Il casino e’ scoppiato per questa vignetta qua:
La bufera ha travolto tutti i social media, e avrei preferito non scrivere nulla visto che tanto sarebbe inutile cercare di far capire il senso della vignetta; inoltre se una vignetta t’aa devo spiega’, perde tutta la sua potenza e il suo significato.
Meno male che c’e’ chi ha scritto qualcosa di incredibilmente efficace, sull’argomento, quindi non faro’ altro che copincollare il commento di Daniele Caluri (e se non conoscete Daniele Caluri si capisce il perche’ la vigna non l’avete capita), mettendo solo grassetti e sottolineature a cazzo qua e la’, come se fosse antani:
Perché me la prendo tanto a cuore per casi come questo? Perché insisto, cosciente di andare a infrangermi su una scogliera di una durezza incrollabile? Perché la satira, in quanto esercizio critico dell’intelligenza, è un argomento che mi sta sommamente a cuore, che considero fondamentale in una democrazia matura e che ritengo indispensabile anche per chi non ha tutti gli strumenti per decodificarla.
Detto questo, mi fa piacere che molti di voi abbiano colto il punto della vignetta di CH e, anzi, lo abbiano spiegato meglio di quanto non avrei saputo farlo io, che ‘un son bòno a una sega. A tutti gli altri*:
- ogni vignetta è automaticamente riuscita? Ma nemmeno per idea.
- Ogni vignetta è legittima? Sì. Perfino quelle razziste, fasciste o eversive. Un paese maturo ha gli anticorpi per giudicarle per quello che sono.
- Affermare che comunque si ha il diritto di criticare anche aspramente, secondo il proprio giudizio (o, peggio, secondo il proprio gusto) una vignetta, è del tutto inutile e pleonastico. Quel diritto è implicito, e ribadirlo non aggiunge nulla alla discussione, salvo urlare disperatamente “Ehi, guardatemi, esisto anch’io”.
- La satira è fatta per tutti, non per i soli addetti al settore. Quella si chiama attività manustupratoria.
- Non capire una vignetta non vuol dire essere più stupidi. Ci si può rimanere male rispetto ad altri che invece l’hanno ben interpretata, certo, ma magari mancano solo alcuni strumenti di decodifica per riuscirci a propria volta.
- Più una vignetta è urticante e tocca nervi scoperti, più l’opinione pubblica fatica ad abbattere un’indignazione spontanea per poterne apprezzare il senso reale. Ci vuole un lavoro importante, dal punto di vista intellettuale, per superare la reazione di pancia e godere del risultato. Ma ciò è alla portata di tutti. O quasi.
- Non esiste il “secondo me la satira dovrebbe essere/dovrebbe fare/dovrebbe occuparsi di”. Esiste la satira, indipendentemente da quello che piacerebbe a voi.
- La satira NON DEVE far ridere (ops!). Non come obiettivo finale, almeno. La satira fa ANCHE ridere, la maggior parte delle volte. Ma a monte è finalizzata ad altro.
- Reclamare altre vignette per par condicio, tipo “Perché non fanno satira su quello o su quell’altro?” è quanto di più cretino possa capitare a chi la satira la fa, e anche a chi prova a interpretarla.
- Così come è cretino invocare fantomatici paletti dettati dal buon gusto. Il buon gusto e la satira sono come l’acqua con l’olio.
Questo in un paese ideale. Di certo non in uno come il nostro, in cui la stampa e i principali mezzi d’informazione cavalcano l’indignazione per una manciata di click di merda, anziché contribuire a spiegare perché quella data vignetta è stata fraintesa e provare, passo dopo passo, a fornire quegli strumenti di decodifica a che ne è privo o quasi.
* elenco suscettibile di integrazioni, mi sa.
Aggiungo uno dei commenti che Daniele ha postato sotto al suo scritto:
Ragazzi, questa vignetta è urticante?
Sì. Lo è. È tremenda e dolorosissima.
Ma NON PRENDE PER IL CULO LE VITTIME.
La cosa drammatica è non capire che non è fatta CONTRO di noi, ma A NOSTRO SOSTEGNO.
Non saprei come spiegare meglio quel che oggi riempie la Rete, davvero.
Potrei tentare con azzardate metafore, tipo “E’ inutile che andiate a tifare a una partita di pallacanestro se non sapete una sega delle regole di quello sport“, ma il senso e’ che il fumetto e la satira in generale non son cose immediate, e soprattutto han bisogno di pratica oserei dire quotidiana. Pero’ se vi allenate poi i risultati si vedono.
Non si nasce imparati in nulla, insomma, se non in “FATE GIRAREEEEE!!!!111!!Uno!!11“: cliccare e’ facile, leggere meno. Interpretare ancor di piu’.
Apprezzare i Virginiana Miller che cantano “Pacemaker” e’ fuori scala…
Barney