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Non è un paese per vecchi, né per giovani

Mi riaffaccio qua intanto per dare presenza della mia esistenza in vita, il che non fa mai male.

Poi per raccontare un episodio piccolo che m’è capitato qualche giorno fa.

Dunque: saprete che esiste questo fantasmagorico Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (o PNRR per gli amici), che mette a disposizione del nostro paese una caterva di miliardi di Euro, parte a fondo perduto (traduzione: gratis et amore dei), parte da restituire ma ad interessi agevolati. Questa carrettata di soldi va impiegata per far ripartire il carretto Italia: per ammodernare le Pubbliche Amministrazioni, per realizzare infrastrutture, per supportare la transizione verso Industria 4.0 (qualsiasi cosa ciò significhi, ovviamente)… cose così insomma.

Questa montagnola di soldi è un’opportunità, ma anche un problema per l’Italia perchè va impegnata prestissimo e secondo criteri che dovranno passare il vaglio della Commissione Europea. Insomma: non si può fare alla cazzo di cane come al solito, né usare il malloppo per “ridurre le accise sul gas e la benzina” (cit. Meloni e Salvini), né tantomeno rifinanziare il reddito di cittadinanza per come è oggi.

Queste due condizioni (spendere PRESTO e BENE) hanno già prodotto nel settore di cui mi occupo io (lo Spazio) la simpatica conseguenza che una buona fetta di investimenti italiani per l’industria aerospaziale, volti soprattutto allo sviluppo di sistemi satellitari di osservazione della Terra, sono stati dati in gestione all’ESA (l’Agenzia Spaziale Europea) invece che a strutture nazionali. Si tratta di circa 1,4 Miliardi di Euro, non esattamente bruscolini, e la gestione di bandi, controlli e collaudi costerà all’Italia il 6% di quei 1,4 Miliardi di Euro.

Intendiamoci: questi soldi dovranno essere spesi da aziende italiane, e dovranno generare profitto in Italia, e l’ESA non è poi così inefficiente nel gestire grandi programmi. Però questa scelta è un segnale: come paese non siamo bravi (pietoso eufemismo) ad allocare soldi dove servono, né tantomeno a spenderli velocemente.

Ma veniamo a me.

Leggo pochi giorni fa, a fine novembre, che c’è un bando pubblico per la selezione di esperti che supporteranno i vari Ministeri nella gestione del PNRR. Bene: è un lavoro a tempo, si tratta di cose che conosco abbastanza bene (e aggiungo che le conosco “dalle due parti” per aver lavorato in entrambe: quella della Pubblica Amministrazione che bandisce le gare ed eroga i finanziamenti, e quella dell’azienda che risponde ai bandi e spende i soldi), pagano -per una volta- molto bene… Decido di candidarmi, alla fine saremo in migliaia e anche se fossi selezionato potrei rinunciare (nel caso di un attacco di pazzia improvvisa, dico).

La candidatura si fa solo attraverso il “Portale del Reclutamento” (quando leggo “Portale” io pronuncio “Porcale”, metto mano alla bestemmiatrice e imposto il tiro sulla raffica) della PA.

E va fatta molto velocemente. perchè il tempo concesso è dal 30 novembre al 6 dicembre 2021. Una settimana scarsa.

Ok, andiamo sul Porcale.

Si entra solo con SPID. Bene: ce l’ho. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto con errori di server da ambo le parti (quello delle Poste Italiane che mi ha cortesemente offerto lo SPID gratis, e quello del Portale del Reclutamento) scopro che servono due devices, perche’ con quello su cui hai lo SPID devi inquadrare un QRCode dalla pagina del Portale, ma alla fine riesco ad entrare e il sistema riempie le prime tre o quattro caselle della domanda di partecipazione (nome, cognome, sesso, data di nascita e codice fiscale). Eccellente partenza, invero.

Da qua in poi si deve “caricare il Curriculum“. Che non significa prendere l’ultimo CV che hai, magari in formato Europass, magari in inglese, oppure connettere il Portale alla tua pagina Linkedin.

No: significa proprio riempire tutte le fottute caselle, tutte fottutamente indispensabili per passare a quelle successive.

Bene, e’ sabato e mi metto di buzzo buono nell’impresa.

Che fallisce immediatamente allo step 1: Titolo di studio.

Io non è che non abbia titoli di studio, eh? E’ che essendo oramai cinquantaquattrenne, e non avendo mai dato alcun significato al pezzo di carta non ho copie incorniciate di Laurea e Dottorato di Ricerca per la casa. Mal me ne incoglierà, come vedremo.

Le caselle da riempire sono:

  • Ciclo di dottorato seguito
  • Data di conseguimento del titolo
  • Università che l’ha rilasciato
  • Votazione

La tesi di Dottorato la discussi nel 1997, ma la data esatta è buio totale. Cerco disperatamente di ricordarmi almeno il ciclo, scopro che è(ra) il IX (dell’era fascista, probabilmente…), e provo a vedere se in rete esistono dei database. Ne esiste uno gestito dal CINECA che però parte dal XII ciclo (borbonico, suppongo) e da questo database si ottiene quasi nulla di significativo, non certamente i nomi dei vincitori del concorso, ad esempio. Né tantomeno la data di conseguimento del titolo.

Ok, piano B: scrivere all’Università che ha rilasciato il titolo. Nel mio caso dovrebbe essere Roma 1, l’esame finale lo feci lì oramai più di vent’anni fa. Dal sito riesco a trovare un indirizzo email dell’ufficio Dottorati, e scrivo per sapere come caspita si fa ad ottenere un certificato di addottoramento. La risposta anonima (che inizia con un inconcepibile “Gentile Dott.ssa” che non mi offende per nulla, ma che la dice lunga su quanto devono aver letto la mail in quell’ufficio) arriva a bando oramai chiuso da un par di giorni; mi si dice che tutti i certificati di Dottore di Ricerca conseguiti fino al 1999 possono essere richiesti esclusivamente al MIUR secondo le modalità che un cortese link mi spiega.

Intanto apprendiamo immediatamente che “I Diplomi non possono essere spediti per posta“. Quindi, per entrare in possesso della pergamena che attesta che ho il titolo io devo andare (o mandare qualcuno con delega firmata da me) direttamente al MIUR, avendo cura di aver con me:

  • il certificato sostitutivo del titolo, rilasciato dalla Università dove è stato sostenuto l’esame finale, dopo la consegna degli attestati di deposito delle tesi presso le Biblioteche Nazionale di Roma e Firenze;
  • una marca da bollo di € 14,62.

Per la marca da bollo nessun problema, per il certificato sostitutivo invece temo che dovrei mettermi a scavare in qualche antro-segreteria alla ricerca di quel “certificato sostitutivo” che incautamente mi pare (non ne sono sicuro) di non avere mai richiesto.

Capirete che non ho applicato, alla fine.

Ma questa storia è paradigmatica di come funzionano le cose nella Pubblica Amministrazione, anche quando ci sono –forse, gli dò il beneficio del dubbio- le migliori intenzioni di fare qualcosa per bene:

  • Hai un problema grosso (spendere i soldi presto e bene, ricordiamocelo), e ti accorgi che con la struttura inefficiente che hai (la macchina della Pubblica Amministrazione Italiana) non lo potrai gestire.
    1. Se sei Colao, applichi la soluzione semplice ad un problema complesso: deleghi a qualcuno che si suppone sappia gestire ‘ste cose (per ESA 1,4 Miliardi da gestire sono bruscolini, alla fine).
    2. Altrimenti fai un bando per selezionare chi potrebbe aiutarti, MA…
      • Tieni aperto il bando per sei giorni (forse perchè la presa di coscienza che il problema è grave c’è stata tardivamente…), e
      • Alla fine selezioni “naturalmente” chi in questi contesti ha già tutto pronto: il concorsista pubblico seriale. Che è esattamente colui di cui NON HAI BISOGNO.

Vorrei spendere due parole sull’ultimo punto. In casi come questi dove i soldi che gireranno sono parecchi e le possibilità di -come dire?- circuire il finanziatore (ossia lo Stato) numerose, sarebbe il caso di arruolare nel novero di coloro che controllano le cose qualcheduno esperto in -come dire?- circuiti circonvenzioni. A partire dall’inizio, ossia da quando si scrivono i bandi, per continuare nella loro assegnazione tramite gara e nel controllo degli stati di avanzamento. Per prendere un pirata informatico non assumi un programmatore PHP, per dire: meglio convincere un hacker a lavorare per te, perchè i trucchi per sfondare il tuo firewall l’hacker li conosce, probabilmente il programmatore PHP no.

Non so cosa ne sua uscito, dalla selezione ultrarapida con modalità da PA old style di centinaia di “tecnici” di supporto all’attuazione del PNRR. Per me poco di significativo, a parte l’avere impegnato un par di milionate per il pagamento delle consulenze. Per arrivare alle centinaia di miliardi bisognerà fare molto, molto di più.

Perché alla fine, come cantava Lou Reed, raccoglierai quel che hai seminato.

Barney

Tre accordi

E’ che l’ho risentita ieri, e in tempi di post-Festival non posso non farla riascoltare.

Tre accordi, appunto. Sotto, la storia di un ragazzo disperato che vive in una sporca stanza col padre che lo picchia perche’ s’e’ stancato di chiedere l’elemosina.

E’ New York, ma non Wall Street.

E’ il Dirty Boulevard di Lou Reed dove Pedro, alla fine, trovato un libro nella spazzatura, spera di poter sparire se conta fino a tre.

Vola via solo perche’ legge.

Quando finira’ il sogno, trovera’ il solito sporco viale di sempre, con i soliti tre accordi e il padre che lo mena.

 

Barney

11/22/63

Sul libro di Stephen King ho gia’ scritto, i piu’ connessi avranno in mente la serie TV di quest’anno; il libro e’ certamente superiore.

Per parlare di qualcosa di piu’ serio del dibBattito Si-No-Non sa/non risponde che impazza in queste settimane, che neanche si fosse allo stadio a vedere un derby di alta classifica (peraltro con la maggior parte della gente nella stessa condizione del tifoso tipo, ovvero persona assolutamente ignara dei fatti ma che si sente in dovere di pontificare dall’alto della propria crassa ignoranza…), non resta che ricordare l’omicidio di JFK anche con la musica, oltre che con la citazione di uno dei piu’ bei libri del Re.

Ecco allora Lou Reed che canta del giorno in cui John Kennedy mori’, 0ramai 53 anni fa:

 

Barney

Still life with white light(er), but without white heat

Bastano foto e brano musicale 🙂

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Barney

Playlist. March, 14th 2014

E’ venerdi’, sono stanco ma felice e tranquillo. E queste sono le canzoni che ascolto, stanco ma felice e tranquillo…

Satellite of love” di Lou Reed nella versione di Morrissey:

 

Heaven” dei Talking Heads presa da “Stop making sense”, che e’ una roba da vedere almeno una volta nella vita:

 

The one I love” dei R.E.M., che mi ricorda i miei vent’anni e altre cose, e che no: non e’ un pezzo romantico…

 

Behind blue eyes“, dei Who. Perche’ nessuno sa come e’ essere triste dietro quegli occhi blu… E perche’ qua sotto ci sono Keith and John ancora vivi.

 

Hey hey, my my” di Neil Young. ‘Cause it’s better to burn out than to fade away. Siempre. E poi la ruggine non dorme, mai.

 

Del nostro tempo rubato“, dei Perturbazione. Che sarebbe davvero bello ridere di noi…

 

Gimme shelter” degli Stones ma cantata da Patti Smith. Un inno alla pace con la guerra che e’ solo uno sparo (o un bacio?) piu’ in la’.

 

Black hole sun” dei Soundgarden, per finire in bellezza. Won’t you come?

 

 

Barney

Interludio musicale

I Cowboy Junkies dal vivo che rifanno “Sweet Jane ” dei Velvet Underground. Bella roba!

 

Barney

 

26 dollars in my hand

Ieri, poco dopo che la notizia della morte di Lou Reed si era diffusa, i Pearl Jam erano su un palco a Baltimora. Hanno scelto di ricordare il vecchio compagno di strada cosi’:

La canzone parla di uno (Reed, ovviamente) che -unico bianco sporco, tremante e in crisi di astinenza-  si aggira ad Harlem con i dollari della dose in mano in cerca del suo pusher preferito. Come moltissime delle canzoni dei Velvet Underground prima e di Reed poi, siamo sulla destrutturazione e sulla nenia ripetitiva di un paio d’accordi ripetuti all’infinito (piu’ una variazione sul “ritornello” se cosi’ si puo’ definire…). Il resto e’ inutile orpello, il testo e’ diretto come un cazzotto, senza giri di parole:

I’m waiting for my man
Twenty-six dollars in my hand
Up to Lexington, 125
Feeling sick and dirty, more dead than alive
I’m waiting for my man
Hey, white boy, what you doin’ uptown?
Hey, white boy, you chasin’ our women around?
Oh pardon me sir, it’s the furthest from my mind
I’m just lookin’ for a dear, dear friend of mine
I’m waiting for my man
Here he comes, he’s all dressed in black
PR shoes and a big straw hat
He’s never early, he’s always late
First thing you learn is you always gotta wait
I’m waiting for my man
Up to a Brownstone, up three flights of stairs
Everybody’s pinned you, but nobody cares
He’s got the works, gives you sweet taste
Ah then you gotta split because you got no time to waste
I’m waiting for my man
Baby don’t you holler, darlin’ don’t you bawl and shout
I’m feeling good, you know I’m gonna work it on out
I’m feeling good, I’m feeling oh so fine
Until tomorrow, but that’s just some other time
I’m waiting for my man

Non serve altro, grazie.

Barney