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In busta chiusa, lettera “P” di Politica (e di Punk)

p_barney

“The best argument against democracy is a five-minute conversation with the average voter”

E’ Winston Churchill, e la frase è il migliore epitaffio al suffragio universale che sia mai stato scritto. Potrebbe già bastare, credo. Se uno volesse altre prove, potrebbe leggersi qualunque post su facebook d’un grillino, o d’un leghista presi a casaccio: rafforzare le proprie convinzioni fa crescere nel carattere, si dice…

Ma io vado oltre, che scherziamo? Devo parlare di Politica, ma siccome tra le parole che potevo scegliere c’era pure Punk parlerò anche di musica. Di musica politica. Non di politica musicale perché non ne sono capace, ne’ degno. Ma di punk -e di musica in generale- come espressione d’una ribellione anche ad una certa politica si, perché no?

Sarà una busta che contiene molta musica, quindi. Auguri.

Mi tocca iniziare citando per l’ennesima volta gli Zen Circus, con questa versione di “La democrazia semplicemente non funziona”:

che ha nella maglietta di Qqru la summa theologica che travalica pure il pensiero di Churchill: Io credo nei Ramones. Il sottinteso è “col cazzo che credo nella politica, e figuriamoci se credo nella democrazia“. E come possiamo dar torto agli Zen, se il governo Renzi è espressione più d’un accordo tra bojardi che il risultato di elezioni -che peraltro NON CI SONO STATE-? E il precedente orribile governo Monti, allora? E il governicchio Letta (povero Enrico, brava persona ma hic sunt squalones, bimbo…)? E quelli di prima? Via, ragazzi: votare non serve, far scegliere al Presidentissimo nemmeno… resta la riffa di fine anno, chi fa cinquina per primo è ministro, chi fa tombola è Premier. Meglio, no? Si risparmierebbero soldi e tempo, tanto  la democrazia non funziona, molto semplicemente.

E torniamo agli Zen. O ai Ramones, che è anche meglio:

Ma una sana deriva anarchica, allora? Un bellissimo “Don’t know what I want but I know how to get it“? Non vi danno un clamoroso senso di deja vu’ (o entendu) i Sex Pistols? “Non so cosa voglio, ma so come ottenerlo”: più che a Johnny Rotten e Sid Viciuos uno pensa a “Mafia Capitale”, ad appalti truccati, ar magna magna che accomuna destra e sinistra in un continuo scoprire modi nuovi di ottenere ciò che non si sa bene cosa sia (oddio, in realtà si capisce benissimo…):

D’altra parte “How many ways to get what you want I use the best I use the rest“…
Tout se tient, ça va sans dire.

Certo, il comunismo… Ah, signora mia! Quando aveva addaveni’ Baffone a sollevare i Lavoratori contro le angherie dei Padroni… E poi anche lui (o Lui?) s’e’ adeguato all’andazzo generale e ha salutato veramente il signor Padrone. Sull’attenti, scattare, salut’arm! E via a fare affari con l’antico nemico, che lo sterco del dimonio non è più il denaro, ma il sudore. E di risaia siamo stufi, e a casa nostra vogliamo andar!

Ma anche il comunismo è ormai morto, Dio anche e non è che io stia poi benissimo… Da noi, ora come ora, gli unici due partiti che riscuotono consensi crescenti sono i M5* e la Lega. Entrambi han capito dal Maestro (Silvio, chiaramente) e dallo studio dei classici (Joseph Goebbels) cosa ci vuole per ottenere il successo elettorale in un’epoca in cui cultura e conoscenza sono appannaggio di pochi: populismo in dosi massicce, ricerca di un nemico cui addossare le colpe, e continua ripetizione di una bugia sinchè essa non diventa verità. Da piani diversi e su strati di elettorato differenti Grillo e Salvini intercettano l’assoluta mancanza di fiducia nella “vecchia” politica da Prima Repubblica. Il primo Renzi ha giocato le stesse carte con meno astio, e ha ovviamente trionfato davanti al nulla assoluto rappresentato dai suoi avversari. Poi, s’è svegliato tutto bagnato e ha cominciato a capire che non basta promettere, declamare, annunciare: se governi devi fare.

Ecco: il fare è la parte che in assoluto manca di più ai politici nostrani. Il fare per noi, intendo. Perché per molti di loro “fare” qualcosa -o molto- per se stessi ed i relativi famigli è l’imperativo categorico, per dirla alla Kant.
Manca molto la consapevolezza del momento, della società, di quanto costa un chilo di pane o un litro di latte, di quanto sia difficile trovare un posto all’asilo per tuo figlio se non sei Ministro, di come tirare avanti se fai l’operaio -ma pure l’impiegato in ufficio- e devi pagare mutui e bollette. Manca perché adesso questi non sono più problemi loro. Rimangono nostri, e chi dovrebbe governare distoglie l’attenzione dal resto con ricorrenti falsi bersagli, o con dosi massicce di retorica vuota. Il paese reale è altro, ma chissene:

A chi non fa politica – a chi la subisce, stavo per scrivere- mancano sia le opportunità sia -diciamocelo- la volontà di reagire costruttivamente a questo stato di cose che si autoalimenta da decenni e decenni, con i politici che coltivano cloni di loro stessi perché ne vengano sostituiti al naturale decadimento degli originali. Credo che molto dipenda, di nuovo, dall’assoluto appiattimento culturale in cui viviamo, di cui molta colpa ha la standardizzazione cerebrale operata dalla televisione. Reality e talk show definiscono oramai gusti musicali, sessuali e culinari; la politica è stato solo il primo passo.

Che triste sfilata, come cantava Mike Stipe:

When I tried to tell my story
They cut me off to take a break.
I sat silent 5 commercials
I had nothing left to say
The talk show host was index-carded
All organized and blank
The other guests were scared and hardened
What a sad parade…

Barney

 

In Busta Chiusa n. 16, un progetto di Cartaresistente
Lettera P di Barney Panofsky

Illustrazioni di Davide Lorenzon

Filosofia da muro #39 (hat trick: Massimo S., uno di sei)

E meno male che oltre a Pendolante c’e’ anche Massimo, emigrato in Sguizzera anni fa, che mi foraggia di ottime immagini murali.

Quella che vo a presentare qua sotto tra un par di righe e’ la prima di un mazzo di sei (SEI!) splendide scritte sui muri di chissa’ quale citta’ (se Massimo volesse indicare le coordinate, apprezzerei 🙂. Update: Massimo ha svelato la location: Via San Martino, a Pisa). Non sapevo da dove cominciare, ma so dove finira’ la serie. Ossia so gia’ quale sara’ la sesta immagine.

La prima la tiro su a caso:

noncefuturo

Eh si, signora mia… Qua prima era tutta campagna!

 

(God Save the Queen l’ho gia’ messa, ma per avere il futuro di una volta non c’e’ niente di meglio)

Barney

L’angolo d’iccurturale: combat poem

Da qualche mese ci si imbatte, durante le notturne scorribande in sperduti ed ascosi vicoli pisani, in fogli A4 malamente appiccicati ai muri con colla da parati. I fogli portano contenuti differenti, ma la firma e’ sempre la stessa:

Movimento per l’Emancipazione della Poesia

e sotto alla firma, tra parentesi, c’e’ il link al sito:

www.movimentoemancipazionepoesia.tk

che se non ve l’avessi scritto io col cavolo che lo digitavate. Cosi’ invece potete cliccare li’ sopra ed arrivare alla homepage di questo movimento anarco-insurrezionalista (qualsiasi cosa cio’ significhi, ovviamente) che usa la parola come arma, e l’anonimato come scelta di vita cosi’ da porre non la persona, ma cio’ che la persona dice al centro del discorso. Spersonalizzare l’atto per massimizzarne l’effetto, andare al nocciolo della questione senza distrarre il lettore con fronzoli e vanita’ da wannabe writer che tanto caratterizzano molti dei nuovi scribani almeno in Italia.

Pero’, magari prima di visitare il sito (e v’assicuro che la visita merita almeno dieci minuti del tempo di chiunque) vorreste vedere un esempio della produzione poetico-corsara di questi novelli Guy Fawkes della penna.

Bene, eccovi accontentati, fresca di oggi pomeriggio:

Immagine

L’autore e’, semplicemente, F.02. Sul sito trovare altre sue opere, ma nessun cenno a chi F.02 sia: uomo? Donna? Transessuale? Macchina?

E chi se ne frega, alla fine? La sua opera e’ li’ a testimoniare che F.02 esiste, e lotta assieme a noi.

 

 

Barney

The royal delivery

Questa e’ la notiziona che campeggia sulla homepage di Repubblica online di stasera, lunedi’ 22 luglio 2013, ore 21,54:

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Siccome il meglio in genere e’ alla fine, leggo qua sopra nelle parti piccine in basso che “La duchessa e’ Madonna con corgi” (il corgi e’ un cane, il resto m’e’ oscuro ma puzza di moccolo terzarolato…), e che “Nonno Carlo non cambia i programmi“. Ecco, siamo a tre “mi importa una sega” consecutivi… and counting, come direbbero i sudditi di sua Maesta’. Che vado ad omaggiare del piu’ bell’inno a lei dedicato:

 

Auguri a Ciottoro IV, possa egli un di’ lontano regnare senza incappare in tutte le figure di merda che ha fatto ir su’ nonno. Che poi tra l’altro: cor cazzo che diventa Re…

Ame, e du’ ova.

 

 

Barney