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Different seasons – Winter again

Era stanco di spiegare a tutti quel che gli era successo. Stanco, e svuotato di energie e di entusiasmo.

Visto che s’era oramai al tramonto di quel sole pallido e gelato, per analogia lo si sarebbe potuto semplicemente definire “vecchio”, e ci si sarebbe risparmiati un lungo spiego, che avrebbe di certo compreso almeno un accenno a lei. E questo, sopra tutto, l’avrebbe stancato e gli avrebbe tolto l’entusiasmo.

Il vecchio -perche’ lo chiameremo cosi’ d’ora in avanti, a significare tutto quello che s’e’ detto poco sopra- respirava piano, e il vapore che gli usciva dalla bocca si materializzava in una piccola nube bianca, poco davanti al viso. Avesse avuto un sigaro in mano si sarebbe pensato che la nuvoletta era in realta’ fumo; cosi’ -con niente tra le dita, e poco addosso- era chiaro che il vapore testimoniava soltanto stanchezza e rassegnazione.

E attesa.

Davanti a lui -nel bianco abbacinante della neve- un solo albero.

E sotto all’albero una sedia.

Vuota.

La donna si avvicino’ al vecchio da dietro, poso’ le sue mani sulle spalle vuote di carne e di speranza e chiese:

“Cosa stai facendo?”

“Aspetto”,

rispose lui con appena un filo di voce e un impercettibile aumento del livello di vapore emesso.

“Aspetto”.

Una singola lacrima apparve al limite del suo sguardo per qualche istante, poi fu riassorbita dall’occhio un attimo prima che il freddo la facesse gelare, e tutto ritorno’ immobile.

[Nessun ricordo e’ stato sacrificato per scrivere questo brano, nessun pezzo di ricambio per cuori scassati ha sofferto inutilmente. E’ semplicemente quel che e’: una storia tirata giu’ avendo in mente Nick Cave e i Bad Seeds. Io lo so, tu lo sai]

Barney

La scelta (post politico con omaggio ad Enzo Lunari)

La mattina del 24 febbraio 2013 Eritreo Cazzulati -pensionato settantanovenne con la minima da 500 Euro al mese e la sciatica d’ordinanza- si alzo’ di buon ora come tutte le mattine, e come tutte le mattine mise a scaldare il caffe’ avanzato dal giorno prima.

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Era una mattina speciale, per Cazzulati: dopo l’ultima tornata delle politiche, nel 2008, l’anziano ex-minatore non aveva piu’ potuto esercitare il suo sacrosanto e inalienabile diritto di voto.

Cazzulati era vissuto con il mito del voto come conquista democratica e civile; s’era addirittura convinto -con gli anni- che pure le donne avessero diritto ad esercitarlo. Seppure con moderazione, e -preferibilmente- solo dopo la menopausa, cosi’ da non essere influenzate dalle oscillazioni ormonali.

Era un progressista, Eritreo, veramente. Per essere un settantanovenne ex-minatore di carbone, s’intende.

Bene: domenica 24 febbraio, dopo la tazzina di caffe’ riscaldato e una successiva, rapida abluzione di faccia e ascelle (il minimo sindacale per uno della sua eta’), inforcati occhiali trifocali e dentiera da libera uscita, il Nostro -indossato il miglior Principe di Galles di quando partecipava alle riunioni sindacali oramai un secolo prima- recupero’ la scheda elettorale con ancora qualche spazio per timbri ed annulli, pesco’ in un cassetto della ribaltina all’ingresso la carta di identita’ (miracolosamente ancora valida) e  usci’ di casa alla volta del seggio 42, Scuola Elementare “Sandro Pertini”. L’idea era quella d’arrivare prima dell’apertura del seggio, per essere (come quasi sempre) il primo elettore del comune di Vergate sul Membro, hinterland milanese di nebbia e partite IVA.

Quell’anno Eritreo Cazzulati sentiva su di se il peso degli anni e la responsabilita’ di una scelta che avvertiva fondamentale. Non tanto per lui e la sua oramai incerta vita, ma per un Paese che tutti davano sull’orlo del baratro. Il prossimo governo avrebbe fatto il passo verso lo sprofondo, oppure avrebbe miracolosamente tirato il popolo fuori dalle ambasce, e trasformato l’Italia nella locomotiva non d’Europa, ma dell’intero globo terracqueo.

Capite bene che si trattava di un fardello enorme, e Cazzulati ne era consapevole. Tanto consapevole che aveva passato gli ultimi quaranta giorni a fare zapping compulsivo tra trasmissioni televisive e tribune politiche alla radio. Aveva acceso abbonamenti con quotidiani di centro, di destra e di sinistra. Aveva contattato ex terroristi rossi e neri per ricevere riviste clandestine in cui le posizioni di tutti i partiti venivano sezionate, analizzate e nuclearizzate senza alcuno scampo. S’era iscritto a newsletter e forum online in cui tutti i politici erano santi, o demoni, o santi e demoni allo stesso tempo. Aveva sviluppato, come si dice in questi casi, una visione a 360° della contesa elettorale, e aveva in mente da almeno una settimana il suo voto sia alla Camera che al Senato. Voto “disgiunto”, cosi’ che si verificasse quell’incastro di percentuali e resti per cui la governabilita’ era assicurata in entrambe le Camere, con in piu’ la benedizione delle potenze Europee e dei poteri forti. Pure il vecchio Papa, prossimo al ritiro, sarebbe stato contento del suo voto: Cazzulati ne era convinto.

Con la tetragona certezza d’essere prossimo ad un passo decisivo per la rinascita dell’Italia, Cazzulati arrivo’ al seggio per primo. La sua faccia esprimeva decisione e tranquillita’, e Presidente e scrutatori non poterono non essere rinfrancati da quel primo elettore cosi’ arzillo e vispo, alla faccia dell’eta’ avanzata e degli evidenti acciacchi. La convinzione che si leggeva sul volto di Eritreo Cazzulati alle otto del mattino era un balsamo per gli occhi cisposi e le menti annebbiate degli operatori del seggio 42.

Cazzulati fu identificato, uno degli scrutatori verifico’ che il suo nome fosse negli elenchi, un altro gli consegno’ le due schede intonse e la matita copiativa che una sola azienda produceva ancora, nel 2013, al solo scopo di venderla allo Stato in occasione delle elezioni.

L’anziano pensionato, volto ancora sorridente, prese il tutto e s’avvio’ quasi danzando (in realta’ era la sciatica che lo tormentava nella parte sinistra del corpo) verso la cabina centrale.

Tirata la tenda e stesa davanti a se la prima scheda (Camera), Cazzulati diresse la matita copiativa verso il simbolo che aveva prescelto al termine della sua quaresima di studio: Partito del Progresso. Erano all’opposizione, prima che arrivassero i tecnici, e rappresentavano una continuita’ con la sinistra dei bei vecchi tempi. Anche perche’ alleati con il PdP c’erano quelli di Sinistra e Vanita’, veri emblemi del progressismo illuminato di lotta e di governo. Una scelta, quella di Cazzulati, in linea con i dettami degli alleati europei, una continuita’ con il precedente governo dei tecnici.

“Si, ma…” penso’ Cazzulati proprio quando la punta della matita copiativa stava per toccare il foglio. “Si, ma se questi son d’accordo coi i tecnici, che senso ha votare loro e non i tecnici? Io voto “Scelta Fisica“, allora!”. E, con il sorriso ancora piu’ stampato sulle labbra mosse la matita verso il nuovo bersaglio.

Mentre la mano percorreva la distanza tra le due caselle, l’occhio di Cazzulati cadde sul simbolo del partito di centro destra che da vent’anni dominava la scena politica e le cronache giudiziarie italiane: la Squadra delle Liberta’. Nella sua mente mai e poi mai aveva considerato l’idea di votare per quello schieramento, guidato da un vecchio quasi quanto lui, che pero’ si scopava fior di ventenni. “E Cristo! Mica e’ un delitto, no? E poi, vince sempre lui. Io son vecchio e le elezioni le ho sempre perse. Stavolta puo’ essere l’ultima, e voglio provare l’ebrezza di vincere!”.

L’idea malsana duro’ un battito di ciglia degli occhi non piu’ cosi’ vispi del pensionato, la cui mano adesso tremava impercettibilmente. E il tremore si accentuo’ ancor di piu’ quando la matita passo’ davanti al simbolo di “Rivoluzione Penale“, il partito dell’ex-magistrato oriundo tornato dal Paraguay solo per candidarsi. Forse, era proprio una rivoluzione quello di cui aveva bisogno l’Italia, no?

Non certo di un voto per “Sorelle Bandiera“, un gruppo di nani e ballerine di dubbia professionalita’ ma di certa fede per epoche passate, in cui le elezioni non c’eran proprio. Ma Cazzulati aveva vissuto quell’epoca come un sogno, in una tranquilla cittadina di campagna mai toccata dalla guerra e dalle razzie, quindi ricordava con piacere i tempi del Ducetto, e magari avessero vinto loro, sarebbe ritornato quel periodo d’oro…

La confusione iniziava ad annebbiargli la vista, la matita roteava sul foglio descrivendo orbite ellissoidali, il sudore imperlava freddo la fronte del Cazzulati, oramai sull’orlo della crisi isterica.

La botta finale al cuore di Cazzulati, che aveva sino a quel momento battuto per quasi due miliardi e mezzo di volte senza perdere un solo colpo, lo diede la visione d’un altro simbolo: una rosa rossa mischiata ad altre robe strane tra cui una zampa di gallina e un fottìo di stelle gialle.

Cazzulati si spense nel momento in cui il suo cervello riconobbe in quel coacervo di segni grafici il simbolo dei Radicali. Accanto a quello verde erba della Leva Gold e a quello della Squadra della Liberta’. Tutto poteva accettare, ma non che idee di civilta’ sociale e di vero liberismo si mischiassero a quel lupanare di arrivisti ignoranti. Anche se, a dirla tutta, manco era la prima volta che succedeva…

Gli scrutatori, accertato il decesso, chiamarono l’ambulanza per la rimozione del cadavere.

In pochi minuti il seggio 42 della Scuola Elementare “Sandro Pertini” fu di nuovo in grado di accogliere la folla di elettori, che sempre piu’ numerosi accorrevano a dare il loro voto a chi, dallo schermo catodico, aveva loro promesso le cose piu’ appetitose e desiderabili.

Come sempre, in questo paese.

[NB: Spero che Lunari non faccia mai morire Eritreo Cazzulati]

Barney

Riscrittura collettiva! Due minuti a mezzanotte: Le regole del gioco

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Alex McNab, che scrive da molte parti e di molte cose, ha tirato fuori un nuovo round robin di scrittura collettiva.

Stavolta non ho proprio potuto esimermi dal partecipare, visto che l’ambientazione e’ “fantascientifico-supereroistica”. Leggete, sulla pagina sopra linkata, un po’ di dietro le quinte, e poi cominciate a seguire settimanalmente il dipanarsi degli eventi: domani Alex pubblichera’ il capitolo uno.

2minutiamezzanotte.blogspot.it

Barney

Different seasons – Winter

Salgono sul treno semivuoto e freddo pochi minuti prima della partenza. Si vede che tornano da un viaggio: hanno un trolley a testa, sono stanchi e piombano sui sedili come mattoni sulla neve, quasi lasciandoci l’impronta spossata dei loro corpi. Scelgono un posto che mi permette di vedere bene lei: sia direttamente, sia riflessa sul finestrino accanto a me. La sua voce mi arriva chiara e nitida. Lui, invece, e’ coperto dal sedile e lo intuisco dagli scarponcelli che ogni tanto appaiono in basso, davanti alla ragazza. Ogni tanto sento una specie di bisbiglìo, una sola volta si avverte una sequenza di suoni che somiglia ad un discorso articolato.

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Questo e’ “Source Code”. Il treno c’e’, la coppia con grossi problemi pure, e poi e’ un gran bel film…

Ma e’ chiaramente lei ad avere in mano la scena.

Si capisce che c’e’ qualcosa che non va tra di loro, qualcosa che s’e’ rotto poco prima. Lei parla a voce alta, e accusa lui di averle rovinato la serata, di stare costringendola in pratica ad andare con lui al compleanno della nonna senza che lei ne abbia alcuna voglia. Lei avrebbe voluto terminare la piccola vacanza stando da soli, assieme, magari a riposarsi davanti ad un camino.

Da alcune frasi parrebbe che addirittura la storia sia oramai alla fine. Lei rinfaccia a lui di non avere mai il coraggio di dire le cose come stanno. Ricorda al ragazzo la figuraccia che le ha fatto fare l’anno prima, il primo di gennaio, quando hanno cannato il pranzo a casa dei genitori di lui che li aspettavano per iniziare, mentre loro dormivano beati perche’ lui aveva detto che “in casa mia il primo dell’anno fanno tutti quel che cazzo gli pare”.

Sembra un fiume in piena, lei: non smette un secondo di parlare, e come lui accenna ad una reazione, lei gli rinfaccia la sua insicurezza, il suo non essere un uomo adulto e vaccinato. E lei vuole accanto a se un uomo adulto e vaccinato, perlappunto; non un bimbetto.

Seguo la scena dal mio sedile e parteggio istintivamente per lui, che non vedo ma di cui intuisco solo un piede, il destro, che indossa una immacolata simil-Timberland alta alla caviglia: mi viene naturale sperare che il ragazzo riesca a introdurre nel flusso ininterrotto delle parole di lei una diga, un argine, un tappo che permetta loro di non scivolare assieme giu’ per lo scarico come acqua sporca. Tifo per lui perche’ mi sembra che la ragazza ne valga la pena: e’ forte di carattere, bella, interessante… E poi lui rappresenta un po’ il me stesso di vent’anni fa, con la stessa paura di fare qualcosa di sbagliato, e quindi la tentazione di non fare nulla per non sbagliare. Che e’ doppiamente sbagliato, anche se in ogni caso qualsiasi cosa tu faccia, sbaglierai.

Il viaggio e’ breve, ma quasi alla fine non so per quale motivo la situazione si chiarisce: la ragazza si tranquillizza e tranquillizza lui, e gli spiega che se lui decide per la cena di compleanno della nonna, lei e’ contenta e andra’ felice.

Le rimane un solo cruccio: che si ceni in fretta, perche’ poi i maschi di casa -ragazzo compreso- devono guardare la Fiorentina che gioca contro il Siena.

A lei non pare giusto che si facciano le corse a tavola per vedere una partita, e non pare giusto nemmeno a me (non che questo importi molto ai due, sia chiaro). Ma tant’e’: il treno arriva in stazione, le porte si aprono e io scendo prima di loro, lasciandoli all’ultimo problema da risolvere prima delle otto e mezza: mica tocchera’ ancora una volta alla ragazza di lavare i piatti da sola mentre gli uomini si stravaccano davanti alla tv, eh?

Eh, anche si…

Barney

Different seasons – Fall

L’arrivo della brutta stagione e’ anticipato da alcuni segni, a parte gli uccelli migratori che se ne vanno verso sud ed il calendario che -inesorabile- assottiglia sempre di piu’ le pagine ancora da scoprire.

Una delle prime avvisaglie e’ l’aumento del tasso di aggressivita’ dei venditori abusivi e dei barboni che chiedono l’elemosina vicino alle stazioni ferroviarie; oh, io li capisco perfettamente, sia chiaro: sentono arrivare il freddo e reagiscono fisiolgicamente cercando di procacciarsi, attraverso i pochi spiccioli raccattati in giro, piu’ cibo. Hanno, in sostanza, bisogno di accendere il riscaldamento del loro corpo. Cercano combustibile. E lo cercheranno sempre piu’ ferocemente man mano che le temperature si abbassano.

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Nel contempo, tra questi derelitti si scatenano delle lotte sanguinose per il controllo di un’altra delle risorse fondamentali per affrontare l’inverno: gli scatoloni di cartone. Il cartone rappresenta una prima linea efficacissima contro il freddo, e potenzia l’effetto di una eventuale rara coperta. Va difeso gelosamente dalle mire dei propri simili, e tenuto quanto piu’ possibile asciutto, il cartone. Come va difeso il territorio, soprattutto se si ha la ventura di aver scoperto una fonte di calore continua (una canna fumaria, una griglia di areazione, il muro perimetrale di un forno o di una pasticceria) e al riparo da pioggia e neve. 

 

Per un meccanismo del tutto differente, che deve avere a che fare con le maree, i ritmi circadiani o la riduzione delle ore di luce solare, negli stessi periodi un’altra categoria scende massicciamene per strada in gruppi di due (spesso), tre (rarissimamente), quattro (a volte) o piu’ persone. Si tratta dei Testimoni di Geova, in perenne movimento per le vie cittadine e in costante ricerca di qualcuno che dia loro ascolto. 

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Oltre al moto perpetuo, e al fatto che quasi sempre sono in coppia, li contraddistingue un gusto nel vestirsi che si potrebbe definire “retro’ travet”, l’immancabile tracolla colma di numeri di “Watchtower”, e un borsello (o borsa a mano) piu’ piccolo, rigorosamente nero, il cui contenuto e’ noto ai soli adepti e ai Chierici sopra il ventesimo livello. Le coppie a volte si incrociano, dando vita a crocchi di quattro TdG che festeggiano l’incontro con altri loro simili fermandosi a parlare. A volte mi viene voglia di piazzarmi nelle vicinanze e mettermi ad ascoltare i loro discorsi; avranno sicuramente una loro vita…  parleranno della moglie, dei figli, del marito in fabbrica… no? Oppure, si limiteranno a commentare l’articolo principale del numero di “Watchtower” che stanno distribuendo? Quello che in genere parte con una domanda sulla vita, l’universo e tutto quanto, e poi da’ la spiegazione/soluzione: Geova o la Bibbia, o entrambi?

Chissa’… Fatto sta che ai primi freddi seri il numero dei TdG cresce sensibilmente, per poi diminuire di nuovo alla primavera successiva. Forse preferiscono girare coperti, vestiti nella loro divisa travet retro’.

 

Poi, ad annunciare la brutta stagione ci sarebbero anche le foglie che diventano gialle e cadono. Ma quelle fanno meno rumore dei venditori abusivi, dei barboni e dei Testimoni di Geova… 

 

 

Barney

Sick Building Syndrome [reloaded & pumped up]

L’esperimento di scrittura collettiva (meglio: il divertimento di una ventina di bambini e bambine poco cresciuti :-)) “Edificio Malato” s’e’ concluso felicemente un mesetto fa, e subito Davide ha tirato fuori degli add-on, o side projects, o livelli segreti o come cavolo vi pare. Ovviamente ho partecipato pure a questi round, due per adesso, e prevedo di continuare, visto che mi diverto.

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Il primo livello segreto prevedeva di scegliere un capitolo scritto da un altro partecipante, e riscriverlo mantenendo pero’ la trama e gli avvenimenti esattamente come erano nell’originale. Io ho preso il Capitolo 6, scritto da Coriolano, e l’ho “girato” direi completamente. L’ho scritto di getto in una serata, dopo averlo meditato in un paio di viaggi in treno verso casa.

Il secondo invece richiedeva di aggiungere ad un capitolo (sempre scritto da altri) un blocco di cento parole esatte, non stravolgendo lo stile dell’autore precedente e cercando di risultare “omogeneo” al resto del testo. La mia creazione e’ questa qua (il blocco “nuovo” e’ evidenziato cosi’: <—>), e si introduce credo non troppo male nel capitolo scritto da Angelo Benuzzi. La cosa divertente e’ che questo pezzettino e’ venuto fuori quasi da solo in cinque minuti, esattamente cosi’ come e’, e lungo esattamente cento parole.

Ach! M’ero quasi dimenticato di ri-sponsorizzare il mio capitolo “serio”

 

Barney

On writing, seriously

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Notevole raccolta di jokes sulla scrittura. Si parte con una allitterazione da evitare come la peste, il tono e’ quello per tutto il documento. Simpatico.

Barney

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Ho scritto e postato il mio capitolo dell’esperimento di scrittura collettiva. Sono abbastanza soddisfatto del risultato, se si considera che ci ho lavorato in treno/alla stazione in attesa del treno in ritardo/la notte, e soprattutto se penso che l’ho scritto per il 70% prima di leggere il capitolo precedente.

Citazioni sparse, soprattutto da Neil Young ma non solo. Eccolo qua.

 

Barney

Catene creative

Non so cosa m’e’ preso ma mi sono proposto, assieme ad altri ventitre’ soggetti, per un esperimento di scrittura collettiva. Si tratta di buttare giu’ un capitolo ciascuno di una storia cui e’ dato, per addesso, solo il titolo e l’incipit. Li potete leggere entrambi qui; appena Davide avra’ attivato il blog del progetto, segnalero’ l’indirizzo.

Pomodori e cavoli marci solo su di me, grazie: gli altri son tutti brave personcine. E ci possono essere anche piu’ signore, nascoste tra i nick…

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Barney