E con Nettuno si chiude la ripubblicazione sul blog di Tratto d’unione dei sette pezzi facili illustrati da Davide Lorenzon, e pensati per quella bellissima esperienza che fu Cartaresistente.
La serie si chiude con una strizzata d’occhio alla panspermia, che tutto sommato è tra le teorie più plausibili sul come la vita possa essersi diffusa nell’Universo (molto più plausibile di quello che vi racconterebbero quelli di Scientology (C), e sicuramente meno costosa).
Al tempo (era il 1835, circa…) avevo associato ai sette pezzulli dei brani musicali, a Nettuno era toccato questa splendida -e in tema- canzone dei Pearl Jam, che ci sta davvero bene anche oggi:
Giusto per dimostrare che non sono ancora morto, e che sono rientrato dai monti poco sensibili alle onde elettromagnetiche dei telefonini, vi omaggio di questo bello scatto tra i millemila che Tratto d’Unione m’ha inviato:
Anche qua la bellezza sta nel lavoro di squadra, sebbene inconsapevole. Il bel disegno a destra non deve distogliere l’attenzione dalla scritta composita che da sotto la finestra di sinistra tratteggia due mondi molto diversi.
Il primo scriba con lettere tondeggianti e punto esclamativo finale sembra ancora troppo preso da un altro/a che probabilmente per lui non c’e’ piu’.
L’altra mano, magari proprio dell’altro/a, ammazza qualsiasi velleita’ con due sole parole.
Amen.
La colonna sonora e’ dei La’s, ma e’ cantata dai Pearl Jam nell’unica versione che tutti conoscono:
Una mano discreta ha vergato questo scritto che avrebbe anche senso, fosse su un muraccio di una periferia di Livorno, e fosse scritto a caratteri cubitali.
Ora, poi: siccome morire piu’ che un rischio e’ una certezza, tutto d’un tratto la vita ha sicuramente senso. Credo.
Vabbe’, diciamo che la scritta e’ interessante ma nel posto sbagliato. E passiamo a chiudere il cerchio dei ringraziamenti con neurino, altro italian milanese-tedesco che tempo fa mi ha segnalato questa eccellente colonna sonora da Athens, Georgia (e no, non sono i R.E.M.):
Ma, aggiungo, forse ci sarebbe ristata meglio questa qua:
Oggi a pranzo (fatto di frittata autoprodotta con zucchine, pomodorini, cipolla, prezzemolo e semi di papavero. E uova, ovviamente. E birra) un collega mi spedisce la presentazione del corso “11 giorni mente pranica, corpo pranico“, di tal Victor Truviano, un brethariano che -dice lui- non mangia ne’ beve da 9 anni. Un dilettante, al confronto di questa mia vecchia conoscenza, che ha campato settantaquattro anni senza ingerire ne’ espellere nulla dal suo corpo (si, si, certo. Come no?).
Il giovane mangiatore di luce gira per il mondo per vendere il suo corso, che in 11 giorni ti fa diventare come lui. La cosa ce la spiega il santone stesso:
Il percorso prevede una preparazione con una dieta di pulizia (detox), 3 giorni digiuno, e l’uso di una tecnica di respirazione “l’atomizzazione particolare” : il meccanismo attraverso il quale il corpo produce energia da se stesso.
Tale energia è sempre attiva e quando ne siamo coscienti possiamo usarla consapevolmente e godere lo stato di Presenza.
Victor vive in uno stato pranico di connessione permanente.
La sua intenzione attraverso queste preparazioni come il digiuno semplice e degli esercizi, è quella d’ accompagnarci nel “Processo”, un percorso di pulizia, liberazione ma anche di contatto e ascolto di corpo e mente in modo da aprire il canale per far scorrere la salute e l’armonia che già sono dentro di noi.
La connessione con la nostra interiorità e il conseguente vissuto di una gioia profonda è il vero scopo di questo percorso.
Ovviamente il cialtronissimo ci avverte di non intraprendere il cammino pranico da soli, che magari ci lasciamo la buccia: quindi se volete provare affidatevi senza paura a lui e alla sua rivelazione, e con qualche centinaio di Euri (circa novecento in realta’, se il listino e’ aggiornato) doventerete macchine perfettissime in grado di assimilare dall’aria tutto quel che vi serve.
Ecco, uno come questo qua io lo vorrei incontrare e vorrei vedere in faccia i coglioni che gli danno NOVECENTO EURO per farsi spiegare che non serve piu’ mangiare ne’ bere, che bastano aria e luce. Poi, magari, inculat fregati i dieci partecipanti al corso, il buon Victor se ne esce dalla porta di servizio del resort di quarta categoria dove e’ organizzata la buffonata e si dirige quatto quatto al primo kebabbaro dietro l’angolo, dove diluvia tre pite piene di ciccia fritta e patatine gocciolanti grasso.
Il ristorante buono, quello da 4 stelle Michelin, se lo tiene per l’ultima sera, dopo avere salutato i macilenti e malfermi coglioni che, una volta tornati a casa, ricominceranno in un par di giorni a mangiare la carbonara della mamma, o il tiramisu’ della suocera.
Cosi’ va il mondo, di questi tempi: aria (fina, eh? Mi raccomando!) e luce.
Intanto preannuncio che il brano finale NON sara’ The times they are a changing.
Pero’ il titolo ci sta tutto. Questa foto e’ di ieri:
Fa schifo, perche’ faccio schifo io come fotografo E perche’ pioveva e io con una mano tenevo l’ombrello. Pero’ si legge il messaggio fondamentale: quella cabina -una delle ultime della mia citta’- verra’ rimossa tra un paio di mesi, a meno che la gGente non scriva a Telecom e spieghi perche’ e’ importante che resti li’ dov’e’.
Ora, io francamente mi sono sforzato di trovare una ragione per non far togliere la cabina.
L’unica cosa che m’e’ venuta in mente e’ che ha una estrema utilita’ in caso di pioggia: ti ci infili dentro, e stai al coperto finche’ non smette. Ma sospetto che non basti, come supporto alla povera cabina.
Oramai non la usa piu’ nessuno, dopo che anni fa sparirono i gettoni di rame con le scanalature, che costavano duecento lire. All’avvento degli Euro, si passo’ a telefoni che pigliavano tutte le monetine, eccetto quelle da uno e da due centesimi (che non s’e’ ancora capito che cazzo le abbiano fatte a fare…), e ancora c’erano le schede telefoniche prepagate da infilare in una fessura tipo bancomat. Ora nelle poche superstiti ci puoi stioccare direttamente la carta di credito, digiti il tuo PIN e telefoni in tutto il mondo.
Pero’ fai prima -e spendi meno- a usare il tuo telefonino. Tutti hanno il telefonino, che ci stanno a fare le cabine?
E quindi sono quasi certo che quella cabina, che sta in una piazza dove spesso cerco di parcheggiare la macchina, tra poco ci lascera’. Come molte sue compagne di avventura, oramai sbarbate dall’asfalto da crudeli benne e montate su tristi camion che le porteranno chissa’ dove, ad essere riciclate in lattine, infissi per finestre e -magari, per la legge del contrappasso- in scocche per nuovissimi smartphone multifunzione.
E’ la vita…
Chiudo per l’ennesima volta con Yellow Ledbetter”, perche’ mi garba, tie’:
Come ho avuto modo di dire a M.elle T. dopo la visione di “The Master” (che non vale per me una recensione piu’ lunga di “delusione completa”, o un quattro di benevolenza su una scala che arriva a dieci…), ci sono alcune cose che mi mandano in bestia da sempre. Una e’ l’omeopatia, e questo si spiega per i miei studi di biologia di un secolo fa (oltre che per il fatto che l’omeopatia non ha un motivo per funzionare sulle malattie serie).
L’altra sono le sette religiose. Tutte.
Scientology non e’ certamente fuori dal mazzo, anzi: per come L. R. Hubbard ha mischiato religione, fantascienza e merda, Scientology e’ in pole position per farmi incazzare se si parla di fuffa religiosa. E il fatto che “The Master” non mi sia piaciuto per nulla e’ dovuto anche al taglio neutro che l’autore ha dato alla storia -assolutamente “ispirata” a Dianetics e Scientology-, senza chiaramente dichiarare “Ragazzi, qua siamo di fronte alla mMerde de la mMerde, se non lo aveste capito“.
Devo dire che di Hubbard ho sempre ammirato la pertinace ricerca del guadagno e della fama, uno che e’ partito come scrittore mediocre, e che all’ennesima premiazione del premio Hugo in cui un suo romanzo non veniva premiato (giustamente, peraltro…) se ne usci’ con la sua frase piu’ famosa: “Basta, ho deciso: per fare soldi mi tocchera’ fondare una nuova religione”. Detto, fatto. Che ci caschino Tom Cruise e John Travolta m’importanasega, che invece il morbo si possa diffondere mi preoccupa non poco. Siamo oltre la fuffa religiosa, qua: siamo di fronte a una serqua di vaccate propinate al povero depresso di turno che io mi vergogno tutte le volte che sento parlare di thetan operativo, di livelli di clearance e di vulcani che custodiscono le anime dei cattivi alieni. Xenu poi mi fa armare il cane di una ipotetica calibro 38…
Ma il post serve ad aiutare i fuffari, non a sparargli nel cul, no dicevo: a dir loro quanto stronzi sia… ok, abbiamo capito.
Quindi, ecco un fantastico strumento che servira’ d’ausilio per i novelli fuffari, per i giovini che -spinti dalla crisi e dalla fame- vedono nella fuffa un metodo plausibile per tirare avanti.
Ecco a voi, cari miei Hubbard in potenza, il bellissimo Woo-woo sento di credo, un sistema infallibile per creare in pochi giorni la vostra personalissima setta/religione/scienza alternativa/partito politico. Il curatore italiano non poteva che essere Leonardo Serni…
Disclaimer per i dubbiosi: NON E’ un sistema per rimorchiare. Con le donne non ha mai funzionato. Ma funziona con i Monaci Diacci Marmati degli Ultimi Giorni e la fusione fredda!
La colonna sonora credo di averla gia’ giocata una volta, ma sono i PJ, ed e’ una canzone contro un fuffaro di primissimo livello, so enjoy:
Un anno che per altri aspetti s’e’ rivelato di merda ha invece sfornato dei gran bei dischi.
Per me, senza stare a farla tanto lunga, il miglior CD dell’anno e’…
…
“Push the sky away“, di Mr. Nick Cave. Il disco racchiude perle sublimi come “Higgs Boson Blues“, o “Jubilee Street“, e riesce a mantenersi a livelli eccellenti in tutte le tracce. Senza esagerare, un fottutissimo capolavoro. E siccome ho avuto la fortuna di sentirlo suonare dal vivo, un doppio strafottuto capolavoro. Il primo brano e’ “We no who UR“, testo splendido:
Al secondo posto ci infilo percontratto “Venga il regno“, che in realta’ e’ un disco buono ma non ai livelli di “Gelaterie sconsacrate”, o di “La verita’ sul tennis”. Si parla di Virginiana Miller, ovviamente. Il CD ha alcuni pezzi notevoli, ma suona senza dubbio meglio dal vivo: i virginiani hanno affinato la performance live man mano (ho assistito al secondo e all’ultimo dei concerti del 2013, piu’ un paio nel mezzo tanto per gradire, acustici e elettrificati), sino a dare alla musica di “Venga il regno” una sonorita’ compiuta e profonda, spesso differente da quella della beta version sul disco. Qua sotto il video ufficiale di “Lettera di San Paolo agli operai“, che e’ anche in tema natalizio, e che nel concerto di un par di settimane fa a Pisa ha aperto le danze proiettato sull’ex-schermo cinematografico del Lumière, con la band che si e’ accodata in fondo per chiudere il brano con tonalita’ distorte e cattive (l’ho detto: van sentiti dal vivo…):
Terzi -o secondi ex aequo, as you prefer- i torinesi Perturbazione con “Musica x“, sesto disco del gruppo piemontese e gran bel CD. Se cercate nei post precedenti trovate molte delle tracce di Musica x, un disco secondo me piu’ rockeggiante rispetto alla precedente produzione (raramente -per dire- si apprezza il violoncello di Elena Diana), ma con musiche e testi molto, molto belli. Questa qua sotto, che chiude il disco (che ha una distribuzione pessima, lo si sappia… Vi conviene cercare i loro concerti e acquistare direttamente da loro) e’ “Legàmi“:
Quarti, dopo un paio di dischi mediamente loffi, i Pearl Jam con “Lightning Bolt“. Suono duro e massiccio almeno in un terzo dei pezzi (e questo non succedeva da parecchio in un disco dei ragazzi di Seattle), ballate rock cantate e suonate da par loro per il resto… Un CD che aspettavo ancora meglio dopo l’uscita del singolo “Mind your manners”, ma direi che li abbiamo ritrovati. Qua una ballatona che esalta la voce calda di Vedder, “Sirens“, nel frattempo sto progettando seriamente una gita in Germania per andarli a sentire a giugno (piuttosto che pagare gli strozzini italiani, preferisco Berlino):
Al quinto posto io e l’omino del mio cervello mettiamo “Il testamento“, coraggioso disco solista di Andrea Appino (il cantante degli Zen Circus). E’ un disco da ascoltare -se lo si trova…- perche’ il ragazzo s’e’ impegnato e ha tirato fuori qualcosa che c’entra molto poco con la musica della sua band, che ha velleita’ “alte” nei testi e nelle evocazioni, e riesce tutto sommato benissimo in questi due punti cruciali. L’ispirazione per il lavoro e’ stato il suicidio di Mario Monicelli, ma parecchi brani sono autobiografici e molto pesanti. Ce ne fossero, di dischi cosi’… Eccovi la durissima “I giorni della merla”:
Al sesto posto infilo “MVB” dei redivivi My Bloody Valentine. Lo shoegaze non mi entusiasma, ma questo disco ha i primi tre pezzi che sono adattissimi ad essere ascoltati mentre si lavora (almeno, a me riesce benissimo lavorare con i MBV in sottofondo), quindi hanno rappresentato una colonna sonora costante in parecchie delle mie giornate lavorative. E questo forse puo’ spiegare molte cose (e se vi dico che l’altra costante della mia colonna sonora lavorativa sono i Fugazi, allora si spiega tutto…). Questa e’ la seconda traccia del disco, Only tomorrow:
Lascio fuori il nuovo disco di David Bowie semplicemente perche’ non l’ho comperato ne’ ascoltato (probabilmente saro’ frustato sulla pubblica piazza), tutto il resto mettetecelo voi nei commenti, se volete 🙂
Ieri, poco dopo che la notizia della morte di Lou Reed si era diffusa, i Pearl Jam erano su un palco a Baltimora. Hanno scelto di ricordare il vecchio compagno di strada cosi’:
La canzone parla di uno (Reed, ovviamente) che -unico bianco sporco, tremante e in crisi di astinenza- si aggira ad Harlem con i dollari della dose in mano in cerca del suo pusher preferito. Come moltissime delle canzoni dei Velvet Underground prima e di Reed poi, siamo sulla destrutturazione e sulla nenia ripetitiva di un paio d’accordi ripetuti all’infinito (piu’ una variazione sul “ritornello” se cosi’ si puo’ definire…). Il resto e’ inutile orpello, il testo e’ diretto come un cazzotto, senza giri di parole:
I’m waiting for my man
Twenty-six dollars in my hand
Up to Lexington, 125
Feeling sick and dirty, more dead than alive
I’m waiting for my man
Hey, white boy, what you doin’ uptown?
Hey, white boy, you chasin’ our women around?
Oh pardon me sir, it’s the furthest from my mind
I’m just lookin’ for a dear, dear friend of mine
I’m waiting for my man
Here he comes, he’s all dressed in black
PR shoes and a big straw hat
He’s never early, he’s always late
First thing you learn is you always gotta wait
I’m waiting for my man
Up to a Brownstone, up three flights of stairs
Everybody’s pinned you, but nobody cares
He’s got the works, gives you sweet taste
Ah then you gotta split because you got no time to waste
I’m waiting for my man
Baby don’t you holler, darlin’ don’t you bawl and shout
I’m feeling good, you know I’m gonna work it on out
I’m feeling good, I’m feeling oh so fine
Until tomorrow, but that’s just some other time
I’m waiting for my man
ilnotiziabile mi ha battuto sul tempo, in ogni caso questo “Mind your manners” (che si potrebbe tradurre con “Dio ti guarda, vestiti ammodino” di donzaukeriana memoria) e’ una bella botta di musica, anzicheno.
Due countdown sono appena terminati che già ne ricomincia un terzo. L’attesa virtuale per scoprire quali novità avessero in serbo i Pearl Jam per i loro fans si sostituisce a quella reale che culminerà con l’uscita del nuovo album della band di Seattle. “Lightning Bolt” distribuito da Universal verrà dato alle stampe il prossimo 14 ottobre in tutto il mondo mentre solamente il giorno dopo negli USA, pubblicato dall’etichetta Monkeywrench Records/Republic Record. Il decimo disco registrato in studio dal gruppo e prodotto da Brendan O’Brien esce a quattro anni di distanza da “Backspacer” ed è già possibile assaggiarne un antipasto; oltre ad un video promo da poche ore è infatti in rotazione nelle radio di tutto il globo il primo singolo “Mind Your Manners“, pubblicato in esclusiva attraverso i canali ufficiali della band americana.
E proprio il sito internet di Eddie Vedder e compagni nei giorni scorsi era stato preso d’assalto dalla curiosità
Ma cosa c'è dentro un libro? Di solito ci sono delle parole che, se fossero messe tutte in fila su una riga sola, questa riga sarebbe lunga chilometri e per leggerla bisognerebbe camminare molto. (Bruno Munari)