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#IoStoConl’OminoDelMioCervello, porca troja.

Son due giorni che provo a scrivere questo pezzo, ho cambiato tutto almeno tre volte e volevo abbandonare l’improbo compito quando, stamane, ho letto l’ennesima carriolata di merd commenti su Caterina Simonsen, la sua malattia e il suo post su Facebook che si presentava cosi’:

caterina-simonsenNon penso sia il caso di parlare di sperimentazione animale, o di vivisezione a seconda della sponda dalla quale si commenta l’argomento (perche’, cristo! “Le parole sono importanti!”, come ci diceva  Nanni Moretti qualche decina d’anni fa): non penso sia il caso perche’ sono certo di essere in vantaggio su molti dei dieci lettori che si imbatteranno in questo pezzo. Perche’ io esperimenti su animali li ho fatti, una vita fa. Li ho fatti con molti problemi di coscienza, pero’ mi rendo conto che fare ricerca e’ anche questo, e una delle cose che mi han fatto continuare in quel periodo fu una vecchia cugina di mio padre, che veniva dal Canada con il marito quasi cieco per una malattia degenerativa, e che quando le spiegai cosa stavo facendo mi disse: bravo, cosi’ quelli come mio marito avranno una speranza, in futuro.

Non voglio parlare del lato scientifico, insomma, ma di quello etico, mediatico e sociale del problema sollevato dalla Simonsen, da quelli che in risposta alla foto qua sopra l’hanno insultata e offesa, e dal successivo oceano di gente che sta con Caterina (ma poi mi pare di aver capito che sta contro chi sta contro Caterina, nella migliore delle tradizioni italiane).

Partiamo dalla foto: e’ un perfetto esempio di quello che su Usenet si chiama flame. E’ un messaggio che “chiama” una risposta incazzata: il tono del flamer deve essere provocatorio e adatto a dividere la platea in due tronconi netti, come infatti e’ successo in questo caso. Caterina indossa una maschera per ossigeno, ha all’indice destro un misuratore di ossigenazione e pressione sanguigna, e’ in pigiama -a significare che e’ ricoverata, credo-, e tiene in mano un cartello con chiari concetti e argomentazioni sottolineate. Sono sicuro che il suo intento non fosse questo, ma il risultato e’ stato: flamewar.

La foto ha infatti sollecitato immediatamente un nugolo di coglioni che -chissa’ poi come mai…- si son trovati a scrivere sulla sua bacheca. Si va dal “Se crepavi anche a 9 anni non fregava nulla a nessuno, causare sofferenza a esseri innocenti non lo trovo giusto” di Valentina, al “Per me potevi pure morire a 9 anni, non si fanno esperimenti su nessun animale, razza di bestie schifose” di Mauro, al “Magari fosse morta a 9 anni, un essere vivente di m… in meno e più animali su questo pianeta” di tal Perry. Coglioni, appunto, che solo per avere una tastiera in mano si sentono di poter fare qualsiasi cosa.

Questo all’inizio, poi Caterina ha denunciato i coglioni uno ad uno, ed e’ scoppiato il caso, con il fiorire di moltissimi #iostoconCaterina; tra questi l’ottimo annusatore di venti mediatici Babb Matteo Renzi, che dall’alto delle sue conoscenze medico-scientifiche, ha immediatamente preso posizione (“Sto con Caterina“, perlappunto); probabilmente il battage mediatico e l’impatto emotivo delle foto della malata non han contato assoultamente sul pacato e ponderato giudizio del sindaco di Firenze (e la marmotta viola incartava la cioccolata…). Di contro, ci sono i meno numerosi animalisti che si dividono in due categorie: i nazi-animalisti (epiteto usato dalla Simonsen per i coglioni contestatori su Facebook, e subito ripreso da molti commentatori; anche qua sono obbligato a sottolineare come “Le parole sono importanti!”: non si da del nazista a qualcuno senza una intenzione precisa di denigrare un intero movimento. Anche se poi si fanno i distinguo politically correct, e’ chiaro che tutti gli animalisti sono nazisti, in questa logica da “Fattoria degli Animali” de noartri. E se uno e’ nazista, e’ cattivo. Stop), e coloro che cercano di prendere le distanze dai nazi-animalis coglioni pur rivendicando il diritto a perseguire e propugnare un’etica che vede umani ed animali sullo stesso piano, e quindi ugualmente degni di non essere usati come cavie.

Poi ci sono i media che #stannoconCaterina, e quelli che #StannocongliAnimali: Repubblica e il Fatto Quotidiano si pongono -per dire- su posizioni quasi diametralmente opposte. E quindi e’ tutto un fiorire di interviste alla ragazza (che sembra non subire ripercussioni negative dalla sovraesposizione mediatica: ogni giorno da almeno una intervista), e di interviste, sulla “curva” opposta, a ricercatori e scienziati vari che -in minoranza rispetto all’universo della loro categoria- con argomentazioni tecniche si proclamano contrari all’uso di cavie animali nella ricerca medica. Il Fatto ieri ad esempio ha dato molto risalto alle dichiarazioni di Susanna Penco, una biologa genovese ammalata di sclerosi multipla e contraria alla sperimentazione animale. Anche qua le immagini sono importanti quanto le parole: la Penco -giustamente, a mio avviso- fornisce sue foto neutre, in cui non si capisce che e’ malata, e allo stesso tempo dice che le foto della Simonsen sono troppo forti, provocatorie, adatte a suscitare sentimenti di condivisione e empatia esattamente come quelle che gli animalisti usano per dire “no” alla vivisezione, o alle pelliccie, o anche all’uso di animali nell’alimentazione umana. Immagini forti, studiate proprio per suscitare reazioni forti. Come le foto della Simonsen, ripeto.

Infine, ci sono le centinaia di migliaia di persone che hashtaggano il loro stare con Caterina, con la ricerca, con Telethon, oppure con gli animali, contro la vivisezione, con la medicina personalizzata. Magari sull’onda emotiva della foto, del casino che ne e’ scaturito, della solidarieta’ da dare a qualcuno minacciato di morte.

Io, se mi e’ permesso, #Stoconl’OminodelmioCervello. Sarei -per formazione scientifica- sbilanciato verso la sperimentazione sugli animali per la ricerca medica, ma queste piazzate mediatiche mi fanno veramente incazzare. Non penso, come molti hanno ipotizzato- che Caterina sia al soldo delle kattive multinazionali di BigPharma, ne’ che sotto al suo gesto vi sia chissa’ cosa. Mi viene pero’ da pensare che tutto il circo successivo delle reazioni pro e contro sia stato in qualche modo attizzato e manipolato. A partire dai coglioni di cui sopra, che hanno attaccato la ragazza su Facebook, per finire a tutti i politici che si sono immediatamente schierati a favore di Caterina per puro interesse elettorale.

Ho cancellato la chiusura scientifica che riportava la storia della Talidomide, ottimo esempio di come sperimentare su animali puo’ non servire a un cazzo, ed ottimo esempio di come sperimentare sugli animali puo’ evitare decine di migliaia di nati deformi (no, non c’e’ nessuna contraddizione nella frase precedente: leggetevi la storia), chiudero’ con “I am mine“, che ci sta comunque bene (e all’omino del mio cervello piace).

Barney