La mattina del 24 febbraio 2013 Eritreo Cazzulati -pensionato settantanovenne con la minima da 500 Euro al mese e la sciatica d’ordinanza- si alzo’ di buon ora come tutte le mattine, e come tutte le mattine mise a scaldare il caffe’ avanzato dal giorno prima.

Era una mattina speciale, per Cazzulati: dopo l’ultima tornata delle politiche, nel 2008, l’anziano ex-minatore non aveva piu’ potuto esercitare il suo sacrosanto e inalienabile diritto di voto.
Cazzulati era vissuto con il mito del voto come conquista democratica e civile; s’era addirittura convinto -con gli anni- che pure le donne avessero diritto ad esercitarlo. Seppure con moderazione, e -preferibilmente- solo dopo la menopausa, cosi’ da non essere influenzate dalle oscillazioni ormonali.
Era un progressista, Eritreo, veramente. Per essere un settantanovenne ex-minatore di carbone, s’intende.
Bene: domenica 24 febbraio, dopo la tazzina di caffe’ riscaldato e una successiva, rapida abluzione di faccia e ascelle (il minimo sindacale per uno della sua eta’), inforcati occhiali trifocali e dentiera da libera uscita, il Nostro -indossato il miglior Principe di Galles di quando partecipava alle riunioni sindacali oramai un secolo prima- recupero’ la scheda elettorale con ancora qualche spazio per timbri ed annulli, pesco’ in un cassetto della ribaltina all’ingresso la carta di identita’ (miracolosamente ancora valida) e usci’ di casa alla volta del seggio 42, Scuola Elementare “Sandro Pertini”. L’idea era quella d’arrivare prima dell’apertura del seggio, per essere (come quasi sempre) il primo elettore del comune di Vergate sul Membro, hinterland milanese di nebbia e partite IVA.
Quell’anno Eritreo Cazzulati sentiva su di se il peso degli anni e la responsabilita’ di una scelta che avvertiva fondamentale. Non tanto per lui e la sua oramai incerta vita, ma per un Paese che tutti davano sull’orlo del baratro. Il prossimo governo avrebbe fatto il passo verso lo sprofondo, oppure avrebbe miracolosamente tirato il popolo fuori dalle ambasce, e trasformato l’Italia nella locomotiva non d’Europa, ma dell’intero globo terracqueo.
Capite bene che si trattava di un fardello enorme, e Cazzulati ne era consapevole. Tanto consapevole che aveva passato gli ultimi quaranta giorni a fare zapping compulsivo tra trasmissioni televisive e tribune politiche alla radio. Aveva acceso abbonamenti con quotidiani di centro, di destra e di sinistra. Aveva contattato ex terroristi rossi e neri per ricevere riviste clandestine in cui le posizioni di tutti i partiti venivano sezionate, analizzate e nuclearizzate senza alcuno scampo. S’era iscritto a newsletter e forum online in cui tutti i politici erano santi, o demoni, o santi e demoni allo stesso tempo. Aveva sviluppato, come si dice in questi casi, una visione a 360° della contesa elettorale, e aveva in mente da almeno una settimana il suo voto sia alla Camera che al Senato. Voto “disgiunto”, cosi’ che si verificasse quell’incastro di percentuali e resti per cui la governabilita’ era assicurata in entrambe le Camere, con in piu’ la benedizione delle potenze Europee e dei poteri forti. Pure il vecchio Papa, prossimo al ritiro, sarebbe stato contento del suo voto: Cazzulati ne era convinto.
Con la tetragona certezza d’essere prossimo ad un passo decisivo per la rinascita dell’Italia, Cazzulati arrivo’ al seggio per primo. La sua faccia esprimeva decisione e tranquillita’, e Presidente e scrutatori non poterono non essere rinfrancati da quel primo elettore cosi’ arzillo e vispo, alla faccia dell’eta’ avanzata e degli evidenti acciacchi. La convinzione che si leggeva sul volto di Eritreo Cazzulati alle otto del mattino era un balsamo per gli occhi cisposi e le menti annebbiate degli operatori del seggio 42.
Cazzulati fu identificato, uno degli scrutatori verifico’ che il suo nome fosse negli elenchi, un altro gli consegno’ le due schede intonse e la matita copiativa che una sola azienda produceva ancora, nel 2013, al solo scopo di venderla allo Stato in occasione delle elezioni.
L’anziano pensionato, volto ancora sorridente, prese il tutto e s’avvio’ quasi danzando (in realta’ era la sciatica che lo tormentava nella parte sinistra del corpo) verso la cabina centrale.
Tirata la tenda e stesa davanti a se la prima scheda (Camera), Cazzulati diresse la matita copiativa verso il simbolo che aveva prescelto al termine della sua quaresima di studio: Partito del Progresso. Erano all’opposizione, prima che arrivassero i tecnici, e rappresentavano una continuita’ con la sinistra dei bei vecchi tempi. Anche perche’ alleati con il PdP c’erano quelli di Sinistra e Vanita’, veri emblemi del progressismo illuminato di lotta e di governo. Una scelta, quella di Cazzulati, in linea con i dettami degli alleati europei, una continuita’ con il precedente governo dei tecnici.
“Si, ma…” penso’ Cazzulati proprio quando la punta della matita copiativa stava per toccare il foglio. “Si, ma se questi son d’accordo coi i tecnici, che senso ha votare loro e non i tecnici? Io voto “Scelta Fisica“, allora!”. E, con il sorriso ancora piu’ stampato sulle labbra mosse la matita verso il nuovo bersaglio.
Mentre la mano percorreva la distanza tra le due caselle, l’occhio di Cazzulati cadde sul simbolo del partito di centro destra che da vent’anni dominava la scena politica e le cronache giudiziarie italiane: la Squadra delle Liberta’. Nella sua mente mai e poi mai aveva considerato l’idea di votare per quello schieramento, guidato da un vecchio quasi quanto lui, che pero’ si scopava fior di ventenni. “E Cristo! Mica e’ un delitto, no? E poi, vince sempre lui. Io son vecchio e le elezioni le ho sempre perse. Stavolta puo’ essere l’ultima, e voglio provare l’ebrezza di vincere!”.
L’idea malsana duro’ un battito di ciglia degli occhi non piu’ cosi’ vispi del pensionato, la cui mano adesso tremava impercettibilmente. E il tremore si accentuo’ ancor di piu’ quando la matita passo’ davanti al simbolo di “Rivoluzione Penale“, il partito dell’ex-magistrato oriundo tornato dal Paraguay solo per candidarsi. Forse, era proprio una rivoluzione quello di cui aveva bisogno l’Italia, no?
Non certo di un voto per “Sorelle Bandiera“, un gruppo di nani e ballerine di dubbia professionalita’ ma di certa fede per epoche passate, in cui le elezioni non c’eran proprio. Ma Cazzulati aveva vissuto quell’epoca come un sogno, in una tranquilla cittadina di campagna mai toccata dalla guerra e dalle razzie, quindi ricordava con piacere i tempi del Ducetto, e magari avessero vinto loro, sarebbe ritornato quel periodo d’oro…
La confusione iniziava ad annebbiargli la vista, la matita roteava sul foglio descrivendo orbite ellissoidali, il sudore imperlava freddo la fronte del Cazzulati, oramai sull’orlo della crisi isterica.
La botta finale al cuore di Cazzulati, che aveva sino a quel momento battuto per quasi due miliardi e mezzo di volte senza perdere un solo colpo, lo diede la visione d’un altro simbolo: una rosa rossa mischiata ad altre robe strane tra cui una zampa di gallina e un fottìo di stelle gialle.
Cazzulati si spense nel momento in cui il suo cervello riconobbe in quel coacervo di segni grafici il simbolo dei Radicali. Accanto a quello verde erba della Leva Gold e a quello della Squadra della Liberta’. Tutto poteva accettare, ma non che idee di civilta’ sociale e di vero liberismo si mischiassero a quel lupanare di arrivisti ignoranti. Anche se, a dirla tutta, manco era la prima volta che succedeva…
Gli scrutatori, accertato il decesso, chiamarono l’ambulanza per la rimozione del cadavere.
In pochi minuti il seggio 42 della Scuola Elementare “Sandro Pertini” fu di nuovo in grado di accogliere la folla di elettori, che sempre piu’ numerosi accorrevano a dare il loro voto a chi, dallo schermo catodico, aveva loro promesso le cose piu’ appetitose e desiderabili.
Come sempre, in questo paese.
[NB: Spero che Lunari non faccia mai morire Eritreo Cazzulati]
Barney
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