Come ho avuto modo di scrivere gia’ parecchie volte, avere tre figli in eta’ scolare ci permette di toccare con mano la qualita’ e lo stato generale dell’istruzione nel nostro paese. Si, certo: lo spaccato e’ quello di una piccola citta’ di provincia del centro Italia, e non si puo’ generalizzare. Pero’ un’idea ce la si fa.
E non e’ confortante, per nulla.
Iniziamo dalle infrastrutture. Le scuole frequentate dai nostri figli sono tutte ricavate da antichi conventi o da palazzi medievali. Architettonicamente siamo di fronte a veri e propri gioielli, pero’ del tutto inadatti a svolgere il compito loro richiesto. E assolutamente insicuri, da tutti i punti di vista. Le aule sono sporche, piccole, fredde, umide. L’altro giorno sono stato alla riunione per l’elezione dei rappresentanti del figlio di mezzo (quinta ginnasio): sotto i banchi c’erano collezioni di lattine e carte di patatine, di merendine, di crackers… Di quel che vi pare. Tutto sembra stazioni li’ dalla classe precedente. Sotto un banco (che ho poi scoperto esser quello di mio figlio) c’era un romanzo di Isaac B. Singer. Saverio l’ha trovato li’, e dice che lo legge quando ci sono le interrogazioni dei compagni. La classe ha come uscita di sicurezza una finestra che da su un ballatoio (ovviamente e’ un ex-convento), ma e’ improbabile che la cosa faccia differenza, in caso di pericolo: dal ballatoio infatti le uscite sono due rampe di scale vecchie e scivolose, a decine di metri di distanza.
Le altre scuole sono in condizioni simili. L’altro giorno un collega che ha la famiglia in Basilicata mi diceva che al paese dei suoi gli unici tre edifici lesionati dalla scossa di terremoto sono stati la chiesa medievale, un vecchissimo convento e la scuola, costruita nuova nel 1999. In Molise i morti per il crollo della scuola elementare. nel 2002, furono 28. A l’Aquila, la casa dello studente e’ uno degli edifici che ha fatto il maggior numero di vittime solo tre anni fa. Insomma: l’edilizia scolastica e’ una delle priorita’ italiane, subito prima della potatura degli oleandri in autostrada, e del raddrizzamento delle banane guatemalteche.
In una situazione del genere, studiare non e’ semplice, ne’ (va detto) e’ semplice insegnare: classi-pollaio, male aerate e male illuminate, sporche e fatiscenti, non agevolano docenti e discenti nei rispettivi compiti.
I discenti, poi, sono nella maggior parte ragazzi insofferenti, cresciuti a televisione e reality, a videogame mordi-e-fuggi, letture poche se va bene, se va peggio nulle.
C’e’ da dire che i docenti hanno la loro piccola parte in tutto questo: in Italia troppe volte l’insegnamento e’ un ripiego sicuro, una professione “da donna” che ti lascia -nella vulgata classica- piu’ di meta’ giornata libera per fare quel che ti pare. Non e’ cosi’, certamente. Pero’ ho l’impressione che per tutta una serie di coincidenze (i luoghi disastrati, freddi e sporchi, i pochissimi soldi che arrivano tutti i mesi sul conto corrente, gli studenti insofferenti e maleducati, magari i colleghi menefreghisti ancor piu’ dei ragazzi…) per tutta una serie di motivi i professori italiani abbiano perso la voglia e l’entusiasmo di passare le loro conoscenze alle generazioni successive.
Eppure si puo’ insegnare divertendosi e divertendo il pubblico. Soprattutto se si insegnano materie difficili, come la fisica o la matematica.
Ecco alcuni esempi famosi e meno famosi: cominciamo da Mr. Randall “xkcd” Munroe, che ci racconta in questa intervista come e’ nato lo spinoff di uno dei siti piu’ famosi del web. Da una serie di lezioni…
Passiamo poi ad un altro famoso insegnante di fisica statunitense: James Kakalios e la sua fisica dei supereroi, che spiega concetti difficili usando ad esempio Spiderman e Magneto. Il suo libro e’ divertente quanto questa lezionciona da un’ora.
Uno famoso perche ha pure vinto il Nobel e’ Richard Feynman, che ha scritto due libriccini tratti dal suo corso introduttivo di fisica alla Caltech dei primi anni ’60. Qua ci parla di atomi, come se parlasse di farfalle:
Infine, lasciando fuori moltissima roba, segnalo TED, idee che vale la pena condividere.
Ecco, vorrei che un po’ della scuola dei miei figli fosse cosi’, che desse loro la voglia e l’entusiasmo di imparare anche divertendosi. Perche’ non e’ detto che studiare debba per forza essere una rottura di palle, no?
Barney