E’ di oggi l’ennesimo rapporto Eurostat-OCSE-Spectre o quel che volete che certifica un dato assolutamente noto ai piu’, ignoto ai politici e ignorato dagli industriali: i salari in Italia sono tra i piu’ bassi d’Europa.
Oggi il rapporto parlava di stipendi lordi, quindi dentro ci stanno sia le tasse (per quel che concerne la parte dovuta dal lavoratore) sia gli oneri sociali. E’ quasi il costo aziendale lordo, ma di questo ci occuperemo dopo. In ogni caso, il risultato e’ che siamo “davanti” solo al Portogallo e dietro tutti gli altri. Comprese Spagna e Grecia, e soprattutto l’Europa del nord che ci sovrasta con salari (lordi, ribadiamolo) doppi dei nostri. Il primo commento e’ della Ministra Fornero, che dopo la grappa serotina (che’ senza assunzione di adeguate dosi alcooliche mal si comprende come simili cazzate possano venire fuori) ha cosi’ puntualizzato:
“In Italia abbiamo salari bassi e un costo del lavoro comparativamente elevato. Bisogna scardinare questa situazione, soprattutto aumentando la produttività“.
Cioe’, la ricetta per aumentare i salari italiani e’ quella di aumentare la produttivita’. Come aumentare la produttivita’ e’ lasciato all’immaginazione degli ascoltatori, e andiamo avanti. Anche perche’ -dice la Ministra al welfare- il costo del lavoro e’ comparativamente elevato. Glisso sul comparativamente (no, perche’ per comparare avrei bisogno di un termine di paragone. Siamo noi e… Chi, di grazia? L’Albania? Il Congo Belga? La Groenlandia?) e torno alla questione del costo del lavoro e del cuneo fiscale (che non e’ ancora uscito, ma diamogli un paio d’ore di tempo e vedrete che qualcuno lo tira fuori). La storia che il costo del lavoro e’ tra i piu’ alti, in Italia e’ parzialmente vera. Purtroppo per i vari Fornero, Marcegaglia, Monti, Berlusconi e chi vi pare, quel costo e’ pero’ inferiore a quello che le aziende sostengono in Germania, Francia, Svezia e Austria. Che hanno pure stipendi lordi maggiori dei nostri.
Ora, io non sono un ingegnere, ma se sommo uno stipendio lordo MINORE ad uno equivalente tedesco ad un cuneo fiscale MINORE di quello francese, non posso certo ottenere un costo del lavoro SUPERIORE, no? E’ matematica da terza elementare, e non ho nemmen tirato fuori robe esotiche come il signoraggio, i cerchi nel grano o le scie chimiche. Se non ci credete, ecco la tabella con le cifre di Eurostat -il rapporto e’ quello commentato nel link di lavoce.info-:
Tabella 1. Siamo messi benissimo, e il cuneo non c’entra piu’ di tanto…
Se poi pensate che quelli di lavoce.info siano troppo comunisti (in effetti, un po’ lo sono…), possiamo commentare la tabella di Assindustria Lombarda, che cerca di gabolare la casalinga di Voghera presentando dati percentualizzati. Il risultato non cambia: basta tenere presente i dati in Euro della tabella 1 e ragionare un po’. Chi non e’ leghista ce la fa in scioltezza come ce la faccio io che non sono certo una cima:
Tabella 2. Dal rapporto di sintesi di Assolombarda del 25 luglio 2011. A cura di Andrea Fioni
E’ utile e didascalico, oltre che ottimo per attivare la bestemmiatrice, copincollare anche la figura che sta immediatamente sotto la tabella 2, che illustra graficamente lo stesso concetto. Pero’ il commento subito sotto e’ stupendo. Voila’:
Figura 1. Dove si dicono le stesse cose di Tabella 2, ma si usa la faccia di bronzo nel commento…
E’ necessario che faccia notare come il confronto lo si fa con gli spagnoli, e NON con i francesi e i tedeschi? No, vero?
Bene, siamo alla fine. Non resta che consigliare a tutti, come fa il nostro Monopolio, l’unico mezzo per demolire queste storture e poter progredire al livello dei nostri concittadini europei. Non si tratta di cambiare lavoro, o di studiare di piu’, o di farsi il mazzo anche nei fine settimana. Fortunatamente (forse…) non si tratta nemmeno di vendere parti anatomicamente pregiate di noi stessi/stesse. E’ questione di culo, pero’, quello si: si tratta di sognare:
Massi’, lasciate sognare anche me! Lasciatemi sognare di mandarli tutti affanculo: politici, industriali, santoni e massimamente quella merda di uomo che ha inventato questo spot. Assieme a chi permette che venga messo in onda, chiaramente.
Barney
Credo che ci sia una discrepanza fondamentale tra quello che “costo del lavoro” rappresenta nella tabella e quello che viene inteso dai ministri. Dalla tabella si evince che con “costo del lavoro” e` inteso quanto in media un lavoratore costa all’azienda, indipendentemente dalla capacita` produttiva sua e dell’impianto a cui e’ addetto. Per fare un esempio, ci sono due fabbriche di bicchieri, una in Italia e una in Germania: in Italia l’impianto di produzione e` fermo al 64 e per produrre 100 bicchieri a ora ho bisogno di 4 persone; in Germania per la stessa produzione, fatta pero` con un macchinario del 2002 e metodi organizzativi migliori, basta una persona. Ora, che all’azienda quella persona costi il doppio di una italiana e` comunque un risparmio per unita’ di prodotto. L’incremento di produttivita` invocato come se dovesse essere arrivare per irradiazione teutonica, e` senza dubbio logico. Il “costo del lavoro” per il ministro fornero e` il costo per unita’ di prodotto. Ovviamente la distruzione dell’istruzione e formazione e` un po’ in controtendenza.
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Hai certamente ragione in generale. C’e’ pero’ l’altro lato del problema, che non mi pare venga preso in considerazione ne’ dal Ministro, ne’ da Confindustria.La questione e’ semplice: io, per essere produttivo come il mio collega crucco, devo essere messo nelle stesse condizioni iniziali, altrimenti qualsiasi discorso sulla ridotta produttivita’ italica crolla miseramente.Ossia: se tu chiedi a me che faccio bicchieri nella “Rossi e figli Sas” di esser produttivo come Otto che lavora alla “Bismarck GmbH”, pero’ usando macchinari a carbonella e stampi a perdere, mentre Otto usa macchine a controllo numerico e stampa 100 bicchieri per ogni stampo, beh, io mi potrei anche un pochino incazzare. E non riusciro’ MAI ad essere “produttivo” come Otto, punto.La situazione in Italia e’ questa: non e’ che il lavoratore medio di una azienda privata lavori MENO di un tedesco: e’ che gli strumenti che l’italiano ha per produrre sono roba anteguerra. Prima guerra mondiale, intendo…In pratica, vale sempre il mio adagio preferito: l’imprenditore MEDIO italiano conosce il verbo “investire” come declinazione di una sua azione fatta con il SUV aziendale ai danni di una vecchietta che attraversa la strada. Investire in innovazione e’ una bestemmia, da noi. Perche’ i risultati si vedono nel medio-lungo periodo. Meglio ridurre il costo del lavoro ed evadere un po’ di tasse.Queste sono le leve competitive classiche dell’imprenditore MEDIO italiota.Piu’ o meno, e tagliando il problema col machete, ma la realta’ rimane questa. E vado oltre: la colpa e’ sia degli imprenditori, sia dei politici, sia infine dei sindacati. Tutti contribuiscono per la loro parte a mantenere lo statu quo.Barney
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La struttura industriale italiana non e’ particolarmente adatta allo sviluppo. La piccola e media azienda, anche racchiusa nei tanto rinomati distretti industriali, non ha i mezzi per un percorso di investimenti portati a questo fine. Per questo motivo conviene prodursi nel biasimo dell’italia passata. Nel momento in cui lo stato ti garantisce tassi a 2 cifre per i suoi debiti, come si puo’ investire nella produzione? Anche nel migliore dei casi, come si puo` avere un ritorno superiore con un proprio investimento? Quando poi lo stesso stato ti garantisce la svalutazione competitiva per proteggerti dalle imprese estere. Le uniche entita` in grado di investire in sviluppo erano i gruppi statali e possiamo solo ricordale con malinconia.Ridurre il costo dei dipendenti e smantellare lo stato sociale, oltre che effettivamente competitivo, e` conveniente con una popolo a cui non interessa il proprio futuro, passivo e egoista.
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