) e cercato “suicide” nel testo. Lo troviamo tre volte, e il dato dell’aumento dei suicidi (che viene dato così: “il tasso aumenta del 40% dal 2010 al 2015“) è ricavato da uno studio scientifico linkato pero’ come notizia su un sito giornalistico greco (tecnicamente lo si definirebbe “un link alla cazzo di cane”). Che tra l’altro sbaglia a citare gli autori (si diceva “a cazzo di cane”, appunto). Ma qualcuno (non io) l’ha scovato, è un lavoro serio, addirittura pubblicato su Nature, e riporta il numero di suicidi in più, in Grecia, nel 2014 rispetto al 2009. Anno in cui abbiamo visto i suicidi siano stati (cito me stesso) “400 a stare larghi”. Ecco, nel 2014 i suicidi in più sono stati 174. CENTOSETTANTAQUATTRO. Ovvero, nel 2014 in Grecia ci sono stati più o meno 574 suicidi.

Che a casa mia e anche a casa vostra non fanno in alcun modo “un suicidio ogni 18 minuti”, nè tanto meno 29.200 suicidi l’anno.

Qualcuno -i sopravvissuti sin qui, quelli che non sono andati ad ingrassare le fila dei suicidi nostrani- si chiederà dove stracazzo voglio andare a parare.

Il punto è che quel post del tizio che non nominerò ha raccattato un’ottantina di “like” (‘na miseria, diciamolo), e dieci commenti. Tre sono miei, molto meno prolissi di questa roba qua: nel primo riporto la pagina di Wikipedia e i calcoli fatti al volo su quanti suicidi c’erano stati l’anno prima in Grecia. Dopo poco una tizia commenta “Ma perchè nessuno ne parla??22???“, a lei rispondo “semplicemente perchè i dati sono falsi. In breve, è una cazzata“. Il terzo mio commento è in risposta ad un successivo tizio che chiedeva “Qualcuno sa quanti sono i suicidi in Italia all’anno?“. Rispondo che lo so io, e che avrebbe potuto saperlo anche lui, visto che avevo dato sia i numeri che il link per controllare dieci minuti prima.

Sono serviti a qualcosa, i miei commenti?

Se almeno uno dei due cui ho risposto s’è fatto venire il dubbio, direi di si.

Ma sono un inguaribile ottimista…

 

Ah, qualcuno penserà adesso di ascoltare “The one I love“, dato il titolo del post. E invece vi beccate “Drive”, son sempre i R.E.M..

Se non ci credete, cercate su Google.

 

 

Barney

 

Sardine e Salvini

Vado subito al punto, così sia le Sardine che i leghisti afferreranno almeno il succo dello sproloquio: i due movimenti “d’opinione” sono esattamente la stessa cosa vista da due punti diversi.

Se infatti Salvini è un maestro nello scovare soluzioni semplici (comprensibili da tutti, massimamente dai suoi elettori) a problemi complessi (che nessuno dei suoi elettori capisce), le Sardine sono perfette nel non vedere i problemi reali e purtuttavia nel definire soluzioni ipercomplesse ad altre questioni non centrali.

Il vero problema dell’Italia non sono né le sardine, né Salvini: è il fatto che la quantità di persone che provano a ragionare sulle cose in maniera acritica e senza sembrare tifosi da curva Sud è in costante diminuzione.

Pensare è diventato faticoso, insomma.

E allora si lascia tutto in mano a Salvini, che chiede le firme per abolire il MES a persone che non sanno un cazzo né del MES né di Europa, né di finanza. Ma si fidano di Salvini (che non sa un cazzo di nulla nemmeno lui, ma sembra esperto perchè ammanta il suo non saperne un cazzo di nulla di visione profetica, manco fosse il nuovo Messia), quindi firmano per l’abolizione di un accordo a loro ignoto sia nei termini che nelle conseguenze.

Dall’altra parte ci sono le sardine, che invece che guardare la Luna (ovvero i problemi strutturali di un paese in declino da trent’anni, per mille motivi che se volete vi dico, ma sarebbe lunghissimo. Quindi fidatevi, come vi fidate di Salvini) si fissano a osservare il dito (ovviamente il Salvini di cui sopra). Interrogate su questioni “di sostanza” le sardine dimostrano pure loro di non sapere un cazzo di nulla, mi dispiace dirlo ma è così. Come i leghisti i sardiniani inseguono una vulgata senza contenuti, come i leghisti fanno del numero di consensi il termometro del nulla che propugnano.

“Mangiate merda, milioni di mosche non si possono sbagliare” è una didascalia che si può applicare ad entrambi gli schieramenti, se andiamo a vedere i contenuti dei rispettivi messaggi.

Beh, questo è quanto; costretti a scegliere tra il nulla e lo zero assoluto, senza alcuna capacità di approcciare analiticamente i problemi, l’Italia è un paese in cui il messaggio quotidiano delle 18,40 della Madonna di Medjugorjie ha la stessa valenza di un teorema di geometria non euclidea: nessuno capisce un cazzo né dell’uno, né dell’altra.

 

Barney

 

 

The end

Forse il governo Serpeverde è arrivato alla fine.

Dico forse perchè anche dopo la sfiducia del CapitOne, recapitata stamani al Senato, non si può escludere l’ennesima giravolta.

Ma il paziente è messo parecchio male.

Stamani si sperticavano le spiegazioni sul perchè er Felpa avesse accelerato i tempi nelle ultime ventiquattro ore.

La vulgata classica dell’Homo sapiens medio, quello che dopo anni di televisione, serie TV, social media e reality show riesce ancora ad articolare un pensiero compiuto, è che nessuno della Lega ha voglia di prendersi la responsabilità dello sfascio dei conti che -come un muro di cemento armato- si avvicina a gran velocità al redde rationem del DEF di autunno. Lì anche il valligiano più convinto che la colpa di tutto è dei negri che ci invadono potrebbe avere un barlume di ragionevolezza, e accorgersi che la colpa è tutta dei politici. Inclusi quelli che ha votato lui.

Una lettura facile, con abbondanti dosi di verità, che sposo anche io assieme all’omino del mio cervello. Il quale però aggiunge anche la semi-bocciatura del Decreto Sicurezza bis, ieri promulgato da Mattarella “salvo intese” (come direbbero i Serpeverde) e con abbondante dose di schiaffetti al Ministro dell’Interno, il quale non l’avrà certo presa bene.

Quindi, elezioni a ottobre.

Forse.

Quello che è sicuro è che avremo l’invasione di tutti i mass media, più di quella attualmente in corso, con dirette Facebook dalle otto alle 22, senza soluzione di continuità. Con tanti bacioni ad amiche ed amici, e tante promesse che al prossimo giro, con le mani meno legate, vedrai come si risolvono i problemi della nazione!

A cominciare dai negri, ovviamente.

 

Nell’attesa, i Pulp: ci stanno sempre bene.

 

Barney

 

Biometrics

Ad aprile scorso è venuto fuori per la prima volta che alcune compagnie aeree, in alcuni aeroporti, usano un sistema di riconoscimento facciale al posto del controllo del passaporto per farvi accedere al vostro volo. La cosa è abbastanza esplosa da aprile, e i boarding biometrici sono oramai diffusissimi.

Ci sono mille motivi per cui questo non è buono, a cominciare dalla vostra privacy, e prima o poi dovrò scrivere un racconto su come la tecnologia si sta diffondendo e prende possesso delle nostre vite (chi usa Alexa in casa, o un qualsiasi assistente vocale sullo smartphone spero abbia notato quanto sono intrusivi questi sistemi [1]), ma se proprio devo scegliere un esempio del perchè il buon vecchio controllo umano è migliore, beh, c’è questo pezzo qua che dovrebbe bastare.

In sintesi: un sistema per riconoscere dei sospetti attraverso un sistema di riconoscimento facciale biometrico in prova alla polizia londinese ha cannato nell’81% dei casi. Su 5 fermati, 4 si sono rivelati assolutamente estranei a qualsiasi fatto criminale. Un lancio di dadi avrebbe fatto meglio, e meno male che il sistema è in prova, e che prima di agire qualcuno (un uomo) ci abbia pensato tre volte, altrimenti avremmo avuto un ottimo mezzo per sfoltire la popolazione mondiale.

Siamo solo all’inizio, e le cose non potranno che peggiorare.

 

 

Barney

 

[1]: due episodi che mi sono capitati nelle ultime settimane: una sera a cena parlavo con i miei figli di startup americane, e in particolare di quelle che producono e vendono beveroni energetici saltapranzo. Nessuno aveva il cellulare in mano, ma dopo la cena, appena sono andato su Internet, mi sono arrivate una decina di pubblicità proprio di questa roba, che io non ho certo cercato. Pochi giorni dopo, al lavoro, parlavo con dei colleghi, e a un certo punto ho detto “ragazzi, sono io il commerciale”. Dalla tasca di uno dei colleghi l’assistente di Google ha parlato “Hai cercato “Commerciale” nelle vicinanze. Ecco i risultati”.

 

Quello che c’era dietro le orecchie da coniglio, quel che ci sarà nelle urne di maggio

La scorsa settimana è assurta agli onori della cronaca tal “Candy Candy Forza Napoli”, che sulla pagina Facebook dell’INPS a supporto di chi ha fatto domanda per il Reddito di Cittadinanza è stata sbeffaggiata dal responsabile della pagina, stufo di spiegare per l’ennesima volta a Candy Candy -e per la millesima volta nella giornata- come si ottiene il PIN per creare un account sul sito dell’INPS.

La risposta famosa all’ennesimo “non so come fare, mi puoi aiutare?” è stata “beh, se sai postare un selfie con le orecchie da coniglio su Facebook, sei anche in grado di richiedere il PIN sulla pagina dell’INPS”.

Il che sembrerebbe avere una sua logica, ma purtroppo è completamente falso. Intanto azzardo un paio di previsioni sul responsabile della pagina Facebook dell’INPS (si, lo so che è una donna, ma il punto non è il suo sesso): è giovane, direi sotto i 35 anni, e non ha mai interagito con la pagine dell’INPS oltre alla schermata con cui si richiede il PIN.

Sul secondo punto torno dopo. Il primo punto non ha a che fare con lo scazzo (o la blastata, come hanno imparato a scrivere i giornalisti italiani) del curatore, ma con l’assunzione che chi sa postare un selfie con le orecchie da coniglio su Facebook abbia gli strumenti informatici minimi per essere autosufficiente al di fuori dei social media “classici”. Io che ho un po’ piu’ di 35 anni sono convinto che questo ragionamento sia non solo falso, ma pericoloso. E non per Candy Candy, né per il curatore della pagina INPS.

Facebook= internet= informazione è quello che pensa molta gente. Su Facebook sono capaci di andare tutti, il flusso di post è ininterrotto e l’interazione con gli altri utenti limitata a un like o a una faccina, spesso dati con la speranza che chi li riceve poi ricambi il gradimento sulla foto del gattino o sulla ricetta delle polpette di patate che andremo a postare noi.

Facebook= informazione è una equazione vera, ma non per gli utenti di Facebook. Tutti sanno dello scandalo “Cambridge Analytica“, qualcuno -spero- avrà visto il bel TED Talk di Carole Cadwalladr sul tema, di cui si trova agevolmente la traduzione in italiano (e se sapete postare il selfie con le orecchie da coniglio, ecc. ecc. ecc.). Il racconto delle sue interviste surreali in un paesino del Galles dopo il voto per la Brexit, è agghiacciante. In un posto dove il “Leave” ha preso più del 60% dei voti la gente si lamentava del fatto che l’Europa non avesse fatto nulla per loro (metà paese è stato ricostruito con fondi UE) ed era terrorizzata dall’invasione degli immigrati che secondo chi ha risposto invadevano le loro strade (risulta un solo immigrato in quel buco del Galles, dall’Europa dell’Est). Tutto questo l’avevano letto su Facebook, quindi doveva essere vero.

Certo, come no?

Facebook (ma anche Instagram, e Twitter) hanno il pregio di poter essere usati da tutti, e rappresentano un potente strumento di indirizzo delle masse (chiedete Goebbels come fosse importante negli anni ’40 controllare i media…). Sembrano anche strumenti controllabili, danno la finta consapevolezza di essere dei geni della tastiera perchè siamo in grado di tirare fuori gli emoticon in un clic (io neanche in sette), ma rendono l’iscritto un mago dell’informatica quanto il guidare una Panda renda me un pilota di Formula 1 (per togliere qualsiasi dubbio: non sono un pilota, in nessuna categoria).

Peraltro, l’uso eccezionalmente efficace che fa Luca Morisi (il guru del marketing online di Salvini) dei social media è dimostrazione del livello dell’elettorato generale di oggi (non ce l’ho solo con i leghisti, sia chiaro): dovesse affidare ad un articolo di giornale il nulla cosmico che questo governo produce ogni giorno il povero Luca si troverebbe in difficoltà. Invece, una foto e dieci parole a caso colpiscono il cuore dei fans, che rispondono con (immaginate un po’?) migliaia di like e fiumi di faccine. Preparatevi dunque ad un maggio fittissimo di foto, frasi a caso e like ancor più a caso di persone che poi andranno a votare convinte che gli zingari in Italia siano dodici milioni (cit. Gero Arnone), e che quello di cui c’è bisogno oggi è una Beretta calibro 9 in ogni casa col colpo in canna.

Ma siccome s’è fatto tardi arrivo all’altro punto della storia di Candy Candy Forza Napoli: il fatto che la poveraccia non riesce a interagire con il sito dell’INPS. Ecco, l’altro giorno ho scoperto di essere se non l’unico uno dei due o tre che tra i miei colleghi (una cinquantina di persone) usa il portale per la dichiarazione ISEE. Tutti gli altri vanno dal Patronato, e si parla di gente che se ti va male ha una laurea. In ingegneria. E io lo faccio perchè sono testardo, che se dovessi affidarmi all’usabilità di quel sito morirei di stenti nel tentativo di capire la logica da scimmia ubriaca che ha guidato la definizione dell’interfaccia e dei contenuti.

Ma forse il portale INPS è fatto così pour cause: perchè la gente “esperta” di Facebook continui a non capire un cazzo del resto, pur essendo convintissima di capire invece tutto, e molto profondamente.

Perchè gliel’ha spiegato Luca Morisi, che in effetti credo sia bravissimo a farsi i selfie con le orecchie da coniglio…

 

Barney

 

 

Caccia al cinghiale

Più della cattura dell’ultratrentennale latitante Cesare Battisti (di cui non si può che essere contenti) ha impressionato l’uso mediatico che il governo Serpeverde ha fatto della cosa. Certo, bello catturare un latitante (uno, eh? Ce ne sarebbero altre decine in giro per il mondo. Ma è obiettivamente un buon inizio, anche se si è iniziato da quello facile), ottimo metterlo in galera. Ma siamo sicuri che fosse necessario anche far perdere a lui -e non solo a lui- la dignità dovuta ad un essere umano?

Era soprattutto necessario il filmino da bimbominkia di Bonafede, con la musichetta in crescendo sotto, la presa delle impronte, la caserma scalcagnata, la foto segnaletica con le guardie che si alternano accanto al terrorista manco fossero a un matrimonio e dovessero fare la foto con la sposa? Che senso ha avuto, se non quello di masturbare l’ego del ministro e di pascere i seguaci grillini?

Stamani ho letto un commento di una sua elettrice:

“Un video non fa cineteca così come Bonafede non fa Orlando.
Ci sarebbe anche l’eccezione alla regola ma non c’azzecca.
Certo che se un video così l’avesse fatto Renzi mi avrebbe fatto cacare per traslazione.”

A parte le frasi affastellate alla stracazzo di cane, si noti immediatamente come alla parola 11 siamo già oltre il fatto commentato (il video di Bonafede) e dalle parti di “E allora il PD???“. Due righe e una ventina di parole dopo esce anche Renzi, e siamo a posto: il fatto è già dimenticato, concentriamoci su altro. Ovviamente il pezzo -giuro- si chiude con “Svegliaaaaa. E’ un’altra Italia, questa. O lo diventerà.

Certo, è un’altra Italia o lo diventerà: sarà questione di mesi, al massimo anni. Basta crederci, giustificare tutto quel che non ti piace dando la colpa a qualcun altro, e pregare la fatina dei dentini. Forse funziona, ma non credo. Magari in secoli, o al massimo in millenni.

Torniamo al video, che oltre a Bonafede vedeva protagonista -muto, per una volta: il regista non era uno del suo team, purtroppo…- l’altro ministro, quello che neanche padre pio (volutamente minuscolo) girava tanto il mondo per cercare una telecamera. Salvini, insomma, a prendersi il merito dell’arresto in quanto titolare degli Interni.

L’atmosfera e la scena dei due a Ciampino è stata sapientemente raccontata da Giuliano Ferrara in un tweet, questo:

ferrara

Lo vorrei leggermente modificare, il concetto.

Ferrara ha ragione quando parla di cani eccitati dal sangue della battuta di caccia, ma qua siam davanti non alla preda da trofeo: Battisti sembra invece il fagiano d’allevamento che compri dal macellaio e che al bar Sport spacci per qualcosa che hai catturato te. Siamo di fronte alla tronfia baldanza di due politici che pur di stare dietro alle loro agende social passano sopra alla dignità, anche alla loro dignità (per me, chiaro. Per i loro tifosi questo video sarà eccitante come un threesome su youporn, e Bonafede e Salvini sono i due novelli Rocco Siffredi).

Il video da bimbominkia non ci penso neanche a metterlo, poi i grillini si rieccitano, sporcano in terra e non sta bene.

 

Barney