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Quello che c’era dietro le orecchie da coniglio, quel che ci sarà nelle urne di maggio

La scorsa settimana è assurta agli onori della cronaca tal “Candy Candy Forza Napoli”, che sulla pagina Facebook dell’INPS a supporto di chi ha fatto domanda per il Reddito di Cittadinanza è stata sbeffaggiata dal responsabile della pagina, stufo di spiegare per l’ennesima volta a Candy Candy -e per la millesima volta nella giornata- come si ottiene il PIN per creare un account sul sito dell’INPS.

La risposta famosa all’ennesimo “non so come fare, mi puoi aiutare?” è stata “beh, se sai postare un selfie con le orecchie da coniglio su Facebook, sei anche in grado di richiedere il PIN sulla pagina dell’INPS”.

Il che sembrerebbe avere una sua logica, ma purtroppo è completamente falso. Intanto azzardo un paio di previsioni sul responsabile della pagina Facebook dell’INPS (si, lo so che è una donna, ma il punto non è il suo sesso): è giovane, direi sotto i 35 anni, e non ha mai interagito con la pagine dell’INPS oltre alla schermata con cui si richiede il PIN.

Sul secondo punto torno dopo. Il primo punto non ha a che fare con lo scazzo (o la blastata, come hanno imparato a scrivere i giornalisti italiani) del curatore, ma con l’assunzione che chi sa postare un selfie con le orecchie da coniglio su Facebook abbia gli strumenti informatici minimi per essere autosufficiente al di fuori dei social media “classici”. Io che ho un po’ piu’ di 35 anni sono convinto che questo ragionamento sia non solo falso, ma pericoloso. E non per Candy Candy, né per il curatore della pagina INPS.

Facebook= internet= informazione è quello che pensa molta gente. Su Facebook sono capaci di andare tutti, il flusso di post è ininterrotto e l’interazione con gli altri utenti limitata a un like o a una faccina, spesso dati con la speranza che chi li riceve poi ricambi il gradimento sulla foto del gattino o sulla ricetta delle polpette di patate che andremo a postare noi.

Facebook= informazione è una equazione vera, ma non per gli utenti di Facebook. Tutti sanno dello scandalo “Cambridge Analytica“, qualcuno -spero- avrà visto il bel TED Talk di Carole Cadwalladr sul tema, di cui si trova agevolmente la traduzione in italiano (e se sapete postare il selfie con le orecchie da coniglio, ecc. ecc. ecc.). Il racconto delle sue interviste surreali in un paesino del Galles dopo il voto per la Brexit, è agghiacciante. In un posto dove il “Leave” ha preso più del 60% dei voti la gente si lamentava del fatto che l’Europa non avesse fatto nulla per loro (metà paese è stato ricostruito con fondi UE) ed era terrorizzata dall’invasione degli immigrati che secondo chi ha risposto invadevano le loro strade (risulta un solo immigrato in quel buco del Galles, dall’Europa dell’Est). Tutto questo l’avevano letto su Facebook, quindi doveva essere vero.

Certo, come no?

Facebook (ma anche Instagram, e Twitter) hanno il pregio di poter essere usati da tutti, e rappresentano un potente strumento di indirizzo delle masse (chiedete Goebbels come fosse importante negli anni ’40 controllare i media…). Sembrano anche strumenti controllabili, danno la finta consapevolezza di essere dei geni della tastiera perchè siamo in grado di tirare fuori gli emoticon in un clic (io neanche in sette), ma rendono l’iscritto un mago dell’informatica quanto il guidare una Panda renda me un pilota di Formula 1 (per togliere qualsiasi dubbio: non sono un pilota, in nessuna categoria).

Peraltro, l’uso eccezionalmente efficace che fa Luca Morisi (il guru del marketing online di Salvini) dei social media è dimostrazione del livello dell’elettorato generale di oggi (non ce l’ho solo con i leghisti, sia chiaro): dovesse affidare ad un articolo di giornale il nulla cosmico che questo governo produce ogni giorno il povero Luca si troverebbe in difficoltà. Invece, una foto e dieci parole a caso colpiscono il cuore dei fans, che rispondono con (immaginate un po’?) migliaia di like e fiumi di faccine. Preparatevi dunque ad un maggio fittissimo di foto, frasi a caso e like ancor più a caso di persone che poi andranno a votare convinte che gli zingari in Italia siano dodici milioni (cit. Gero Arnone), e che quello di cui c’è bisogno oggi è una Beretta calibro 9 in ogni casa col colpo in canna.

Ma siccome s’è fatto tardi arrivo all’altro punto della storia di Candy Candy Forza Napoli: il fatto che la poveraccia non riesce a interagire con il sito dell’INPS. Ecco, l’altro giorno ho scoperto di essere se non l’unico uno dei due o tre che tra i miei colleghi (una cinquantina di persone) usa il portale per la dichiarazione ISEE. Tutti gli altri vanno dal Patronato, e si parla di gente che se ti va male ha una laurea. In ingegneria. E io lo faccio perchè sono testardo, che se dovessi affidarmi all’usabilità di quel sito morirei di stenti nel tentativo di capire la logica da scimmia ubriaca che ha guidato la definizione dell’interfaccia e dei contenuti.

Ma forse il portale INPS è fatto così pour cause: perchè la gente “esperta” di Facebook continui a non capire un cazzo del resto, pur essendo convintissima di capire invece tutto, e molto profondamente.

Perchè gliel’ha spiegato Luca Morisi, che in effetti credo sia bravissimo a farsi i selfie con le orecchie da coniglio…

 

Barney

 

 

“Questo lo dice lei” is the new “uno vale uno”

 La performance della sottosegretaria all’Economia Laura Castelli di qualche giorno fa a Porta a Porta è lo specchio del baratro in cui il paese è caduto. Tralasciando la differenza tra i curricula della Castelli e di Padoan, sono gli argomenti messi in campo dai due che spiccano: uno -l’ex ministro- che cerca di spiegare all’interlocutrice il concetto dibattuto (“lo spread e il suo impatto sui mutui”, per semplificare) attraverso una lectio magistralis di due minuti svolta con parole anche semplici e comprensibili. L’altra che inizia dicendo “lo sa anche lei che quello che dice è falso”, e poi ripiega prima nell’oramai famoso “Questo lo dice lei”, poi infine sbandiera un grafico che prova esattamente il contrario di quello che la donna sta affermando.

E’ ancora una volta la Teoria della Montagna di Merda, in versione talk show di grande ascolto, in cui non conta sapere di ciò che si discute: l’importante è screditare immediatamente l’interlocutore (“lei mente sapendo di mentire”, come apertura), interrompere con supponenza e sicurezza minimizzando l’avversario (“Questo lo dice lei”, a dire che “lei non conta un cazzo, ORA che ci siamo NOI”) , e cambiare obiettivo ogni qualvolta ciò è possibile.

Questo è il punto cruciale:

Più o meno la stessa cosa l’ha fatta oggi uno un pelino più importante della Castelli (per tutti, meno che per i grillini ovviamente. La Castelli per loro è una finissima economista, e chi dice il contrario è un piddino), tal Donald Trump, che ha avuto modo di dire ancora una volta che il global warming è un’invenzione dei comunisti, e soprattutto che le conseguenze economiche dello stesso non esistono. Perché si, perché lo dice lui, e gli altri hanno torto a prescindere.

Oggi ho commentato su Facebook un commento di una elettrice grillina che ha postato uno dei soliti meme no-vax, che fa più o meno così “avresti mai pensato tre anni fa che qualcuno potesse iniettarti in corpo sostanze misteriose senza il tuo consenso?”. Ho risposto dicendo “E tu avresti mai pensato che una cassiera del supermercato potesse zittire un economista dicendo “questo lo dice lei?””. La prima risposta è stata “Non so di cosa parli”. Dopo che ho spiegato l’argomento, la seconda obiezione è stata che l’economia è diversa dalla medicina. Io ho obiettato che non si trattava di economia, o di medicina, ma di competenza in un qualsiasi settore, e che solo le persone che di quegli argomenti capiscono dovrebbero poter avere voce in capitolo. La risposta è stata che lei le fonti se le sceglie come vuole, e poi se una cura funziona chi se ne fotte se è scientifica o no?”.

Il piccione che gioca a scacchi, o il maiale che ti porta a sguazzare nel fango non avrebbero potuto far meglio, lo ammetto. 

Quindi non mi resta che andare di esempi semplici, che qualsiasi italiano è in grado di comprendere, anche i grillini e soprattutto anche i leghisti.

Il calcio.

Non citerò Gattuso che rimbalza Salvini, perché sarebbe troppo semplice. Viene invece buonissimo Kolarov, difensore serbo della Roma, che in conferenza stampa dice esattamente quel che ho espresso io qua sopra sulla necessità di stare zitti se non si capisce di qualcosa, ma in modo molto più semplice:

 

Siamo un popolo di tifosi, in tutti i campi, e pur essendo in pectore commissari tecnici della nazionale o presidenti del Consiglio capiamo una mazza sia di calcio che di politica. O di ingegneria, o di biochimica.

Eppure, oggi, ci sentiamo autorizzati a strolagare su qualsiasi cosa, con la sicurezza che è data dall’ignoranza dei nostri limiti e la forza della consapevolezza che la maggioranza è come noi: una massa di coglioni.

Dunning e Kruger, ancora una volta, hanno ragione…

 

 

Barney

 

Life on Mars

Quando sono in macchina con mia figlia è una continua lotta su cosa ascoltare in sottofondo alla radio. I gusti sono diversi quanto le decine di anni che ci separano, e solo l’autorità di pilota (prima che di padre) mi permette a volte di vincere il tiramolla.

L’altra sera ero riuscito a imporre semi-democraticamente una stazione rock, e a un certo punto mia figlia mi propone un patto: se non avesse indovinato l’autore del pezzo successivo avrebbe cambiato e scelto lei la stazione.

Mi aspettavo che giocasse a ciapanò, e che sbagliasse per passare a qualche stazione piena di brani usciti dal talent show di turno. E invece ha indovinato, con suo dispiacere -ma mio immenso piacere-, immediatamente il cantante.

Il brano era precisamente questo:

Precisamente nel senso letterale: quell‘interpretazione di quel brano.

E’ chiaro che la cura Ludovico che le impongo dà i suoi frutti, ma tutto sommato credo che non le sia dispiaciuto sentire Bowie.

Alla fine del pezzo mi ha stupito ancora di più. Ha esordito affermando che molti giovani votano Salvini, e mi ha chiesto perché, secondo me, succede questo.

Non c’era rimasto molto tempo, eravamo vicini a casa, e ho quindi sintetizzato al massimo la risposta: perché viviamo in un mondo di semplificazioni, in cui le risposte semplici a problemi complessi -magari date con un tweet o una foto- sono le uniche cose che la gGente ascolta. E pensa di capire.

Un po’ come per la musica: più facile ascoltare la roba standardizzata di oggi, pezzi che durano due minuti in cui nessuno suona qualcosa di simile a uno strumento e dove le parole sono “raga, frate, lama”, piuttosto che uno “Ziggy Stardust” dove se manca il basso te ne accorgi (almeno, io me ne accorgo).

Tutto questo mi ha poi fatto pensare che in realtà quel che han fatto Salvini e Di Maio è stato prendere il posto di quell’istituzione che per millenni di mestiere faceva solo quello: dare risposte semplici a problemi complessi: la religione, che oggi è più o meno in crisi come il PD.

Lega e M5S hanno semplicemente riempito un vuoto di risposte e -se vogliamo- di speranze. Sono stati aiutati da decenni di stordimento culturale a botte di televisione, social media, serie tv e reality show, e sono stati perfettamente in grado di capire il momento ed entrare in scena. La modalità acritica con cui qualsiasi cazzata dicano i due vicepremier viene digerita dall’elettorato a me ricorda l’accettazione prona ed ottusa del miracolo del sangue di San Gennaro, che in effetti essendo materia di fede non può essere approcciato con la ragione. Esattamente come il decreto “dignità”, quello “sicurezza” e la perla finale dell'”abolizione della povertà”: se ti fermi a riflettere sul contenuto ti accorgi per forza che sono cazzate, quindi devi crederci a prescindere, come a prescindere devi credere che i mali del nostro paese sono solo gli immigrati o la Merkel.

Daniele Caluri ed Emiliano Pagani, due fumettisti livornesi, hanno portato in giro per anni uno spettacolo vagamente riconducibile ad uno dei loro maggiori successi, “Don Zauker”. In una delle ultime rappresentazioni che ho visto i due hanno spiegato perfettamente il concetto, applicandolo alla religione. Ma vedrete che la cosa è identica se il contesto diventa politico.

L’esempio è questo. Se uno ti chiede “come mai l’erba è verde?”; tu puoi rispondere in maniera scientifica e parlare di lunghezze d’onda della luce, dell’assorbimento di alcune lunghezze d’onda e della riflessione di altre. Ma nel 90% dei casi il tuo interlocutore si rompe le balle alla terza parola, oppure inizia a chiedere ulteriori spiegazioni a catena, finché tu non crolli.

La risposta della religione è invece apodittica ed autoconclusiva: “perché il Signore ha voluto così”.

Punto, partita chiusa, si passa ad un altro argomento. La cui eventuale risposta sarà comunque “perché il Signore ha voluto così”.

Una volta la religione funzionava, perché i bisogni -e le domande- erano semplici.

Adesso il mondo è complicato, e le questioni sul tavolo sono molteplici: dalla crisi mondiale alle figure di guano della nazionale italiana di calcio, passando per il ponte di Genova, il riscaldamento globale, l’ultima stagione di Games of Thrones…

Troppa roba, troppo complessa ed eterogenea.

Le risposte possibile a questa serqua di problemi complessi?

“I negri”. “Gli zingari”. “L’Europa/L’Euro/Macron/La Merkel”. “E allora il PD?”. “Prima gli italiani”. “Radici culturali comuni” (in realtà quest’ultima è in disuso perché è troppo complessa).

Come se ne può uscire?

Guardate, una buona partenza è fare ascoltare ai vostri figli David Bowie…

 

Barney

Gnocchi

Domenica 27 maggio, alle 19 circa l’Italia non aveva più un governo. Il primo ministro incaricato, Antoni Giuseppe Conte, diretta espressione del voto popolare (anche se nessuno ha potuto votarlo, una novantina di giorni fa, non essendo candidato), uscito dal colloquio finale con Mattarella rimetteva il mandato. Dicendo che c’era stato un problema con un ministro, quello dell’Economia, Paolo Savona (anch’egli diretta espressione del consenso leghista, candidato nel collegio di Vergate sul Membro), rifiutato dal Presidente della Repubblica. Un nome alternativo non c’era, nelle tasche di Conte, quindi amici come prima e bella lì.

Pochi minuti dopo esce Mattarella, che conferma la sua ferma opposizione al nome di Savona come ministro dell’Economia, in quanto portatore di idee anti-Euro -peraltro non esplicitamente nominate né nei programmi elettorali di Lega e M5S, né richiamate nel famoso Contratto di Governo, ma perché sottolineare questi particolari insignificanti?-. Vabbè, c’han provato, Mattarella dice che ha avuto anche troppa pazienza e ha permesso le burattinate indegne del voto su Rousseau (una quarantacinquemila voti, direi plebiscito bulgaro) e dei gazebo della Sagra della Polenta con gli Osei (duecentomila avventori), oltre che rimandi e allungamenti infiniti.

Si scatena l’inferno: tra domenica e lunedì gli italiani si trasformano da CT della nazionale di calcio ed esperti di vaccini in finissimi costituzionalisti, citando articoli a caso (gettonatissimi il 90 e il 92, ma anche il 10 e l’11 sono usciti spesso. Il 42 inspiegabilmente ritarda su tutte le ruote) ed interpretandoli a caZZo come solo un popolo di laureati su Youtube sa fare. Di Maio invoca l’impeachment e dichiara che ha in mano il vestito di seta di Monica con le tracce di sperma (no, questa forse è un’altra storia…), Salvini urla ELEZIONI!!!11!!!, ma non a luglio perché gli italiani hanno diritto alle sacrosante ferie (vulg.: Salvini e la Isoardi hanno prenotato la crociera sul Mediterraneo a luglio). Lo spread BPT-Bund (qualsiasi cosa esso sia) tocca quota trecentoventi e poi inizia a fare su e giù come un ubriaco in bicicletta.

Nel frattempo siamo a martedì, e Cottarelli -incaricato da Mattarella il giorno prima come Premier tecnico- non sa che pesci pigliare. Ha una lista di ministri che chissà quali nomi contiene, ma scopre mentre sta andando al Colle che nemmeno il PD gli voterà la fiducia, e pensa che s’è fatta una certa e lui a fare figure di merda in aula non ci va neanche con la pistola alla tempia. Vuole andare anche lui a rimettere il mandato nelle mani di Mattarella, che però lo convince a temporeggiare, a dormirci sopra, e la mattina dopo se ne riparla.

Il mercoledì è un incrocio tra leoni e coglioni, con i secondi che dominano sulla lunga distanza. Succede di tutto: inizia Di Maio che su Twitter (o su Facebook, è lo stesso: sono gli unici due canali che lui e Salvini usano, sapendo che così han la certezza di intercettare il 271% del loro elettorato potenziale…) dice rivolgendosi a Mattarella: “no, scherzavamo, l’impeachment non lo chiediamo più anche perché Casalino non ha ancora trovato su youtube un tutorial per scriverlo giusto. Poi, se abbiamo sbaliato (e qua fa la voce di Wojtyla, una mossa che in Italia paga sempre benissimo) ci coriggerai. Dacci un’altra scha can chanch chance, vedrai che stavolta il governo lo facciamo, noi e la Lega. E anzi, togliamo di mezzo anche Paolo Savona, se disturba”.

Salvini ha già istruito i suoi sindaci padani a levare dai municipi la foto del Traditore della Patria (Mastella, ovviamente), il giorno prima aveva ristretto imperitura alleanza con Silvio e la Meloni in vista delle elezioni prossime venture (ma non a luglio, mi raccomando) e per far capire come stanno le cose si lancia in una metafora calcistica (sicuro che tutti lo capiranno al volo): “in una squadra il centravanti fa il centravanti, non è che puoi prenderlo e metterlo in porta. Savona può fare solo il ministro dell’Economia.” Ma sono solo le otto di sera. Alle nove la posizione è che ci si può pensare,  perché tra le otto e le nove Matteo si deve essere accorto che Di Maio gli ha reso pan per focaccia, sempre usando il povero Paolo Savona come se fosse un randello nodoso (spero per Savona che emigri in Germania, prima di essere usato pure dal PD). Si sente anche la voce di Giorgia Meloni, che fino a martedì era pronta a votare per l’impeachment, ma di mercoledì vuole far parte della squadra di governo col suo quattro virgola qualcosa (che comunque è sempre un quattro virgola, e buttalo via di questi tempi…).

Domani è giovedi, e avremo un primo ministro incaricato che non ha ancora rimesso il mandato (Cottarelli), più uno ombra (di nuovo Antoni Giuseppe Conte?), ma ancora nessun governo.

Però è giovedì, e almeno ci saranno gli gnocchi.

 

Questa, come ha detto Colapesce venerdì scorso, è per Di Maio:

 

Barney

L’economia ai tempi del governo Serpeverde, spiegata ai suoi elettori

Da qualche giorno, accanto alle ipotesi su chi sarà la marionetta di Salvini e Di Maio il Presidente del Consiglio, girano anticipazioni su quali saranno gli interventi che il quasi Governo ha in canna per far “ripartite l’economia” italiana, interventi che spesso sono paralleli all’affrancarsi dal giogo franco-tedesco e prodromici all’uscita dall’odiato EurodiProdi.

Una delle mie preferite, e una di quelle più osannate dai leghisti (e dai grillini, di riflesso) è quella tirata fuori da Claudio Borghi, economista vicino a Salvini, che da un par di settimane ha estratto dal suo cilindro i miniBOT.

L’idea di Borghi è in estrema sintesi la seguente:

Lo Stato Italiano è  poco propenso a pagare in tempi ragionevoli (forse bastava “poco propenso a pagare”)e quindi risulta debitore nei confronti di moltissimi contribuenti, siano essi privati cittadini o –peggio- aziende. Perché lo Stato non paga è facile da capire: non ha i soldi necessari. E allora ecco la genialata Serpeverde: al posto dei soldi che lo Stato deve ai suoi creditori, si emettono dei titoli di stato a copertura di quel debito che già esiste! Al contrario dei BOT normali, però, questi (mini)BOT avrebbero la caratteristica di potere essere spesi ovunque (parole di Borghi), per comperare e pagare qualsiasi cosa. Incluse le tasse che il cittadino deve versare allo Stato.

L’idea che sta sotto questa pensata è che siccome l’Italia NON PUO’ più stampare moneta a manovella per far fronte ai suoi bisogni di cassa (e quindi non può più svalutare la sua moneta ed inflazionare l’intera economia nazionale), allora si stampano questi pezzi di carta, che non sono soldi veri (né veri titoli di stato, peraltro…), e gli si dà valore legale. Un po’ come successe una quarantina d’anni fa con i miniassegni, e chi c’era sa come è finita.

Ora, l’intento di questo post sarebbe far capire bene ai grillini e ai leghisti che capitano qua per caso cosa sono i miniBOT e a cosa servono, per cui inizierò semplificando i termini del problema, e chiamando i miniBOT “torte di fango“. E non parlo di torte al cioccolato, no. Voglio indicare, con “torte di fango”, proprio delle frittelle di terra umida fatte seccare al Sole. Quindi: miniBOT=torte di fango.

Già con questo piccolo artificio semplificativo si intuisce che la qualità dell’idea non è eccelsa: uno Stato che emette torte di fango e che con quelle pretende di sanare i suoi debiti a me fa subito venire in mente certe tribù africane di tre o quattrocento anni fa. Ma poniamo che queste torte di fango vengano davvero tirate fuori dalle intellighenzie grilline e leghiste.

Ecco, in questo futuro prossimo un giorno un cittadino (sia egli iscritto a Rousseau, sia egli un fervente frequentatore di gazebo domenicali) con -poniamo- un credito di 10.000 Euro nei confronti dello Stato Italiano si vede arrivare a casa un barroccio trainato da un italico mulo sovranista. Dal barroccio scende un sorridente ragazzotto con un cestino di vimini in mano. E il cestino è pieno di torte di fango, che al cambio di Borghi valgono oggi 2.500 Euro. Quattro torte di fango e il debito è saldato, lo Stato è contento e il cittadino pure.

Forse.

Dico “forse” perché nella mia testa quel cittadino i 10.000 Euro li ha sborsati veramente (o ha venduto allo Stato roba per 10.000 Euro), e -sempre nella mia testa- quel cittadino i 10.000 Euro li aspettava per pagare tre bollette del gas, due fatture del dentista e magari un paio di spese settimanali al supermercato. Adesso ha 4 torte di fango, che secondo Borghi valgono 10.000 Euro e possono essere spese dovunque, per comperare qualsiasi cosa.

Va alle Poste, e presenta i bollettini al cassiere, il quale chiede subito “Come paga? Contanti o carta?”. “Torte di fango!” risponde il cittadino. “Ah… Guardi, per adesso non le prendiamo perché non passano dal POS, ma se torna tra una settimana il Professor Borghi ci ha assicurato che le macchine mangiafango saranno installate in tutti gli sportelli d’Italia” (L’installazione di macchine mangiafango in tutte le Poste italiane sarebbe un ottimo volano per l’economia, in effetti. Peccato che le aziende che producono POS non accettino di essere pagate in torte di fango, come Borghi scoprirà di lì a poco…).

Sconsolato, il cittadino va dal dentista, cui deve quasi 7.000 Euro (senza fattura, perché con l’IVA al 28% conviene pagare così) e deposita sul bancone della receptionist tre torte di fango, chiedendo indietro una bella 500 Euro di resto. La signorina, molto carina e molto giovane, sgrana gli occhioni blu e chiede cortesemente cosa cavolo sono quelle zolle di terra sul bancone. “Sono i vostri soldi, no? Tre torte di fango, sono 7.500 Euro, mi faccia il resto e non si preoccupi della ricevuta“. La signorina sfodera i canini, ride sul muso del cittadino, lo manda educatamente a fare in culo e lo avverte che se entro 5 giorni non porta 7.000 Euro veri gli manda a casa la “Randello Srl“, nota startup di recupero crediti 24 ore su 24, prezzi modici e risultato garantito.

Il cittadino ha votato Lega o M5S, ma non è scemo: capisce che andare al supermercato e cercare di pagare la spesa con le torte di fango  non ha molte probabilità di funzionare. Però è senza soldi, e in qualche modo deve cambiare le sue torte di fango in Euro (che sarà anche di Prodi, ma ha una flessibilità di utilizzo ancora ineguagliata rispetto alla torta di fangodiBorghi).

Fortunatamente, oltre alle startup di recupero crediti fioriscono nei vicoli delle città imprese un po’ meno regolari, che si occupano del cambio torte di fango/Euro. In teoria (l’ha detto Borghi!) anche le banche cambiano torte di fango in Euro, ma stranamente in pratica non se ne trova una disposta a farlo. E quindi ci si deve rivolgere ai cambiafango “abusivi”, soggetti al limite della legge ma tollerati dalle forze dell’ordine, che purtroppo applicano tassi di cambio parecchio penalizzanti per il cittadino: le 4 torte di fango dall’abusivo valgono 3.000 Euro, e il povero cittadino non si può lamentare: ieri il tasso era anche peggiore.

In attesa che la “Randello Srl” faccia visita al nostro cittadino, suggerisco agli elettori del governo Serpeverde di chiedere a Di Maio e Salvini a gran voce una ed una sola cosa, per le torte di fango: che esse vengano usate solo per pagare gli stipendi dei politici.

Tanto , che differenza c’è con i soldi veri? L’ha detto Borghi, sarà vero!

 

Barney