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Filosofia da muro #167 (hat trick: Pendolante)

Riceviamo e volentieri pubblichiamo uno scatto dalla “Pendolante” Katia.

Siamo a Modena, e su una colonna moderna Katia ha trovato questa tenera scritta tra virgolette:

Chissà quali sbagli lascerebbe passare questƏ innamoratƏ al suƏ amorƏ (ok, ora anche basta con il simbolo del neutro inclusivo a tutti i costi, che già mi sto sulle scatole da solo, eh?)… Corna? Non avere alzato la tavoletta del cesso prima di fare pipì? Errore nell’acquisto del detersivo per piatti? Cottura della pasta ben oltre il tempo stabilito dalla confezione?

Non lo sapremo mai, e a me resta il dubbio che il virgolettato sia una citazione da canzone sdolcinata di qualche italico cantore di amori dilaniati, dubbio che non ho alcuna intenzione di fugare.

Invece sarei curioso di capire cosa sta a significare il “96” lì sopra. Un anno? Oppure è una runa nazista camuffata da una seconda mano? O cos’altro?

Nel dubbio, propongo di ascoltare i God is An Astronaut, band irlandese di un certo spessore musicale e probabilmente del tutto sconosciuta ai più.

Rimediamo subito con un pezzo da un loro concerto:


Barney

Filosofia da muro #157 (hat trick: Pendolante)

Katia mi spedisce da Padova quella che -come dice lei- potrebbe essere l’ultima foto presa in una gita turistica per chissà quanto tempo:

Come sempre la foto è ottimamente composta e ottimamente scattata, si vede che non c’è un cialtrone dietro il cellulare.

La scritta è un semplice stencil sbombolettato sul muro, ma sotto la scritta principale una mano quasi certamente femminile ribadisce il concetto, chiudendo la frase con una “O” trasformata nello specchio di Venere stilizzato (per questo sospetto la mano femminil-femminista). Tutto fa pensare a una combinazione “de sinistra” e “femminista“, ci mancava che la bomboletta fosse piena di rosa ed eravamo a posto.

Visto l’ambiente, non mi resta che chiudere il tutto con una cumbia live delle Los Bitchos…

Barney

Filosofia da muro #157 (hat trick: Pendolante)

Dopo mesi di silenzio torno a pubblicare qualcosa solo perchè Katia mi manda questa bella foto, da Carpi:

Si potrebbe disquisire a lungo su altre persone che diventano socievoli in certe condizioni (per dire: gli stessi fumatori quando oltre all’accendino hanno carenza di sigarette. O quelli che “c’hai mica un Euro per il panino?”. O i Testimoni di Geova, che sono socievoli, sempre, per contratto con il loro dio), ma mi pare che il Nessuno qua sopra sia quotabile senza se e senza ma.

Questa socialità tabagista -come le altre- in questi tempi grami deve fare i conti con le restrizioni da pandemia: la mascherina non aiuta certo ad allacciare rapporti, anzi.

Ma nel dubbio io la metto. Non vorrei trovarmi a dovermi curare il virus con le iniezioni in vena di varechina, come ha fatto Trump l’altro ieri.

Ah, non s’e’ curato con la varechina in vena? Ma va?

Qua sotto i vecchi ragazzi di Washington DC quando suonavano dal vivo.

Barney

Filosofia da muro #152 (hat trick: Pendolante)

Una filosofia da muro su un treno, che è una cosa che capita spesso a chi fa il pendolante tutte le mattine. Inclusa quindi Katia che di nick fa proprio Pendolante, e che ringrazio per l’invio.

IMG_3567Il gelato è molto simile al Sammontana ma con le corna, la scritta a me fa venire in mente la famosa frase da muro “Dio ti ama, ma Satana fa quella cosa che ti piace con la lingua”, che potrebbe far venire in mentea chi legge un finale musicale con Mick Jagger, anche perchè qua c’è addirittura un cono -gelato- di mezzo.

E invece no, vi ribeccate Margo Timmins e i suoi fratelli che elaborano sul concetto di (essere) un angelo e (sembrare) un diavolo.

 

 

Barney

 

Filosofia da muro #143 (hat trick: Pendolante)

Ho una bella serie di scritte murali, ma quella che mi ha spedito stamani Pendolante non può aspettare, e passa direttamente dalla casella di posta a questa pagina, facendo scorrere la coda d’attesa.

Perchè arriva proprio “in tempo”:

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Siamo a Bologna, e si parla ovviamente del circo che proprio oggi s’è aperto qualche centinaio di chilometri più a nord.

Manca magari un segno di interpunzione tra la prima e la seconda frase, ma il concetto è chiaro e del tutto condivisibile, almeno per me.

Non c’è molto altro da aggiungere, se non il brano musicale che in quest’epoca in cui l’ignoranza è uno standard è un bolero.

Ma falso.

 

Barney

Filosofia da muro #137 (hat trick: Pendolante)

Tre parole spruzzate su un anonimo muro di un’anonima città italiana, mandatemi da Pendolante, a definire una verità assoluta-almeno per me-, comunque le si voglia leggere.

Eccole:

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Intanto ammiro la capacità di fotografare dritto di Katia, e pure la drittezza di chi ha scritto magari al buio in quasi perfetto piombo con l’orizzonte.

Poi, non posso che concordare -in qualunque maniera si intenda la scritta- con lo scrivente: sia che si parli di bevanda gassata al caramello, sia che ci si riferisca alla polverina da naso, sia che la “e” abbia o meno l’accento siamo comunque secondo me dalla parte della vera mediocrità. La coca da naso non credo la proverò mai, quella da bere a me ha sempre fatto schifo, credo che da quando ho memoria ne avrò bevute una decina, e direi tutte con aggiunta di rum.

Il blues invece mi piace, e mi piacciono Margo e i suoi fratelli.

 

Barney

Filosofia da muro #132 – 133 – 134 (hat trick: Pendolante)

Tre palle, un soldo, oggi; tre foto -inviatemi dalla benemerita Pendolante Katia- che sono più o meno in linea coi tempi. Direi più “più” che “meno”, ma giudicherete voi.

La prima è presa alla stazione di Reggio Emilia, e inietta subito in circolo quel pessimismo cosmico leopardiano che di questi tempi ci vuole proprio:

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Che in effetti se la Terra non è messa benissimo, anche lassù chissà cosa succede, soprattutto dopo che il Papa ha benedetto la app acchiappa santi e madonne (Follow JC GO!, esiste e l’ho vista in azione). La scritta deve aver comportato un po’ di lavoro ad alta quota per il writer, che si è premurato di aggiungere dei “+” a dividere le parole (più uno in mezzo all’ultima “o”) per chissà quale recondito motivo. Il murale che si intravede in basso, poi, aggiunge misticità al tutto con quella croce sprizzante raggi b che balenano nel buio vicino alle porte di Tannhäuser…

La seconda scritta è stata vergata su una barriera antirumore, e Katia me l’ha mandata il giorno in cui un certo sgombero per occupazione abusiva non è stato fatto:

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Qua si vede chiaramente l’intervento di tre manine, la prima nera che verga rune e nomi di associazioni che io considero fasciste (avrò la libertà di considerare fascisti i fascisti? Io credo di si), la seconda che corregge in senso scatologico “casa” in “caga”, e già migliora il tutto, la terza con bomboletta bianca cancella “Pound” e aggiunge “Clown”. Alla fine abbiamo un Caga Clown innocuo ma interessante. Peccato non sapere i nomi delle tre manine, ma se chiedete a Di Maio lui sicuramente ne sa più di me. Maancheno.

La terza foto è ancora ferroviaria e somiglia più ad una delle “Still life” che ogni tanto pubblico:

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Il bambino sembra guardarci dalle sbarre di un carcere, mentre il ditone indica la strada che dovrebbe prendere, immagino che lo voglia rispedire “a casa sua”. Sotto il ditone un “All Bam” che potrebbe anche essere “Ali bam”, o anche “All ibam”, vai a sapere.

Perché nelle scritte sui muri (o sui treni, o sulle barriere antirumore) si può vedere di tutto, spesso si possono leggere storie.

Come nelle canzoni.

 

Barney

 

 

 

Filosofia da muro #121 (hat trick: Pendolante)

Katia mi manda questo ennesimo incrocio tra natura morta ferroviaria e filosofia da muro, che muro non è:

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Le due scritte sembrano vergate dalla stessa mano, forse femminile, su una macchinetta per la vendita di caffè e tramezzini immarcescibili (nel senso che non marciscono mai, con quel che c’è dentro credo non siano neanche digeribili) in una stazione probabilmente emiliano-romagnola.

Non mi sembra vi possa essere un collegamento logico tra l’invettiva generale contro i militari (mercenari e stupratori in un solo colpo), e l’approvazione candida del sorriso sdentato di chissà chi, ma entrambe le frasi si chiudono con un punto esclamativo, e la mano si firma #truelove, una tag che può applicarsi ad entrambe.

Magari #truelove racconta una storia di sevizie e violenza da parte di un gruppo di militari ai danni di una donna rimasta senza qualche dente dopo l’aggressione, vai a sapere…

 

Barney

Filosofia da muro #118 e #119 (hat trick: Pendolante)

Due immagini al prezzo di una, entrambe su treni per pendolari dell’Italia centrale.

Ho messo assieme quella di Pendolante e una mia perché esprimono violenza in modi diversi. La foto di Katia è splatter tarantinesco-Dexteriano che fa sorridere, nessuno lo prende sul serio:

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La mano è allenata a scrivere con la bomboletta, con lettere a metà tra il gotico nazista e il l33t che denotano un tasso di nerdaggine notevole, magari la sega circolare è l’arma di riferimento dell’avatar del graffitaro in qualche FPS massivo.

L’altra scritta l’ho fotografata io, dentro un treno che potrebbe essere il gemello di quello di Katia, ma dall’altra parte dell’Appennino:

nigeria

Qua la rabbia, la frustrazione, l’odio per i negr i nigeriani si avverte dal primo momento, e se ce ne fosse bisogno lo stizzito personaggio sottolinea due volte tutta la frase.

Tutta meno “Faculo dal“, che non è un typo ma proprio lo specchio del livello culturale (scusate il termine) del graffitaro. C’è addirittura spazio tra “Fa” e “culo”, una “n” ci sarebbe stata se la frase fosse stata riletta oltre che sottolineata. Ma tant’è: questo è il messaggio che il coraggioso suprematista-nazionalista ha voluto lasciare a chi fosse salito sul treno dopo di lui, sforzandosi tra l’altro nel recupero di quelle abilità manuali faticosamente imparate nei lontani e terribili anni delle scuole elementari (usare una penna, scrivere lettere, cercare di mettere in fila soggetto, verbo e complemento oggetto…).

Qua non siamo di fronte a uno che gioca a Grand Theft Auto. Qua siamo davanti a uno che purtroppo ci crede, e che magari alla fine prende una pistola e gli spara, ai negr ai nigeriani che non sono andati a faculo dal nostro paese. Che poi, mi piacerebbe sapere cosa si intende per andare a faculo dal nostro paese

 

 

Barney

Filosofia da muro #113 (hat trick: Pendolante)

Scritte filosofiche su treni che passano da stazioni emiliane, per citare i Virginiana Miller e avvertire che a brevissimo uscira’ il loro prossimo disco. Lo scatto non puo’ che essere di Pendolante:

tristi

Ed e’ una delle piu’ profonde filosofie sin qua pubblicate.

Anche le due linee sotto il tutto, non proprio dritte, danno l’idea dello smiley triste, e se e’ voluto e’ veramente molto bello.

Come musica avevo pensato a “The weeping song”, ma poi ho aperto citando altro e quindi ci becchiamo per l’ennesima volta i livornesi, qua con la chitarra straeffettata di Giorgio Canali a condire il tutto.

 

 

 

Barney