No, e’ che sono parente d’uno di questi entusiasti filmakers, che pero’ se mi avessero avvertito per tempo che facevano crowdfunding, io avrei sparso la voce e magari qualche altro dollaro l’avrebbero raccattato…
Pero’ potete -nell’attesa dell’uscita di “Flight”, che oramai han quasi terminato di girare- guardarvi il loro primo short.
Oh, si divertono parecchio i ragazzi, e hanno addirittura girato a Fiumicino :-). Meglio che guardare la tv, senza alcun dubbio.
Ad ogni divorzio del nano bello (Tom Cruise) due sono gli argomenti che appestano i media: il fatto che le ex mogli finalmente possono ricominciare a portare tacchi del 35, e l’ovvia considerazione che la separazione tra Tom e la trota di turno e’ dovuta al fatto che il Nostro e’ un fanatico devoto della Chiesa di Scientology.
Che non so se voi sapete di che si tratta, ma se dovessi raccontarvela io sarebbe una roba come “cagata pazzesca”. Pero’ i seguaci della Chiesa di Scientology (TM e Copyright, che mica c’ho i soldi per gli avvocati, io) ci credono, a quel che gli viene raccontato. E pagano per farselo raccontare.
A gratis c’e’ una famosa puntata di South Park, che ci spiega in maniera filologicamente corretta e puntuale tutto quel che c’e’ dietro la “religione” fondata da Lafayette Ron Hubbard. Oppure questo recente post del Post. O anche il sito di riferimento contro Scientology: Xenu.com.
Sempre meglio essere informati, piuttosto che credere a quel che ci raccontano Tom Cruise e John Travolta, no?
Ieri, nel tragitto tra l’azienda e la fermata dell’autobus che mi porta alla stazione ho incontrato un SUV, una BMW di quelle non enormi, ma lustra e seminuova.
Fermo, parcheggiato all’ombra davanti ai cassonetti della raccolta differenziata nella ridente localita’ industriale di Ospedaletto, il SUV aveva tutti i finestrini aperti, e conteneva il proprietario: un ometto d’una sessantina di anni, intento a smazzare pacchi su pacchi di carta, che estraeva da una cartella portadocumenti poggiata aperta sulle sue ginocchia.
Ho visto la scena nei dieci secondi che c’ho messo a passargli a fianco, al SUV; non e’ che abbia molto da fare, quando vado alla fermata dell’autobus. E poi mi fermo anch’io all’ombra, un po’ piu’ in la’ rispetto a dove s’e’ fermato l’ometto con la sua macchinona. Insomma, ho potuto vedere abbastanza bene quel che faceva l’ometto, e quali carte stesse smazzando con una certa animosita’.
Erano cartoncini colorati, diciamo venti per quindici. Questi qua (ho dovuto scorrere tutto il catalogo, ma sono quasi certo sian questi):
La cosa stupefacente era la quantita’ di questi cartoncini. Quando dico “mazzi”, intendo almeno trenta-quaranta pezzi. Scappavano letteralmente dalla cartellina in finta pelle che l’ometto aveva in grembo… come se non potessero essere costretti nello spazio angusto del portacarte.
Nell’attesa dell’autobus ho avuto tutto il tempo per osservare da una decina di metri l’ometto che a un certo punto e’ sceso dall’auto e ha buttato qualcosa nel cassonetto per la raccolta della carta. Poi ha chiuso la portiera ed e’ partito lentamente verso chissa’ dove.
Non credo abbia vinto qualcosa, comunque non abbastanza da farlo gioire e saltare come un capretto.
Ma se l’occhio non m’ha ingannato, e se veramente i biglietti erano un trenta-quaranta, beh… Allora l’ometto ha bruciato un 150 Euro almeno sull’altare della Lottomatica, che sicuramente uscira’ benissimo dalla grossa grisi che c’attanaglia e c’ammorde come lupa famelica.
Per l’ometto invece la vedo molto piu’ grigia. Almeno sino alprossimo giro di “Miliardario”…
Un illustratore inglese scoperto come sempre per caso, che fa cose notevoli come questa:
Si intitola “M for market”, e fa parte di una serie che si intitola “A world run by animals”, ma sul suo sito c’e’ moltissima roba interessante. Anche T-Shirt e poster strani e belli.
Mr. Reconditi, da Augsburg, mi segnala un post di Mrs. Signorile da Londra su “L’orologiaio miope“, il blog che Lisa cura con sadica maniacalita’.
Lisa Signorile e’ una naturalista scappata in UK al seguito del compagno, Eugenio, decenni fa. Frequentavo elettronicamente i due gia’ nel secolo scorso, e a un certo punto la signora Tupaia s’e’ decisa ad aprire un interessantissimo blog scientifico che fa onore alla categoria degli studiosi di bestie strane,e quest’anno ha addirittura pubblicato il suo primo libro. OK, i venti Euro per la marchetta li ho guadagnati, adesso diamo un senso al titolo del pezzo.
Nel post in questione Lisa si indigna -giustamente- per una iniziativa finanziata dalla Commissione Europea, volta a stimolare le carriere scientifiche delle donne. Intento lodevolissimo, perseguito pero’ con i metodi e gli stilemi sbagliati. Ecco il video promozionale dell’iniziativa, presto ritirato dal sito di riferimento ma sempre presente sul Tubo:
La quantita’ di ammiccamenti sessuali e’ imbarazzante (nemmeno io avrei saputo fare peggio, lo ammetto): gas liquefatto che sublima con volute sensuali post-coitali, palline/gocce in ogni dove, immagini che ricordano piu’ una visita ginecologica che la visione di una capsula di Petri al microscopio…
Poi ci sono i doppi sensi sessuali-estetici, con le gocce di smalto che cadono lentissime e che possono essere anche qualcos’altro, e il fondotinta che spolvera dal pennello, e poi rossetti in erezione, e tacchi dodici, e minigonne clitoridee, e becker e beute che se non sono cazzi non so cosa siano (secondo 15 del video, controllate please), pennarelli-dildos di misura extra-extra large maneggiati da professoresse di materie a caso con treccia favolistica e sguardo assai conturbante, e ancheggi da Elvis the Pelvis a ogni pie’ sospinto…
C’e’ tutto il peggio del piu’ becero maschilismo d’accatto, e tutto quel che si vede e’ frutto di investimenti di denari pubblici, (immagino di qualche centinaio di migliaia di Euro come minimo, e non voglio dire la cifra che ho davvero in mente per evitare di scandalizzare troppo i miei tre lettori) che vengono tutti dalle nostre tasse, sperando che chi legge -come faccio io- le paghi, le tasse.
La homepage dell’inziativa europea “Science: it’s a girl thing!” e’ li’ a testimoniare che lo stereotipo che i creativi hanno in mente, per le ricercatrici europee, e’ esattamente quello che il video ci racconta: nulla di piu’, nulla di meno.
E testimonia ancora una volta che la nostra epoca ha saltato oltre il burrone da un bel po’, anche se la Commissione cerca di tappare il buco con un patetico Q&A file.
Insomma: non ci stupiamo se poi le donne sono considerate alla stregua delle bestie da soma, se vengono ammazzate a bastonate quasi ogni giorno, se non hanno quasi mai il ruolo che spetta loro.
Siccome per lavoro capita relativamente spesso d’andare in Olanda (che per me e’ atterrare a Schiphol, arrivare a Leiden e finalmente a Noordwijk[1]), ecco un veloce ritratto dei Paesi Bassi per brevi flash:
Biciclette. L’Olanda e’ la patria delle biciclette; esistono parcheggi per biciclette a piu’ piani in tutte le stazioni dei treni, e piste ciclabili ovunque, eccetto che in autostrada. Le biciclette hanno sempre la precedenza, forse anche sui pedoni.
Vento. Se non c’e’ vento, vuol dire che siete sempre in Francia. D’altra parte i generatori eolici sono diffusi quasi quanto le biciclette, sia in mare che nelle periferie delle citta’.
Natura e paesaggio. L’Olanda e’ un paese del tutto piatto, a parte le dune sul mare e qualche colletto sparso qua e la, ma la campagna e’ verdissima, ricca di canali navigabili (d’estate) o pattinabili (d’inverno) e di fattorie in cui si allevano mucche, cavalli da tiro e vigogne o alpache. Lepri e uccelli selvatici riempiono i buchi lasciati liberi da anatre e gabbiani. Ah, si: ci sono davvero i mulini a vento, da qualche parte.
Autostrade. L’unico posto dove non circolano le bici, sono dei biliardi gratuiti dove l’unico problema -a volte- e’ decifrare i cartelli stradali.
Cibo. In Olanda si mangia benissimo se si ha l’accortezza di non mangiare olandese, escludendo da questa affermazione apodittica l’aringa cruda, che secondo me e’ buonissima.
Bevande. Ci sono la Heineken e la Bavaria, il resto e’ roba che non viene considerata “da bere”, a meno che non abbia piu’ di 40 gradi.
Motorini. Incredibilmente, in Olanda i motorini si guidano senza casco, anche sulle piste ciclabili, e si puo’ pure trasportare un passeggero, anche lui senza casco. Pero’ tutti i motorini fanno 40 all’ora e sembrano delle mosche sputacchione.
Persone. In generale gli olandesi sono simpatici ed aperti, a meno che non ci sia una partita di calcio in cui e’ impegnata la nazionale Orange. Allora, diventano peggio degli italiani.
Citta’. Splendide, almeno quelle che ho visto -poco- io; molto bene organizzate e con ottimi servizi pubblici.
[1] cittadina famosissima perche’ c’e’ morta Maria Montessori.
Le intercettazioni cartacee sono state confermate dai nastri, usciti ancora una volta dai tribunali e dalle aule degli investigatori e prontamente riversati in rete in tutte le salse. Una di queste salse e’ questo remix elettronico qua: “Amica chips”.
che riprende ed esalta, nella voce della Minetti effettata e robotizzata (ma non e’ davvero un po’ robot, quella gente la’?), i vocaboli ed i concetti piu’ famosi e piu’ sconcertanti:
Ti devo briffare
Amica Chips
The boss of the boss
La desperation piu’ totale
Il pezzo su Archivio Caltari (AC) e’ come sempre ottimo, ne rubo un paio di paragrafi solo per dare l’idea di come si possa sostanzialmente scrivere ottimamente su tutto.
(qua si parla di “briffare”, che viene da “brief”, un resoconto veloce e rapido):
La velocità, come atteggiamento risolutivo della mancanza di tempo espressa dalla parlata minettiana, attraversa, tramite diversi espedienti linguistici, i due minuti e cinquantacinque secondi della telefonata che a un certo punto ci sembra siano più lunghi. Come se il suo essere sbrigativa e ammiccante fosse in grado di deformare la nostra percezione del tempo tanto da darci l’impressione che Minetti parli per più di tre minuti, che parli per ore, perché lei parla sempre così, ogni giorno, e tutto attorno, il tutto attorno ci parla così. Minetti ci parla quotidianamente e in ogni luogo e noi parliamo lei, la sua lingua, la sua cultura e da questa ci facciamo passivamente parlare. Abitiamo una lingua automatica, distratta, ripetitiva e quindi pericolosa. Fatto che sembra andare a braccetto con la complicità espressa dalle varie forme di anacoluto, dalle varie pause che trasposte in grafia verrebbero trascritte con i puntini di sospensione – il segno di interpunzione che più di tutti esprime allusione – reiterati fino a diventare tic nell’espressione «cioè nel senso…».
Parole sante.
Ancora:
Nicole Minetti va di corsa, è impegnata, ha mille cose da fare e non può certamente finire le frasi, non può mai finire le frasi ma soprattutto non deve finirle mai, e non perché qualcuno gliel’abbia suggerito o addirittura ordinato, ma perché non ne ha bisogno; è tutto un cioènelsenso e la ragazza dall’altra parte del telefono lo sa, lo saprà, e se non lo sa saranno problemi suoi, insomma lo deve sapere in quale senso. «Cioè capirai»: Minetti lo dice non solo perché la sua è una parlata che, procedendo per automatismi e tic, in nessun modo riesce a elaborare una formazione sintattica o lessicale che si distacchi dal già sentito, ma soprattutto perché quella ragazza effettivamente capirà ciò che deve capire e non c’è proprio alcun bisogno di specificare cosa (e se ce ne fosse bisogno non ce ne sarebbe il tempo).
Poi anche AC si sofferma su un particolare dell’intercettazione, molto meno famoso in generale ma non per me, che un anno e mezzo fa scrissi solo di questo. Mi aveva affascinato non il “briffare“, non “ne vedrai di ogni“, ne’ “la desperation piu’ totale“.
No: ero rimasto assolutamente folgorato dalla scoperta di Simone. Di cui s’accorge anche AC:
Riferendosi poi a un certo Simo lei stessa parla di qualcuno che «c’ha tutta una sua idea delle cose che comunque è quella che possono avere chi non conosce e chi non sa». Quindi è fondamentale sapere per capire. Se sai automaticamente, autisticamente direi, capisci. Sembra non esistere la possibilità in cui sai e non capisci, perché altrimenti non saresti venuto a sapere, se non capissi immediatamente cosa facciamo e di cosa parliamo non saresti «dei nostri» e non si potrebbe ammiccare o essere veloci.
Ma AC non e’ curioso come me. Non va a vedere chi e’ “Simo”. Trattasi sempre dell’ex della Minetti, Simone Giancola. Che e’ anche ex della Sara Tommasi, e attuale boyfriend di non ho capito quale altra statuaria bionda (non sicuramente un fisico teorico, a naso…). Il Simo, poveraccio, che scopro oggi essere stato molto, molto colpito anche lui da quelle intercettazioni:
Alla domanda “Perché avete rotto?” Giancola risponde:
“Mi telefonò per dirmi che era dovuta andare a Rimini dai genitori. Ebbene nelle intercettazioni del Rubygate ho letto che quella chiamata me l’aveva fatta dalla piscina di una villa di Berlusconi. Una rivelazione traumatica. Perché, da innamorato un po’ ingenuo, avevo sempre relativizzato il peso delle intercettazioni che la riguardavano. Ma, quando ho avuto un riscontro innegabile della bugia, è stato come cadere per terra dal decimo piano”.
E allora, parallelamente al decadimento del lessico e della grammatica che queste tizie hanno fatto assurgere a must da inserire nei CV entro le prime sei righe, abbiamo quest’altro lato che a mio avviso e’ quello poi peggiore di tutta la storia.
Addirittura a un certo punto s’era capito che alcuni fidanzati delle tizie sapessero delle “feste eleganti”, e che spronassero le compagne a farsi fare piu’ regali possibile finche’ durava la pacchia. Altri, come pare il Giancola qua sopra, venivano infinocchiati dalle telefonate delle fidanzate che millantavano mamme malate a Rimini, mentre si riprendevano dalle serate eleganti ai bordi di piscine brianzole.
Una decadenza ed una ineleganza di modi che viene testimoniato dall’altro elemento caratterizzante delle varie ragazze “eleganti”: la chirurgia estetica estrema, massimamente espressa nel canottamento siliconico delle labbra di fanciulle nemmeno venticinquenni che non capisco come si possano credere d’essere migliori con quelle bocche che si sono fatte fare. E culetti ridisegnati, e tette pompate, e lipoqualsiasicosa, filler, botulini, depilazioni dentali e via andare.
Sembra davvero che ci si trovi dinnanzi ai primi modelli di androidi da sesso, un Nexus 6 col cervello di una tredicenne cresciuta a “Grande Fratello”, insomma.
Cioe’: l’orlo del baratro era un paio di decine di metri indietro…
Insomma, ero li’ perche’ convocato a testimoniare in una causa civile tra due aziende con le quali ho avuto a che fare anni fa. Non avevo alcuna idea del motivo per il quale m’avevano convocato, ma siccome la raccomandata mi rammentava che -nel caso non mi fossi presentato- avrei avuto i Carabinieri sotto casa, e avrei anche dovuto pagare una multa, ho ligiamente provveduto a presentarmi -puntualissimo- davanti all’ufficio del giudice che doveva raccogliere la testimonianza.
Ecco: li’ ho iniziato a vedere la luce. Esattamente alle 10,55, mentre con gli occhi scorrevo l’infinito elenco delle cause assegnate a quel giudice, e trovavo la mia causa indicata per le 11,00. Ecco, a quel punto s’e’ aperta la porta, ed e’ uscita una fiumana di persone ed avvocati.
Quelli della causa delle 9,20.
Nove e venti.
Ed erano le undici…
Bene, la faccio breve: alle 12,30 l’avvocato di non so quale parte ha avvertito me e gli altri due testimoni, come me li’ dalle 11,00, che la causa sarebbe slittata o alle 15,00 (ma senza alcuna certezza che poi si sarebbe veramente fatto qualcosa), oppure avrebbero convenuto col giudice uno spostamento piu’ sostanzioso. E quindi alla fine della fiera ci siamo lasciati con un arrivederci al 20 febbraio 2013. Per una causa per fatti del 2000, iniziata nel 2009 e per la quale manco i testimoni tecnici iniziali (ossia, io che manco so di cosa si stia dibattendo e gli altri due signori a me perfettamente sconosciuti che come me han perso l’intera mattinata) sono stati sentiti.
Ho quindi avuto la certezza di vivere in un paese che -se amministra cosi’ la giustizia- mi posso immaginare come conduce le altre cose. Oh, non che ci fosse bisogno di conferme, sia chiaro…
La sera ho quindi pensato di approfittare dell’evento unico e dell’allineamento dei pianeti, e di andare a vedere “The Blues Brothers”, per l’occasione rimasterizzati alla sala grande del Palace Hotel:
E’ stata una piacevole serata, devo dire.
Sia per il film che per l’atmosfera da festa che si respirava nel cinema, pieno a meta’ di vecchi rincoglioniti come me che sapevano a memoria la sequenza dei brani e tamburellavano “Boom boom”, “Think”,o “Sweet home, Chicago” minuti prima della loro venuta in scena, e aspettavano con Twiggy l’arrivo di Elwood al Motel vicino al Palace Hotel, e giovani tredicenni che si sono genuinamente divertiti alle smargiassate di Jake. Un film che probabilmente non ha impressionato piu’ di tanto questi giovanetti, ma che e’ stato girato nel 1980 senza effetti speciali. Tutte le ottanta auto che si sfracellano da qualche sulle strade dell’Illinois sono vere, ad esempio.
L’unica nota triste e’ stata pensare che moltissimi dei protagonisti sono oramai morti.
Da John Belushi a Ray Charles, da John Lee Hooker a Cab Calloway, passando per la stratosferica Aretha Franklin. Fino a Donald “Duck” Dunn, morto un mese fa.
Matt “Guitar” Murphy e’ invece fortunatamente ancora vivo, e suona con noi il suo blues standard. Eccolo, da giovanissimo, che ci suona un boogie da antologia:
Ma cosa c'è dentro un libro? Di solito ci sono delle parole che, se fossero messe tutte in fila su una riga sola, questa riga sarebbe lunga chilometri e per leggerla bisognerebbe camminare molto. (Bruno Munari)