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“Questo lo dice lei” is the new “uno vale uno”

 La performance della sottosegretaria all’Economia Laura Castelli di qualche giorno fa a Porta a Porta è lo specchio del baratro in cui il paese è caduto. Tralasciando la differenza tra i curricula della Castelli e di Padoan, sono gli argomenti messi in campo dai due che spiccano: uno -l’ex ministro- che cerca di spiegare all’interlocutrice il concetto dibattuto (“lo spread e il suo impatto sui mutui”, per semplificare) attraverso una lectio magistralis di due minuti svolta con parole anche semplici e comprensibili. L’altra che inizia dicendo “lo sa anche lei che quello che dice è falso”, e poi ripiega prima nell’oramai famoso “Questo lo dice lei”, poi infine sbandiera un grafico che prova esattamente il contrario di quello che la donna sta affermando.

E’ ancora una volta la Teoria della Montagna di Merda, in versione talk show di grande ascolto, in cui non conta sapere di ciò che si discute: l’importante è screditare immediatamente l’interlocutore (“lei mente sapendo di mentire”, come apertura), interrompere con supponenza e sicurezza minimizzando l’avversario (“Questo lo dice lei”, a dire che “lei non conta un cazzo, ORA che ci siamo NOI”) , e cambiare obiettivo ogni qualvolta ciò è possibile.

Questo è il punto cruciale:

Più o meno la stessa cosa l’ha fatta oggi uno un pelino più importante della Castelli (per tutti, meno che per i grillini ovviamente. La Castelli per loro è una finissima economista, e chi dice il contrario è un piddino), tal Donald Trump, che ha avuto modo di dire ancora una volta che il global warming è un’invenzione dei comunisti, e soprattutto che le conseguenze economiche dello stesso non esistono. Perché si, perché lo dice lui, e gli altri hanno torto a prescindere.

Oggi ho commentato su Facebook un commento di una elettrice grillina che ha postato uno dei soliti meme no-vax, che fa più o meno così “avresti mai pensato tre anni fa che qualcuno potesse iniettarti in corpo sostanze misteriose senza il tuo consenso?”. Ho risposto dicendo “E tu avresti mai pensato che una cassiera del supermercato potesse zittire un economista dicendo “questo lo dice lei?””. La prima risposta è stata “Non so di cosa parli”. Dopo che ho spiegato l’argomento, la seconda obiezione è stata che l’economia è diversa dalla medicina. Io ho obiettato che non si trattava di economia, o di medicina, ma di competenza in un qualsiasi settore, e che solo le persone che di quegli argomenti capiscono dovrebbero poter avere voce in capitolo. La risposta è stata che lei le fonti se le sceglie come vuole, e poi se una cura funziona chi se ne fotte se è scientifica o no?”.

Il piccione che gioca a scacchi, o il maiale che ti porta a sguazzare nel fango non avrebbero potuto far meglio, lo ammetto. 

Quindi non mi resta che andare di esempi semplici, che qualsiasi italiano è in grado di comprendere, anche i grillini e soprattutto anche i leghisti.

Il calcio.

Non citerò Gattuso che rimbalza Salvini, perché sarebbe troppo semplice. Viene invece buonissimo Kolarov, difensore serbo della Roma, che in conferenza stampa dice esattamente quel che ho espresso io qua sopra sulla necessità di stare zitti se non si capisce di qualcosa, ma in modo molto più semplice:

 

Siamo un popolo di tifosi, in tutti i campi, e pur essendo in pectore commissari tecnici della nazionale o presidenti del Consiglio capiamo una mazza sia di calcio che di politica. O di ingegneria, o di biochimica.

Eppure, oggi, ci sentiamo autorizzati a strolagare su qualsiasi cosa, con la sicurezza che è data dall’ignoranza dei nostri limiti e la forza della consapevolezza che la maggioranza è come noi: una massa di coglioni.

Dunning e Kruger, ancora una volta, hanno ragione…

 

 

Barney

 

L’alba dei morti sotto vetro

C’e’ questa isteria collettiva (non credo ci sia altro modo per definirla) che ha preso decine, migliaia, forse centinaia di migliaia di persone, tutte in fila a Roma per andare a vedere questa mummia qua:

zombie1

Oh, se qualcuno crede davvero che la faccia sia quella del frate, si svegli immediatamente. E’ una maschera di cera (o silicone?), perfettamente modellata su quel che rimane della capoccia di Fra’ Forgione. Anche il resto del corpo e’ oramai pergamena e ossa, rinchiuse in una teca a doppia tenuta ricolma di argon. Cosi’ non marcisce del tutto, e soprattutto la gGente non vomita dalla puzza.

Lo zombie e’ arrivato a Roma in pompa magna, annunciato da cartelloni che nemmeno l’ultimo concerto degli Stones al Circo Massimo, e il tragitto finale e’ stato tramesso in diretta tv e web da decine di canali. Come nei migliori concerti sold out, l’organizzazione ha previsto tre date, ossia il corteo trasportera’ la teca in tre chiese diverse, a garantire a tutti una comoda visione della mummietta.

Roba da pazzi.

La gGente, si diceva, fa la fila. E dopo la fila si fa il selfie con lo zombie:

zombie2selfie

Dall’altra parte c’e’ una seconda teca, con un altro corpo mummificato. Pero’ nessuno se lo fila, perche’ si sa: nemmeno la morte livella veramente.

Chi e’ l’altro? Pare si chiamasse Leopoldo Mandic, e che pure lui fosse francescano. Ma nessuno ci si fa il selfie assieme. Probabilmente era una persona molto migliore di Padre Pio; oddio, non che ci voglia moltissimo, in verita’, ad  esser meglio di uno che si teneva aperte le ferite alle mani con l’acido fenico, che si trombava le devote donnette di San Giovanni Rotondo almeno due volte a settimana, e che negli anni accumulo’ talmente tanti soldi da poter tirar su un ospedale, e comperare automobili a tutti i fraticelli del suo convento.

Nella prima tappa del tour pare si possano anche adorare le reliquie del santo, nel vero spirito medievale pre-luterano che pensavo fosse oramai superato: un mantello, i guanti e una benda insanguinata. Invece -come dicono i Paguri nel loro splendido “Don Zauker talk scio’“, il business della reliquia tira sempre alla grande, soprattutto in un paese nel quale -checche’ se ne dica- l’illuminismo ha sempre da venire…

 

Barney

 

 

“Predestination”, M. e P. Spierig (Australia, 2014)

Che fottutissimo capolavoro sono riusciti a tirare fuori i fratelli Spierig, da un racconto di una decina di pagine di quel fottutissimo genio che era R.A. Heinlein!

predestination-reviewNon posso scrivere nulla della trama senza togliere il gusto della scoperta al potenziale spettatore, se non che il genere “fantascienza” qua e’ veramente un pretesto, e che se Adinolfi o Gasparri vedessero il film si piglierebbero un coccolone, etichettandolo come icona gender (qualsiasi stracazzo di cosa cio’ significhi).

Ethan Hawke e’ bravissimo a tenere la scena, ma assolutamente spettacolare e’ la recitazione di Sarah Snook, e la regia dei fratelli Spierig riesce a gestire l’intreccio e la storia -entrambi assai complicati e a una prima lettura non immediatamente riportabili su pellicola- con mano ferma e sicura. Tutto si chiarisce alla fine, non vi preoccupate, e alla fine davvero non ci si puo’ non complimentare idealmente con cast e regia per lo spettacolo che ci hanno offerto.

Io direi che potete andare a vederlo immediatamente, davvero, e sono sicuro che non ve ne pentirete.

Dopo, se non l’avete ancora fatto, potreste leggervi “All you zombies“, il raccontino di Heinlein[1]. Qua c’e’ la versione originale inglese: tutto il dialogo tra John e il barista, che si espande per la prima meta’ del film, e’ preso direttamente da li’ parola per parola. Mi raccomando: dopo aver visto il film.

La canzone dei Cranberries non c’entra una cippa col film, ma e’ sicuramente meglio che niente:

[1] ma perche’ limitarsi al racconto? Di Heinlein bisognerebbe leggere tutta la produzione!

Barney

“World War Z”. M. Forster, USA, 2013

Dopo i vampiri, i supereroi, i maghi, i nani, gli elfi e chissa’ quali altri personaggi ho dimenticato, “World War Z” percorre con serio impegno il viale della ennesima riscoperta e valorizzazione su pellicola degli zombie.

ImageIl film non e’ malaccio (trad.: s’e’ visto veramente molto di peggio in giro), ma appare sin dalla locandina troppo BradPitt-centrico, come se l’unico elemento di attrazione del’ignaro spettatore fosse la presenza costante e ravvicinata di Mr. Jolie davanti all’obiettivo della macchina da presa.

E in effetti il titolo avrebbe potuto essere “Brad contro tutti“, o “Pitt salva il mondo mentre con la mano sinistra si rolla una cicca“, o robe simili, soprattutto perche’ definire inesistente la sceneggiatura  appare gia’ un overstatement di quelli grossini. E siccome il film e’ tratto da un romanzo (scritto dal figlio di Mel Brooks!), a questo punto mi chiedo cosa caspita puo’ avere escogitato l’autore, per tenere il lettore agganciato ad una trama che pare non esserci, e senza nemmeno poter giocare la carta-Brad…

Ma veniamo a un rapido accenno alla storia. Pitt e’ un ex detective dell’ONU con moglie e figlie piccole di cui una asmatica grave; in giro per il mondo con le Nazioni Unite ne ha viste di ogni (come Nicole Minetti, insomma) e ha deciso di andare in pensione a 40 anni. Incontriamo la famiglia felice mentre si sposta -nelle primissime scene del film- nel caotico traffico di Philadelphia (o New York, per quel che puo’ importare. Ma dice sia Philadelphia). A un certo punto le auto si fermano e scoppia il caos: ci sono un casino di zombie che , veloci come ghepardi dopati e incazzati come faine, si lanciano alla caccia di chiunque sia a tiro per sbranarlo. Allegria, insomma. Ora, come tutti sappiamo grazie alla cultura “alta” (i film di Romero e i fumetti di Dylan Dog), chi viene morsicato da uno zombie diventa a sua volta un morto vivente, e l’effetto-cascata con progressione geometrica degli infetti e’ una delle cose migliori del film. In pochissimi istanti di sani ne restano in giro davvero pochi, e da li’ la -mi scuso per la parola grossa- trama scorre rapida e inconsistente per un paio d’ore, verso una fine che gia’ ci immaginiamo non poter essere negativa (chi e’ il protagonista? Ecco…).

Lo spettatore piu’ attento si chiedera’ all’inzio: “ma da dove saltano fuori, ‘sti zombie?”, e la domanda se la pone anche l’esiguo manipolo di scampati, tra i quali ovviamente l’ex capo di Brad Pitt, che mette in salvo su una portaerei dell’ONU l’ex-dipendente con la famiglia, a patto pero’ che Brad torni a fare il lavoro sporco sul campo per scoprire cosa sta succedendo e cosa fare per contrastare la minaccia. Per rispondere insomma alla domanda che ci siamo fatti tutti in sala.

La missione di Pitt e’ andare con un giovanissimo e brillante virologo in Corea del Sud, dove pare sia cominciato tutto, a rilevare indizi e tracce per creare un vaccino. Parte una squadra dalla portaerei, con i due summenzionati e sei Navy Seals. Appena atterrati a Seul, il giovin virologo, cui e’ stata data in mano una pistola, si fa prendere dal panico, scappa, scivola e non trova di meglio che uccidersi da solo sparandosi addosso. Chi ben comincia…

Il seguito e’ un po’ meglio, anche se a un certo punto esce fuori un Pierfrancesco Favino che dovrebbe interpretare un medico dell’OMS ma che e’ credibile come io che interpreto Cassius Clay (e incredibilmente Favino non viene ucciso dagli zombie!), poi Pitt riesce a capire grazie alla sua intelligenza superiore e alla sua capacita’ di osservazione che… E che ve lo sto a raccontare a fare il seguito?

Alla fine, continueremo a non sapere come mai son venuti fuori questi zombie (l’inquinamento? la Natura che si ribella? Un esperimento militare sfuggito al controllo? Boh?), ne’ in quale parte del mondo e’ iniziato il caos . L’importante e’ poterli combattere efficacemente, come dice Brad, e non inquietarsi piu’ di tanto quando ascoltiamo con le nostre orecchie l’eroe dire “ma questo non e’ che l’inizio”.

Si, il sequel direi che e’ gia’ in fase di montaggio…

 

 

 

Barney