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No Trump(s)

Il titolo si riferisce ad un contratto "chiamabile" a Bridge, 
maanche a Donaldone ovviamente 🙂

Di tutte le cose successe nell’ultima settimana negli USA a me sono rimasti impressi due episodi che mi pare non abbiano colpito l’immaginario collettivo.

La prima si riferisce alla oramai famosa telefonata minatoria al povero Segretario di Stato della Georgia, Raffensperger.

In un passaggio del delirante quasi monologo di Donald, Raffensperger riesce a prendere la parola e dice a Trump:
“Mr. President, the problem you have with social media, they… people can say anything”.

La risposta di Trump è passata inosservata ai più, ma a me ha colpito:
“Oh, it’s not social media. This is Trump media… I don’t care about social media, couldn’t care less…”, per poi continuare nel tentativo di intimidazione dell’interlocutore.

Ecco: la fonte di Trump sono i Trump media. L’oste che certifica la bontà del suo vino, il giocatore che arbitra da solo la sua partita perchè il referee ufficiale non è abbastanza di parte.

La realtà riscritta dal capo ad uso del capo, insomma. Ricorda molto da vicino un certo romanzo di Orwell…

Se dopo questa uscita qualcuno si chiede ancora se Twitter e Facebook sono stati antidemocratici a chiudere gli account di Trump, se questo atto è l’anticamera della censura staliniana… si rilegga il virgolettato di Donald qua sopra.
E si prepari ad un futuro in cui esisteranno due verità alternative, e due schieramenti in aperto scontro per decidere quale delle due è più verità dell’altra.
Qua non si tratta di andare dietro al mainstream “liberal” (che per inciso non capisco perche’ il mainstream debba per forza sempre essere liberal, ma andiamo avanti): si tratta di scegliere se credere a una sola campana (i Trump media, ricordiamocelo) o cercare di leggere ed ascoltare campane variegate, che includono sicuramente -almeno per me- i Trump media, ma anche tutto il resto.


Io non avrei chiuso gli account social dell’oramai ex-POTUS, ma capisco che con un clima così teso il non alimentare le fiamme del popolo “non mainsteam” (che a questo punto sara’ di destra O di estrema destra per definizione, no?) può essere una priorità. Altrimenti accadono quelle simpatiche cosine democraticissime tipo occupare Capitol Hill, roba mai vista in nessuno stato civile del mondo se non perchè c’era un colpo di stato in atto.


Con il risultato che dopo il 6 gennaio molti dei votanti per Trump, e la stragrande maggioranza dei manifestanti pro-Trump dell’assalto a Capitol Hill (sui quali tornerò a breve, brevemente) avranno un solo canale informativo, con la sua narrazione della realtà che per loro diventerà LA realtà. Tutto il resto sarà bullshit se va bene, oppure la trama del grande inganno globale che vuole azzittire Donald: il complotto pedofilo condito con adrenocromo, il Deep State, la congiura dei Savi di Sion e le Corporation che decidono il destino del mondo… tutto nel grande frullatore dei Trump media,ad alimentare la certezza di essere dalla parte giusta dello schieramento, con il nemico dall’altra che vuole solo fotterti.

Il secondo episodio è avvenuto durante l’assurdo assalto a Capitol Hill. A parte il resto, incommentabile a partire dai morti e dai feriti, la cosa che mi è rimasta in mente non è il coglione vestito da sciamano, con le corna in testa.
Durante le prime fasi della diretta CNN si è vista, per qualche minuto, una scena che avrebbe potuto tranquillamente essere stata girata a Berlino nei primi anni ’30: un circolo di “manifestanti democratici” che ha sfasciato completamente le attrezzature di una troupe televisiva (credo fosse la NBC, ma non è importante). Ci ho rivisto i roghi dei libri, lì dentro.

Ma sicuramente mi sono sbagliato, era tutto normale e civile.

Ecco: questa è stata l’ultima settimana per me negli Stati Uniti, visti da qua.
Siete liberi di pensare che Biden abbia vinto grazie a dei brogli inenarrabili (anche dopo che tutti i ricorsi dei Repubblicani sono stati rigettati perchè non consistenti), che Biden sia il male assoluto e che Trump il secondo Gesù Cristo, ma dopo questi sette giorni spero che un briciolo di dubbio almeno sul metodo vi sia venuto, a voi Trumpiani (qualcuno ha coniato lo splendido “Trumpanzé”, che mi pare faccia il paio con gli insulti alle “zecche rosse” da parte avversa).

Altrimenti, come dice sempre Giorgio “fatevi fottere” (amichevolmente, eh?).

Barney

Filosofia da muro #149

Oltre alle scritte, sui muri ci sono appiccicati a volte dei manifesti.

Possono essere manifesti funebri, pubblicità, anticipazioni di concerti e spettacoli teatrali, inviti a sagre e feste paesane…

Oppure possono essere robe come questa qua:

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L’assenza di timbri comunali indica una afissione abusiva, ma questo è francamente il minore dei problemi del nostro Filippo.

Già colpisce il colore, rosso sangue (che avrebbe voluto -immagino- essere un rosso passione), ma il messaggio e il font danno il colpo di grazia alla composizione, senza parlare del fatto che accanto all’opera d’arte di Filippo campeggia il manifesto della trentacinquesima sagra del rigatone…

Il font: deve essere della famiglia del Comics Sans, una delle cose peggiori che un word processor possa mettere nelle mani di un bimbominkia.

Il messaggio: a naso l’idea che il buon Filippo voleva dare al suo amore era una roba del tipo “non posso vivere senza di te”. Io cerco di immedesimarmi nel destinatario (o destinataria), e l’unica cosa che mi viene da dire è “bene: trattienilo, il respiro. Ma tanto, eh?”

La firma peggiora il tutto, ancora più Comics Sans, a dare l’idea di un corsivo fatto a mano.

Un consiglio non richiesto a Filippo: la prossima volta vai di bomboletta: la scritta risulterà sicuramente più onesta e sincera di questa roba qua sopra.

E ispirati a questa canzone, se vuoi parlare di respiro:

 

Barney

Biometrics

Ad aprile scorso è venuto fuori per la prima volta che alcune compagnie aeree, in alcuni aeroporti, usano un sistema di riconoscimento facciale al posto del controllo del passaporto per farvi accedere al vostro volo. La cosa è abbastanza esplosa da aprile, e i boarding biometrici sono oramai diffusissimi.

Ci sono mille motivi per cui questo non è buono, a cominciare dalla vostra privacy, e prima o poi dovrò scrivere un racconto su come la tecnologia si sta diffondendo e prende possesso delle nostre vite (chi usa Alexa in casa, o un qualsiasi assistente vocale sullo smartphone spero abbia notato quanto sono intrusivi questi sistemi [1]), ma se proprio devo scegliere un esempio del perchè il buon vecchio controllo umano è migliore, beh, c’è questo pezzo qua che dovrebbe bastare.

In sintesi: un sistema per riconoscere dei sospetti attraverso un sistema di riconoscimento facciale biometrico in prova alla polizia londinese ha cannato nell’81% dei casi. Su 5 fermati, 4 si sono rivelati assolutamente estranei a qualsiasi fatto criminale. Un lancio di dadi avrebbe fatto meglio, e meno male che il sistema è in prova, e che prima di agire qualcuno (un uomo) ci abbia pensato tre volte, altrimenti avremmo avuto un ottimo mezzo per sfoltire la popolazione mondiale.

Siamo solo all’inizio, e le cose non potranno che peggiorare.

 

 

Barney

 

[1]: due episodi che mi sono capitati nelle ultime settimane: una sera a cena parlavo con i miei figli di startup americane, e in particolare di quelle che producono e vendono beveroni energetici saltapranzo. Nessuno aveva il cellulare in mano, ma dopo la cena, appena sono andato su Internet, mi sono arrivate una decina di pubblicità proprio di questa roba, che io non ho certo cercato. Pochi giorni dopo, al lavoro, parlavo con dei colleghi, e a un certo punto ho detto “ragazzi, sono io il commerciale”. Dalla tasca di uno dei colleghi l’assistente di Google ha parlato “Hai cercato “Commerciale” nelle vicinanze. Ecco i risultati”.

 

Un florilegio di puttanate

I primi giorni dopo qualsiasi tornata elettorale italiana sono quelli in cui si sentono e si leggono le peggio idiozie. Come potevo quindi esimermi dal portare anche io il mio contributo al maelstrom, eh?

iniziamo con i risultati contestualizzati: si trattava di elezioni europee e, a parte il giochino di chi piscia più lontanto che serve ai partiti italiani a riposizionarsi (qualsiasi cosa ciò significhi) in uno scacchiere locale per poi riscuotere in termini di leggi, voti e ministeri, si dovevano mandare al parlamento Europeo dei nostri rappresentanti. I quali poi faranno politica in uno degli otto gruppi costituiti a Bruxelles e Strasburgo (più un gruppone di cani sciolti, che non si nega a nessuno). Al nostro paese spettano in prima battuta 73 scranni (diventeranno -forse- 76 quando -forse- il Regno Unito deciderà finalmente di uscire dalla UE. Forse, appunto).

Il Ministero di Salvin degli Interni ci informa che dei 49 milioni e rotti di aventi diritto al voto il 56% si è effettivamente recato alle urne. Di questi, il 34,33% ha votato (come sapete tutti) Lega, il 22,69% il PD, il 17,07% i 5Stelle, l’8,79% Forza Italia e il 6,46% Fratelli d’Italia. Sommando questi voti si arriva neanche al 90% (del 56% dei votanti), perchè l’Italia ha uno sbarramento al 4% che se non lo superi è come se tu non avessi partecipato alle elezioni. I 73/76 italiani andranno a costituire circa il 10% del parlamento, formato da 750 membri, dividendosi nei vari gruppi.

La cosa che mi ha colpito di più è che di questi 73/76 italiani, nessuno andrà nè nel raggruppamenti dei liberal-democratici, nè in quello dei Verdi/autonomisti, rispettivamente il terzo e quarto gruppo politico europeo. Uno o entrambi di questi gruppi sono indispensabili per la nuova maggioranza, che non può più essere il classico PPE+S&D, come si vede dall’immagine sotto:

EUParl2019

Sia ALDE che i Verdi sono molto cresciuti in Germania, Francia e Gran Bretagna. Da noi sono zero.Questo è un dato che a me fa una certa impressione, perchè disegna un paese vecchio, senza ideali ambientalisti e terrorizzato dal libero mercato (dal capitalismo vero, oserei dire). In effetti questa è una foto perfetta dell’Italia, e potrei fermarmi qua…

Dando uno sguardo a chi ha vinto, i 29 eurodeputati della Lega si troveranno sicuramente maggioritari, ma del gruppo Europa delle Nazioni e Libertà, che conta 58 sovranisti. Anche se si alleassero con il gruppo dei cattoconservatori dell’ECR (in cui andranno i 5 fratelli della Meloni), e con i seguaci di Farage di EFDD (vecchia casa dei grillini, che adesso non so davvero cosa faranno…) otterrebbero molto meno di 200 seggi, che -la matematica non è un’opinione- è ancora meno di 376, che poi è la maggioranza necessaria per governare.

Insomma, ‘sti sovranisti-nazionalisti-fedelialsacrocuorediMaria hanno vinto, certamente, in Italia, ma in Europa non conteranno un cazzo o quasi (francesismo, che anche i nostri cugini hanno la loro Le Pen), per cui chi credeva che il CapitOne guidasse le truppe della val Brembana alla conquista del parlamento Europeo avrà un’amara sorpresa. Ammesso che si svegli, chiaramente.

Una delle spiegazioni che va per la maggiore sui social oggi è che chi ha votato Lega è una persona di cultura medio-bassa, diciamo con appena la licenza elementare. La cosa viene tirata fuori identica ogni volta che vince un partito “nuovo”: s’è detta per gli elettori di Berlusconi e s’è detta uguale uguale per i grillini. Il sottinteso a questo ragionamento è che chi non ha votato Lega è un dottore di ricerca, il che è un nonsenso per una serie di motivi. Il principale a mio modesto modo di vedere è che è la maggioranza degli italiani ad essere di cultura medio-bassa: i libri li si usa come zeppa per i mobili che traballano, al cinema si va solo per vedere il kolossal di stagione, ci si nutre di musica che farebbe schifo al porco e si vive in un XFactor-GrandeFratello-MasterChef continuo. GLi elettori poi sono fluidi, e siccome i leghisti non nascono per generazione spontanea essi prima votavano qualcun altro. magari il PD o i 5Stelle. Quindi, o erano bifolchi anche prima, o non lo sono neppure adesso. Io -come già detto- propendo per la prima ipotesi.

La riflessione più seria l’han tirata fuori i WuMing, che spero qualcuno sappia chi sono senza andare a chiederlo a Google. Nel pezzo pubblicato oggi su Giap! i WuMing analizzano l’altro dato eclatante di questa tornata elettorale, da molti passata in totale silenzio: la percentuale di astenuti, e di conseguenza la percentuale di voti reale che ciascun partito ha preso rispetto al totale degli elettori. Si scopre ad esempio che il fantasmagorico 22,69% del PD corrisponde a meno voti reali rispetto alle politiche di un anno fa. Se si rapporta il 34% della Lega all’intero bacino elettorale, esso rappresenta il 19% dei 49 milioni di Italiani. Tanto, ma infinitamente meno del 34%.

Conclusione: Elezioni Europee, l’Italia conterà nulla o quasi nel nuovo Parlamento, i sovranisti continueranno a fare folklore, molta gente crede così tanto nei selfie di Salvini e di Di Maio, e nelle sparate di Zingaretti che preferisce starsene a casa piuttosto che andare a votare.

Potrebbe anche andare peggio: potrebbe piovere…

 

 

Barney

Filosofia da muro #143 (hat trick: Pendolante)

Ho una bella serie di scritte murali, ma quella che mi ha spedito stamani Pendolante non può aspettare, e passa direttamente dalla casella di posta a questa pagina, facendo scorrere la coda d’attesa.

Perchè arriva proprio “in tempo”:

IMG-1998

Siamo a Bologna, e si parla ovviamente del circo che proprio oggi s’è aperto qualche centinaio di chilometri più a nord.

Manca magari un segno di interpunzione tra la prima e la seconda frase, ma il concetto è chiaro e del tutto condivisibile, almeno per me.

Non c’è molto altro da aggiungere, se non il brano musicale che in quest’epoca in cui l’ignoranza è uno standard è un bolero.

Ma falso.

 

Barney

Giorgio Canali e Rossofuoco, Livorno, 3/11/2018

Se cercate qua dentro trovate almeno altre tre racconti di concerti di Canali, e sicuramente di quelli cui io ho assistito ne manca qualcuno.

Non vi starò quindi a ridire per la millesima volta di andare a vederli dal vivo, i quattro residuati d’una musica che fu, né mi metterò ancora a glorificare Greco al basso, Dalcol alla seconda chitarra che a volte diventa la prima, e Martelli a pestare sulla batteria come se non ci fosse un domani. Ma il senso rimane quello: invece di ascoltare X Factor, o di scannarvi come è successo anche oggi per un biglietto di Vasco Bossi (il cantante dai capelli grassi, come cantavano i geniali Squallor) che costa un rene e vi da in cambio della roba incellofanata da grande distribuzione organizzata… muovete il culo, cercatevi le prossime tappe e andate fiduciosi ad assistere ad un concerto che quest’anno porta in giro il nuovo album di Canali: “Undici canzoni di merda con la pioggia dentro”.

Già il titolo vale il biglietto e il CD, l’ascolto vi precipiterà in una cupa atmosfera decadente, descritta con le parole crude e dirette di Canali: l’oggi, qua, in Italia. L’aggiunta della pioggia alla merda rende tutto coerente e chiaro: se poteva andar peggio, è andato anche a piovere.

Le undici tracce si aprono con “Radioattività”, una marcia militare in crescendo che da subito il tono al resto dei pezzi: attualità e amarezza, donne che non ci sono più e anarchia politica.

E nuvole, e pioggia.

“Messaggi a nessuno” è una canzone d’amore, finito ma sempre presente. “Piove, finalmente piove” è falsamente gioiosa: il ritmo porta a ballare, le parole graffiano e sono un racconto dell’Italia degli ultimi tre o quattro anni, in tre minuti e venti.

Poi c’è “Estaate”, che non è scritto male, è così, una ballata romantica, e poi due grandi brani rock, di quelli che non occorre la tastiera effettata o il sax, va tutto benissimo così: “Emilia parallela” (che chiaramente fa il verso ad Emilia paranoica dei CCCP), che suona così:

e che se la sentite dal vivo è un muro sonico fantastico con parole nel testo che vasco Bossi gli fa una sega, al Canali…

E “Mille, non più di mille”, un pezzo ruffiano, facile facile e di sicuro effetto che fa il paio con quello di prima:

E “Fuochi supplementari”, e “Danza dell’acqua e del fuoco” e altro, tutto in un disco che era un po’ non ne ascoltavo di così veramente belli. A mio insindacabile giudizio il miglior prodotto musicale italiano di quesrto 2018 Serpeverde.

Una menzione finale per Mattia Prevosti, giovane che ha aperto il concerto con un mini set di cinque canzoni, le ultime due suonate assieme a Canali e Dalcol. L’ultima è stata questa cover di “Shelter from the storm” tradotta neanche male:

 

Barney

La noia, signora… La noia…

E’ la peggiore campagna elettorale cui io abbia mai assistito, questa. Il livello è così basso in media che a sentire parlare Renzi sembra d’avere di fronte un genio appena uscito dal Mensa, e questo dovrebbe bastare. Se non ci credete andate a recuperarvi le interviste fatte da Pif ai vari leader, qui, poi se ne riparla.

D’altro canto, tutti giocano a dir male di tutti gli altri, e negli altri ci sono anche i compagni (spesso obbligati dai giochini delle alleanze turandosi il naso) di coalizioni eterogenee e distoniche al punto che è quasi sicuro che la dichiarazione “Bianco!” del leader di un partito x fatta a mezzogiorno venga sbeffeggiata e contraddetta (“No, NERO!”) entro le 13 dal leader y, alleato per forza ma concorrente interno all’unico scranno che conta: quello di Presidente del Consiglio.

E comunque, lo sappiamo tutti che la colpa di ogni male italiano è degli immigrati, cioè dei negri che portano avanti quell’immeticciamento culturale che in pochi anni demolirà quel che resta delle nostre radici. Tutto organizzato e foraggiato dai finanzieri ebrei (anzi: sionisti) che attraverso la Trilateral Commission e il Gruppo Bilderberg conquisteranno il nostro paese e dopo il mondo.

E’ bello in questo clima di assoluta mancanza di idee intelligenti (la flat tax va fortissimo quest’anno, e ricorda le mode cretine degli stivandali o dei jeans comperati già strappati a brandelli: roba da idioti matricolati, insomma) vedere almeno facce nuove: il Berlusconi ultraottantenne con una capigliatura disegnata a pastello marròn, il Salvini che giura oggi sul Vangelo con un rosario in mano quando ieri giurava sull’ampolla del dio Po e domani giurerà -se eletto- sul tricolore col quale si puliva il culo, il Pierferdy Casini che sta con Renzi nella riproposizione della sinistra DC di quando ero piccolo io. Però senza Aldo Moro. Renzi stesso, yuppie perennemente scravattato in giro a dire di quanto è bravo lui anche quando le cose le fanno gli altri, e di quanto lui sia quasi infallibile.

La pasionaria bionda Giorgia (o Orgia, come la ribattezzò un incauto webmaster nel 2012) Meloni, che sembra perennemente incazzata col suo parrucchiere e che si fa superare a destra dal primo leghista che passa.

E Piero Grasso, a capo di un partito nuovo fatto soprattutto di vecchi ex-comunisti, e Emma Bonino, orfana di Giacinto Marco Pannella ma sempre radicale, e Roberto Fiore che non si capisce se è più fascista o più cattolico, né dove abbia la residenza fiscale, e il nuovo che avanza sotto forma di Giggetto Di Maio, che scopro avere 32 anni ma dimostrarne lombrosianamente solo due meno di Silvio.

Più un Di Stefano tartarugato di nero (il nero va molto di moda in politica, nel 2018), e chissà quante schegge comuniste sempre in esplosione da trent’anni a questa parte, che se si dividono ancora trovano il quark rosso. E altra roba folkloristica, a riempire i buchi sulla scheda elettorale.

Una roba che a sentire i nomi dei partiti, a leggere i “programmi” e ad ascoltare i leader snocciolare vacuità a manovella. ti vien voglia di invocare l’invasione degli Unni, che almeno una strategia ce l’avevano.

In questo clima, gli elettori si dividono in due grosse categorie:

  • gli ultrà della politica, quelli già convinti su chi votare, a prescindere da tutto, che vivono le elezioni come si vive una partita di calcio in curva
  • quelli che titubano, che sono incerti se andare o no a votare e -se andranno- chi votare.

Il primo gruppo e’ la stragrande maggioranza, e far cambiare idea a uno di questo gruppo è sostanzialmente impossibile. Sarebbe come chiedere flessibilità mentale a un tombino di ghisa.

Infatti in queste ultime ore tutti si buttano sul secondo gruppo, il manipolo nemmen troppo piccolo di indecisi che potrebbero cambiare le sorti del voto con la loro scelta.

Il problema che vedo io, però, è che questo secondo gruppo non lo ammannisci e intrappoli con le puttanate che hai destinato alla maggioranza dei tuoi elettori: se un incerto non credeva prima alle tue stronzate è difficile che ci creda adesso.

Quello che succede in situazioni di incertezza totale come queste, secondo l’omino del mio cervello, è che alla fine l’incerto (che è anche quello meno stordito da promesse non mantenibili e quasi del tutto alieno dal voto ideologico) voterà con il cervello invece che con la pancia, e spalmerà le sue preferenze sui due partiti più “centristi” che abbiamo adesso su piazza. E alla fine avremo molto probabilmente una coalizione alla tedesca, e  movimenti di andirivieni tra i vari partiti a scappare dagli estremismi e a rifugiarsi in PD e Forza Italia.

Nulla di eclatante: per quello ci vorrebbe davvero l’invasione dei marziani.

Per chiudere va invece benissimo il classico Canali da Predappio, con una versione live di “Precipito” fatta sovrapponendo tre o quattro giri della stessa chitarra. E allungata con una Lettera del compagno Lazlo a chiudere il tutto.

 

 

Barney

Epic fail

Quando un’immagine vale piu’ di mille parole, e quando quell’immagine dovrebbe servire ad attrarre avidi avventori… Beh, meglio scegliere bene forma e colore, no?

Ice_Shit

Il tocco di classe definitivo sono le due virgolette, che riviste nel contesto “shit” invece che “coffee” somiglian tantissimo a mosche.

Il gelato li’ comunque non ce l’ho mai preso, ne’ mai ce lo pigliero’.

E la colonna sonora non puo’ essere che del Signor Merda, in una splendida doppia performance.

 

Barney

Filosofia da muro #57 (hat trick: Pendolante)

Intanto ringrazio Pendolante, che non solo mi fornisce le immagini, ma addirittura le monta e intitola il risultato “Coerenza”.

Il dittico risultante e’ questo qua:

Fascisti

A sinistra una scritta molto probabilmente d’epoca, cioe’ vecchia di settant’anni, che Pendolante colloca sul muro del cimitero di Soliera (provincia di Modena). Il tempo ha in parte corroso le lettere, ma il senso di quel che c’e’ scritto e’ chiaro. Anche la tecnica rimanda a settant’anni fa: pennello intinto in latta di vernice nera, che cola dalla scritta in tanti rivoli che paiono ragnatele o steli di erba che si alzano dal prato a seconda della sensibilita’ del lettore.

A destra una scritta di qualche giorno fa, ad essere corretti non e’ neanche su un muro ma su un lenzuolo attaccato ad una staccionata che delimita la ferrovia di Modena. Qua la moderna bomboletta reitera e rafforza, nella parte sinistra, il messaggio gia’ espresso con tratto sicuro (pennarellone indelebile?) in basso a destra.

Settant’anni e -appunto- una discreta coerenza nel messaggio di fondo. E allora a me non resta che chiudere citando per l’ennesima volta un altro emiliano, di Predappio stavolta, e la sua lettera al Colonnello Valerio.

No, tranquilli: non e’ Benito…

 

Barney

 

Giorgio Canali & Rossofuoco (The Cage, 17/04/2016)

Non e’ che ho smesso di andare a concerti, eh? E’ che son pigro, e quindi non e’ che posso raccontare sempre tutto. Ma quando ascolto dal vivo Canali qualcosa lo devo scrivere.

Intanto, ancora una volta non si capisce perche’ la gGente non abbia fatto a cazzotti per i biglietti, iersera. La Bandabardo’ ha fatto il sold out, come i Cani qualche settimana fa. Giorgio Canali e i Rossofuoco hanno riempito tre quarti del Cage, pero’ raramente ho visto uscire all’una e mezza del mattino spettatori cosi’ esaltati e soddisfatti dallo spettacolo come ieri.

Non e’ che ci voglia un’occasione particolare per un tour per questi qua, ma da qualche settimana e’ uscito un nuovo disco dello spettrale ex-chitarrista dei CCCP-C.S.I.-PGR e del suo attuale gruppo, ed e’ un disco di cover di pezzi mediamente ignoti ai piu’, che spazia su vent’anni e oltre di musica underground italiana. Il titolo e’ gia’ una garanzia: “Perle per porci“. Si, c’e’ anche una incredibile versione di “Le storie di ieri” di De Gregori (gia’ inserita anche da De Andre’ in uno dei suoi dischi, ve la trovate in fondo), ma poi Canali ha pescato nelle primissime edizioni di Eugenio Finardi (F104), nel primo Cd di Le luci della centrale elettrica (Lacrimogeni), e nelle registrazioni di altra gente sconosciutissima che merita evidentemente di essere riscoperta. Qua c’e’ la presentazione del disco scritta direttamente dal chitarrista di Predappio; potete anche acquistarlo (fatelo!).

Ieri sera la band era al completo, con Steve Dalcol a fare egregiamente da seconda (??) chitarra, e una Angela Baraldi in formissima che si e’ cantata la sua perla (Mi vuoi bene o no?) e s’e’ prestata per un altro paio di brani assieme ai Rossofuoco. Alcune foto della serata le rubo spero con permesso da Sebastiano Bongi Toma’:

canali1SBT

canali2BaraldiSBT

canali3MartelliSBT

canali4SBT

Il suono non ve lo posso riprodurre. Dal vivo i Rossofuoco sono eccezionali, Martelli e’ tra i migliori batteristi in giro e Dalcol da’ alla chitarra di Canali un supporto enorme. Marco Greco tiene su il tutto col basso, e l’energia che scaturisce dalla band e’ qualcosa da provare.

Un’idea di come ha lavorato Giorgio sulle canzoni pero’ ve la do’.

Questo e’ il pezzo originale, la band si chiamava Frigidaire Tango, e ci suonava Stefano Dalcol (quello a destra nell’ultima foto qua sopra). Il brano si chiama “Recall“:

Canali lo traduce in italiano e lo reinterpreta cosi’:

 

Questa qua invece la conoscete tutti.

Versione originale:

Versione-Canali&Rossofuoco:

 

Vabbe’, andateli a sentire che non ve ne pentirete di sicuro.

 

Barney